Così fan tutte negli anni Sessanta

Sul podio buona prova di Sieva Borzak, vincitore del Concorso di Direzione d'Opera di Liegi

AT

13 ottobre 2025 • 3 minuti di lettura

Così fan tutte (Foto  ORW-Liège/J.Berger)
Così fan tutte (Foto ORW-Liège/J.Berger)

Liège, Opéra Royal de Wallonie

Così fan tutte

10/10/2025 - 23/10/2025

Belle voci e direzione attenta, le scene e la regia non convincono. Il regista belga Vincent Dujardin ha ambientato il libretto di Lorenzo Da Ponte in una casa delle bambole degli anni '60 dove Don Alfonso è una specie di regista, il burattinaio della vicenda. Così leggiamo nel comunicato stampa, perché dal vivo il nuovo contesto non è affatto chiaro. Se l’idea di trasportare la vicenda negli anni Cinquanta/Sessanta poteva essere vincente, risulta però mal realizzata soprattutto a causa delle scenografie di Leila Fteita che cercando di essere originali risultano invece confuse e poco funzionali. Ma la nuova produzione dell’opera di Mozart è lo stesso un successo di pubblico grazie soprattutto ad un ottimo cast d’interpreti, belle voci con la necessaria giocosità ed ironia interpretativa, che colmano anche le mancanze di una regia a corto di idee o con idee che lascino perplessi. Fiordiligi è il soprano Francesca Dotto dai vocalizzi e colorature accurati e d’effetto; Dorabella è il mezzo Josè Maria Lo Monaco, precisa ed espressiva; Ferrando il tenore Maxim Mironov, sempre elegante e molto melodico nelle arie più languide; Guglielmo è il baritono Vittorio Prato che si fa apprezzare per un’interpretazione brillante, molto naturale, del personaggio. Bravissimo anche il basso Marco Filippo Romano come Don Alfonso, la rivelazione della serata, che cerca di non essere troppo buffo, carattere che gli è naturale, ma cinico come dovrebbe essere, senza però sempre riuscirci, anche se è piacevolissimo lo stesso nella parte, e praticamente in quest’allestimento onnipresente in scena, ed anche nei cambi a sipario chiuso dando efficacemente continuità all’azione. Despina è poi il giovane soprano Lavinia Bini, spigliata, ma con la tendenza a forzare, quindi meno godibile degli altri ma ben integrata nell’insieme. Molto ben realizzati, in particolare, infatti, pure i brani d’insieme in cui era evidente l’ottimo affiatamento dei cantanti. Insomma, tenuto conto anche dei trascorsi rossiniani di alcuni di tali interpreti, lo spettacolo ha un po’ il sapore del cigno di Pesaro ma è un piacere sentirli cantare così bene. Grande attesa c’era pure per la direzione musicale dell’italo-russo Sieva Borzak, vincitore del 3° Concorso Internazionale di Direzione d'Opera organizzato dall'Opéra Royal de Wallonie-Liège lo scorso marzo, qui alla prova della direzione di una produzione completa e non facile da padroneggiare: con il suo gesto misurato, calmo e preciso, che già era stato apprezzato durante il Concorso, ha saputo ben gestire orchestra e voci. Manca ancora solo un tocco interpretativo personale più marcato che spesso arriva solo con l’esperienza e la maturità; inoltre, avremmo voluto una lettura di Mozart meno morbida, all’italiana, più secca e scintillante. Nel complesso il giovane maestro è sembrato, infatti, ancora più al servizio dei cantanti che di Mozart, ma ha fatto un ottimo lavoro come debuttante sul podio di un’opera intera di questa difficoltà, ottenendo una buona prestazione da tutti i professori dell’Orchestra dell’Opéra Royal de Wallonie-Liège, confermando quel talento che gli ha fatto vincere il Concorso. La gradevolissima parte musicale, voci e orchestra, anche se rossineggiante, ha colmato quindi le manchevolezze della messa in scena che ha molto sofferto dall’essere su due piani mal proporzionati: la scena delle due sorelle in pigiama nella loro cameretta, ad esempio, che poteva essere molto simpatica a vedersi, in pratica è annullata dal fatto che dalla sala quasi non si vedono i letti, tanto sono in alto nel secondo livello, e le due interpreti sono costrette a cantare, infatti, affacciate dalla balaustra sul proscenio per farsi ben vedere e sentire. Una scenografia che mescola interni ed esterni, stanze e giardino, con colori sfumati che vorrebbero essere eleganti invece appaiono un po’ tristi, e le luci di Bruno Ciulli non aiutano a dare brillantezza all’insieme e a mettere in evidenza i cantanti. Più riusciti i costumi, pure di Leila Fteita, soprattutto quelli da sposa, corti e con i fiorellini, in perfetto stile anni Sessanta. Nemmeno il coro, con buoni interventi vocali, si salva da idee registiche che lasciano perplessi più che divertire, come le coriste che portano dei fiori già nel vaso oppure i coristi che si trasformano da invitati in camerieri. Alla fine comunque applausi calorosi per tutti.