A Colonia le seduzioni della Poppea di Monteverdi

Dal Festival di Aix-en-Provence 2022 approda all’Oper Köln “L’incoronazione di Poppea” nell’allestimento di Ted Huffman con un cast quasi interamente rinnovato

L’incoronazione di Poppea
L’incoronazione di Poppea
Recensione
classica
Colonia, Oper Köln (Staatenhaus – Saal 2)
L’incoronazione di Poppea
05 Maggio 2024 - 30 Maggio 2024

Arriva dal successo avuto al Festival d'Aix-en-Provence nel 2022 il nuovo allestimento dell’Incoronazione di Poppea approdato alla Staatenhaus di Colonia per il programma dell’Oper Köln per numerose recite fino alla fine del mese. Principale artefice riconosciuto di quel successo è stato il regista Ted Huffman, autore di un allestimento fatto di poco eppure teatralissimo, costruito su una compagnia di giovani interpreti, perfetti nell’incarnare la sua visione del capolavoro di Monteverdi. Se nel suo recente allestimento al Theater di Basilea Christoph Marthaler insisteva soprattutto sulla dimensione politica, Ted Huffman disegna la sua Poppea soprattutto come un’ode all’amore, qualsiasi forma esso assuma.

Il palcoscenico è praticamente spoglio (la scenografia è di Johannes Schütz, adattata da Anna Wörl), con una parte rientrante nel fondo scena e solo pochi oggetti sempre in vista (sedie, alcuni tavoli, e uno specchio da camerino teatrale e uno stand per gli abiti di scena). Il resto lo fanno le luci di Bernard Couderc che estrinsecano i paesaggi emotivi. Anche quando non recitano, tutti gli interpreti non abbandonano mai palcoscenico e i cambi di costume come di oggetti avvengono a vista. L’unico segno forte della scenografia è un grande tubo sospeso, colorato per metà di bianco e per l’altra metà di nero: nel suo incombere come una minaccia sugli attori di questo dramma per musica, ancora e sempre caustico ritratto del mondo, è forse simbolo di come cambino rapidamente i destini degli uomini nel loro precario equilibrio.

La forza dell’allestimento, confermata anche in questa ripresa a Colonia, sta comunque tutta nella direzione degli interpreti, che reggono interamente il gioco scenico, entrando e uscendo dai rispettivi ruoli in uno scambio continuo di ruoli, come in una versione aggiornata della Commedia dell’Arte. Protagoniste sono la bellezza, la sensualità e la naturalezza (frutto, comunque, di preparazione accurata) nel passare dal dramma alla commedia, che è poi il modo per essere più vicini allo spirito di questa opera.

In un cast quasi interamente rinnovato, è ancora Jake Arditti a vestire i panni di Nerone, che, dismesso l’orbace impostogli a Basilea e qui spesso a torso nudo, risulta molto più sciolto e intonato al ruolo del volubile imperatore romano incarnato vocalmente nella sua versione più virtuosistica. Al suo fianco, Elsa Benoit è una Poppea seducente anche nella vocalità morbida e levigata ma di forte carattere. Se alla coppia protagonista spetta la parte del leone, il resto della locandina è fondamentale a comporre il composito quadro di affetti contrastanti che rendono sempre appassionante questo racconto in musica. Nell’altra coppia, ossia Ottone e Drusilla, Alberto Miguélez Rouco stenta a dare forma compiuta al personaggio anche per un colore vocale sbiadito e un’emissione debole, mentre più spigliata e sicura è Maria Koroleva, che è anche Fortuna nel Prologo. Adriana Bastidas-Gamboa disegna un’imperatrice Ottavia dal profilo nobile e dall’espressione anche vocale sempre misuratissima. All’opposto di John Heuzenroeder, che per la sua galleria “en travesti” di parodie femminili (è Arnalta, nutrice e improbabile damigella) si spinge ai limiti delle proprie possibilità vocali ma sfodera una verve di sicuro effetto comico. Se Lucas Singer è un Seneca piuttosto compassato e poco espressivo, più disinvolto e sicuro è Laurence Kilsby, che è uno dei soldati a guardia degli amplessi dell’imperatore, ma anche un famigliare di Seneca e soprattutto il poeta Lucano coinvolto in un inedito “threesome” con Nerone e Poppea che chiude la prima parte dello spettacolo. Completano la felice distribuzione vocale, Armando Elizondo, che è il liberto e un soldato, William Socolof, il littore e un famigliare, e Camille Poul, un impertinente e vivacissimo Amore (e valletto).

Molto accurato l’accompagnamento musicale assicurato dagli archi della Gürzenich-Orchester Köln e da un nutrito strumentario barocco con i liuti e tiorbe di Sören Leupold e Theodoros Kitsos, l’arpa barocca di Chiara Granata, il violoncello di Iason Ioannou, la viola da gamba di Andreas Linos e il violone di Johannes Esser per il basso continuo ricchissimo di colori. Nella seconda recita George Petrou cede il podio ad Alessandro Quarta che, seduto a cembalo, dirige con grande trasporto e avvincente varietà di accenti.

Pubblico numeroso. Caldi applausi.

 

 

 

 

 

 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Convince la nuova produzione dell’Ariodante, grazie anche all’ottimo cast

classica

A Castelvecchio un appuntamento di “Young Talents Concert” nell’ambito di Virtuoso & Belcanto Festival

classica

Due soprani per i ruoli principali, come proprio a Martina Franca si è fatto per la prima volta in epoca moderna