Astrali catene di suoni

Inizia da Venezia la tournée italiana dei Berliner Philharmoniker, un evento straordinario se si pensa che per sole otto volte la leggendaria compagine ha onorato con la propria presenza la città lagunare.

Recensione
classica
Gran Teatro La Fenice Venezia
02 Maggio 2005
Inizia da Venezia la tournée italiana dei Berliner Philharmoniker, un evento straordinario se si pensa che per sole otto volte la leggendaria compagine ha onorato con la propria presenza la città lagunare. Pochi ascoltatori possono ricordare nel 1941, segnato dalla guerra, Furtwaengler; lievemente superiore il numero dei testimoni oculari per i cinque concerti, tra il 1965 e il 1971, diretti da von Karajan; poi fu la volta nel 1996 di Abbado nel neoallestito PalaFenice. Anche Karajan e Abbado scelsero pagine di Beethoven, come ora Rattle, e ancora Stravinskij ("Apollon Musagète") era stato incluso in programma, nel 1971, da Karajan, come fa ora Rattle con "L'oiseau de feu". Eh, già, entrambi non hanno dimenticato che nell'aprile 1971, Venezia, città prediletta dal musicista russo, si preparava per i solenni funerali. Il 15 aprile la laguna era in lutto, percorsa da un corteo di gondole che portò la salma di Stravinskij all'Isola di S. Michele, accanto a quella dell'amico Djagilev. Al posto della "Quinta", della "Sesta", della "Settima", fatte udire da Karajan e da Abbado, Rattle ha preferito la "Quarta", sorta di 'slanciata fanciulla greca fra due giganti nordici' - secondo Schumann - che non è una sinfonia ingenua, ma si dibatte tra appelli celestiali e scandagli in un mondo oscuro apparentemente leggero e affabile, cosicché Rattle spazia il discorso con grandiosa eloquenza, favorendo una drammaticità bloccata nel tempo, dai toni oracolari, esaltandone le qualità di prima grandezza: dopo l'"Adagio" di apertura sprizza l'"Allegro", e poi ancora la meravigliosa "aria" per orchestra che si lascia andare "a poco a poco perdendo le forze" verso il tardo Beethoven, e via ancora ai caratteri impetuosi dei due successivi "Allegri". La "Quarta" letta da Rattle è risuonata, al pari dell'"Eroica" e della Quinta, come un capolavoro straordinario. Sbagliava Gavazzeni quando, riferendosi all'"Oiseau de feu" eseguito con l'orchestra del Maggio nella sua versione integrale, riteneva che i balletti dovrebbero essere in massima parte visivi, e che, se eseguiti soltanto musicalmente, non sono altro che "musica per ciechi". Non servivano le didascalie del coreografo per liberare e far rinascere dalle ceneri l'oiseau/Fenice: i Berliner ne hanno dato una prova magistrale, inannellandola con barbagli allucinatorii, suoni eterei, arcani, selvaggi, squisitamente mentali, creando una sospensione del tempo quale specchio dell'assoluto, del colorismo e della fantasmagoria timbrica. In aggiunta anche l'effetto inatteso: il suono/Licht prodotto da un nucleo di ottoni che, dislocati su di un palchetto centrale, si è rifranto nei flutti siderali della cavea orchestrale con un effetto spaziale protonovecentesco sensazionale. Ma come negli "addii" haydniani i Berliner si eclissano lesti, senza speranza in chi si è spellato le mani per strappar loro un fuori programma piccolo piccolo, breve breve. Si levavano ancora disgiunti gli applausi mentre il pubblico guadagnava l'uscita ed ecco che Rattle ritorna sul palcoscenico, solo, a ringraziare e a indicare che i leggii sono vuoti e che il souvenir è fresco nelle nostre orecchie e nelle nostre menti. Un lunghissimo abbraccio collettivo per questa autentica macchina da guerra dei suoni che replica alla Scala il 4 c.m.

Orchestra: Berliner Philharmoniker

Direttore: Simon Rattle

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