Bartók, dittico meraviglioso

Esito superlativo per il Mandarino e il Barbablù al Maggio Musicale Fiorentino

Recensione
classica
Maggio Musicale Fiorentino Firenze
03 Giugno 2012
La sfortuna sembrava essersi accanita sul dittico bartokiano del settantacinquesimo Maggio Musicale Fiorentino in coproduzione con il Saito Kinen Festival: la malattia di Ozawa, il distacco di una parte dell’intonaco dell’arco scenico che ha imposto la cancellazione della prima di giovedì. Ma poi, quando questo Mandarino Meraviglioso e questo Castello di Barbablù sono andati in scena ieri, il risultato era di una qualità che davvero non si vede tutti i giorni. L’abbagliante regia-coreografia di Jo Kanamori ha unito con sicurezza di segno e straordinaria forza comunicativa i due pannelli: le grigie, spettrali presenze di Maggiodanza che circondavano i protagonisti, in due diverse chiavi visuali, fra bagliori di teatro espressionista e sgargiante Medioevo giapponese nel Mandarino, in alternanze fra buio e una luce indimenticabile di paesaggi ed evocazioni illusorie nel Castello, con alcuni momenti di un’emozione percuotente: l’ingresso del Mandarino, la sua impiccagione, nel Castello il racconto di un demoniaco Cantastorie, Andras Palerdi, l’evocazione delle mogli. Tutto sorretto da un codice gestuale e coreografico di rara perfezione, ma anche di straordinaria intensità. Nella prima parte è d’obbligo citare i due straordinari danzatori protagonisti, il Mandarino e la Ragazza, Satoshi Nakagawa e Sawako Iseki, il Castello aveva un punto di forza nella visione tragica e insieme profondamente interiore di Matthias Goerne, Barbablù, e nel pathos sorretto da una forte e fresca vocalità di Daveda Karanas, Judit. Zsolt Hamar ha tenuto con sicurezza il podio ottenendo un’eccellente prestazione dell’Orchestra del Maggio. Applausi caldi e prolungati come non ne sentivamo da tempo.

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