Butterfly metà sì e metà no

Una Madama Butterfly a metà: interessantissima la direzione d'orchestra, perfetta la messa in scena, mediocri i cantanti.

Recensione
classica
Teatro dell'Opera Roma
Giacomo Puccini
14 Dicembre 2002
Per riempire il vecchio Costanzi fino all'ultimo posto ci voleva "Madama Butterfly", non importa se in un'edizione piuttosto ordinaria. Ma un paio di cose notevoli c'erano. La prima era la direzione d'orchestra. Non per intellettualistica presa di posizione ma per naturale sensibilità e per vicinanza - come compositore prima ancora che come direttore - alla musica francese del Novecento, Marcello Panni è estremamente attento alla modernità di Puccini e lo legge come un contemporaneo di Debussy: con un fraseggio estremamente mobile, fatto di delicate pennellate di colori diversi ottenuti con soluzioni timbriche sempre originali, senza bisogno di attingere ai manuali, l'orchestra non accompagna le voci ma le avvolge come un velo leggero e continuamente cangiante. Poi c'è l'altra faccia di Puccini, erede dei grandi slanci melodici del melodramma italiano: Panni non la elude e la rende in tutto il suo afflato melodico e il suo patetismo, ma senza rinunciare alla delicatezza e senza ricorerre ai turgori e agli impasti densi delle interpretazioni tradizionali. Tutto il terzo atto è da antologia: il velo ondeggiante e colorato diviene un velo funereo e il ritmo fluttuante prende il passo inesorabile d'una tragedia ineluttabile. L'orchestra è stranamente distratta nei primi minuti, poi realizza con precisione tutte le minute indicazioni che vengono dal podio, mentre meno convincente è la prova del coro, soprattutto in due momenti di delicata magia come l'arrivo di Cio-Cio-San e delle sue amiche e il coro a bocca chiusa (molto applaudito dal pubblico, che evidentemente ha giudicato in maniera diversa). L'altro aspetto notevole era la realizzazione scenica, tutt'altro che nuova, perché gira da una quindicina d'anni per i teatri d'Italia. Perfetta la scena di Aldo Rossi, un padiglione ligneo su tre livelli, ideale connubio di architettura tradizionale giapponese e di architettura contemporanea: però sono inutili le due grandi bandiere americana e giapponese, che ne inquinano la purezza di linee. Perfetti i costumi di Annemarie Heinreich. Perfette le luci fredde, talvolta acide e talvolta spietate, di Bruno Monopoli (molto cambiate rispetto alle prime edizioni di quest'allestimento). Perfetta la regia di Stefano Vizioli, che elimina tutto il superfluo, limita le giapponeserie a quelle che la musica stessa impone, si concentra sulla vicenda di Cio-Cio-San e sulla sua parabola dall'infantile illusione di felicità alla risoluta scelta di morte: ritardando di qualche secondo la messa in atto del suicidio, avviene che Cio-Cio-San si uccida nonostante senta Pinkerton chiamarla di lontano in un tardivo (e improbabile) pentimento. Invece era ordinario il cast vocale. Nonostante abbia già cantato Madama Butterfly nei più prestigiosi teatri, Isabelle Kabatu ha molti limiti: la voce è spesso asprigna e metallica e il fraseggio è pieno di trascuratezze, piccole ma sufficienti a rovinare i momenti più delicati, che magari non sono quelli cui il pubblico presta più attenzione, tant'è vero che ottiene la sua dose di applausi, non travolgenti però. Stefano Secco sarebbe un Pinkerton senza pregi né difetti ma la voce è piccola per un teatro delle dimensioni del Costanzi e deve spesso forzare. Dario Solari è uno Sharpless grossolano. Goro e Suzuki non sono due comprimari qualunque e dovrebbero essere cantati con un'attenzione alle sfumature e una mobilità di fraseggio che Gian Luca Floris e Rossana Rinaldi non hanno assolutamente. Anche i ruoli minori e minimi lasciavano a desiderare.

Interpreti: Kabatu/Sun/Tasca, Rinaldi/Reale, Park/Fastame, Secco/Ventre, Solari/Grassi, Floris/De Angelis, Ribis, Boldrini/Rigosa, Alberti/Zecchillo

Regia: Stefano Vizioli

Scene: Aldo Rossi

Costumi: Annemarie Heinreich

Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera

Direttore: Marcello Panni

Coro: Coro del Teatro dell'Opera

Maestro Coro: Andrea Giorgi

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