Berg a Berlino

Runnicles dirige Wozzeck

Wozzeck (Foto Marcus Lieberenz)
Wozzeck (Foto Marcus Lieberenz)
Recensione
classica
Deutsche Oper, Berlin
Wozzeck
05 Ottobre 2018 - 15 Novembre 2018

Com’è noto, la continua rotazione di allestimenti nuovi e di repertorio, nei cartelloni dei maggiori teatri europei, permette di assistere in pochi giorni a sequenze di titoli assai ghiotte: nello scorso week-end, la Deutsche Oper ha proposto due capolavori – limitrofi anche nell’anno di battesimo – del XX secolo (Wozzeck Caso Makropulos), più un altro (Lohengrin) emblematico del ripensamento drammaturgico-musicale nel secolo precedente, e perciò passaggio necessario delle vicende del genere operistico novecentesco. Tra i tre allestimenti, nuovo era quello per il titolo di Berg: Ole Anders Tandberg, regista norvegese, sembra ambientare l’azione nella sua patria d’origine (le masse agitano bandierine della Norvegia, come in una festa nazionale), ma sembra più ‘un luogo come un altro’ (le comparse sono in buona parte marinai, ovvero viaggiatori sradicati), che un elemento specificatamente significante; tuttavia, il napoleonico cavallo impennato su cui è accomodato il Capitano all’inizio e l’identità di colori con la bandiera francese potrebbero alludere alla fatale residualità dell’uomo-Wozzeck anche rispetto alle idealità suscitate dalla rivoluzione francese. L’azione si svolge tutta presso la locanda, aggiornata – dalle scenografie di Erland Birkeland – in una neutra, minimale, anonima ambientazione medio-novecentesca, e abilmente trasformata ad ogni scena in poche decine di secondi (la durata degli intermezzi, durante i quali il volto teso e testimoniale di Wozzeck, in un bianco-e-nero in primissimo piano, viene proiettato su un telone a nascondere il riassetto scenografico) o con gli elementi scenici, o – magistralmente – con le precisissime luci di Ellen Ruge. 

Marie, dunque, rimane accasciata a un tavolino in prima fila dopo il suo assassinio, e quando Wozzeck – un cameriere vessato, piuttosto che un soldato – la raggiunge per cercare il coltello e annegarsi, si svena ‘in un lago di sangue’. Le soluzioni funzionano complessivamente bene, e hanno il grande merito di essenzializzare al massimo gli elementi in gioco: per realizzare il personaggio perturbante del folle, è bastata la combinazione unheimilich di maschile e femminile (il suo costume, realizzato come gli altri da Maria Geber, è quello ‘tradizionale’ delle donne del borgo) a renderlo estremamente inquietante. L’asciuttezza si riverbera sui tempi di scorrimento dello spettacolo, dato che anche gli intervalli tra gli atti diventano un ‘cambio scena’ (senza musica, con la proiezione del volto ad occhi chiusi). Questo ha permesso di apprezzare la continuità e la consequenzialità, anche la manipolazione (benché – come si sa – le scene siano tutte concise), dei tempi drammatico-musicale nella partitura: contrasti, climax, accelerazioni, indugi, anche l’incagliarsi dei personaggi inautentici  nello sciocchezzario di turno, modellano l’esperienza d’ascolto senza stancare, e reggono benissimo il ‘tempo unico’, valorizzando anzi le qualità del lavoro. 

Se tali qualità sono emerse, lo si deve moltissimo anche alla ragguardevole prova degli interpreti: la conduzione di Donald Runnicles, alla testa dell’Orchestra della Deutsche Oper, è risultata chiarissima nei colori, nel disegno formale, nel fraseggio e perciò nel far emergere lampanti o nascosti centri tonali, conferendo al tutto notevole compattezza. Il livello delle voci è stato quello abituale – assai alto – per questa istituzione: solidissima, bruciante la Marie di Elena Zhidkova, sempre sicuro in tutte le situazioni il Wozzeck di Johan Reuter, particolarmente sugli scudi – per la loro verve caricaturale – il Tamburmaggiore di Thomas Blondelle e il Capitano di Burkhard Ulrich, ma benissimo in genere anche gli altri (Matthew Newlin, Andrew Dickinson, Amber Fasquelle, Byung Gil Kim e Bryan Murray). Sorprendente, per chi scrive, trovare la platea semivuota (ma plaudente): più pubblico  due giorni dopo, per Il caso Makropulos, trainato forse dalla presenza nel cast di una stratosferica Evelyn Herlitzius, e – era prevedibile – sala piena per l’ottimo Lohengrin domenicale; correva voce di un discusso allestimento di Carmen, da parte dello stesso regista diWozzeck, alla Deutsche Oper, ma chi ha snobbato la nuova produzione per via di questo precedente ha avuto torto. 

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