Britten senza veli

L'opera dell'ambiguità va in scena nel contenuto Théâtre de Paume, restaurato appositamente per il festival dell'era Sthéphane Lissner, appena inaugurato lo scorso anno. Ed è un trionfo.

Recensione
classica
Festival d'Aix-en-Provence Aix-en-Provence
Benjamin Britten
23 Luglio 2001
Il consenso si ritrova unanime intorno a The Turn of Screw (Il giro di vite) di Britten. L'opera dell'ambiguità va in scena nel contenuto Théâtre de Paume, restaurato appositamente per il festival dell'era Sthéphane Lissner, appena inaugurato lo scorso anno. Ed è un trionfo. Il giro di vite fu composta in appena tre mesi: da metà aprile e fine luglio 1954. In realtà, tale rapidità si spiega con un tempo di riflessione assai lungo e meditato, tanto che già nel 1932 Britten annotava nel suo diario che era attratto dal romanzo di Henry James, da cui poi effettivamente Myfanwy Piper trasse il libretto, definendolo "meraviglioso, sinistro e pauroso". Aggettivi che calzano perfettamente alla produzione di Aix. Lo spettatore è certo scosso e turbato. Il regista Luc Bondy spinge in effetti il pedale sull'acceleratore della morbosità: quello che è evocato nel libretto, materializzato nella musica viene violentemente esplicitato nella regia di Aix. Già nel finale del primo atto, i due fantasmi a lungo palpeggiano i due bambini, e in particolare Peter Quint si concede pose e attenzioni inequivocabili nei confronti del piccolo Miles. In tempi di "politicamente corretto", Bondy gioca la carta della provocazione che non è mai gratuita perché è sostenuta dalla musica. Ma purtroppo resta il dubbio sull'opportunità (anche artistica) di accordare tanto spazio alla perversione. L'ambiguità è svelata e si rimpiage qualche velo. La Mahler Chamber Orchestra è assolutamente a suo agio in questa partitura dalle proporzioni cameristiche. E viene perfettamente resa giustizia alla sapienza e alla raffinatezza della scrittura di Britten. Per Daniel Harding si tratta di un ritorno a Aix sul carro del vincitore. Già trionfante era stata la sua apparizione al festival due anni fa, in tadem con Claudio Abbado nel Don Giovanni. Per il giovanissimo direttore d'orchestra, ecco allora una nuova occasione per far prova di maestria con un repertorio che gli è certo congenialissimo. Côté cantanti, sorprendentemente brillante è stata la prestazione di Mireille Delunsch, interprete lanciata dal barocco e che rende con grande senso drammatico la parte centrale della governante. Un cast d'eccezione, in cui tra l'altro, brilla la stella di Hanna Schaer, ha garantito la riuscita di uno spettacolo che voleva turbare: missione compiuta...

Interpreti: Olivier Dumait (Prologue), Mireille Delunsch (La governante), Gregory Monk (Miles), Nazan Fikret (Flora), Hanna Schaer (Mrs Grose), Marlin Miller (Peter Quint), Marie McLaughlin (Miss Jessel)

Regia: Luc Bondy

Scene: Richard Peduzzi

Costumi: Moidele Bickel

Orchestra: Mahler Chamber Orchestra

Direttore: Daniel Harding

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

A Baden-Baden apertura in grande stile del Festival di Pasqua con l’opera di Richard Strauss con i Berliner Philharmoniker diretti da Kirill Petrenko

classica

Eseguita per la prima volta in Italia la Sinfonia dedicata a quei tragici giorni del 1944 dall’americano William Schuman

classica

The Tell-Tale Heart di Willem Jeths in prima assoluta italiana ad Urbino e Ancona con la WunderKammer Orchestra diretta da Mattia Dattolo