Alla Fenice si riprende da Tosca

Riuscita ripresa dell’opera pucciniana con l’eccellente direzione di Daniele Rustioni e l’ottima prova della protagonista Chiara Isotton

Tosca ( Foto Michele Crosera)
Tosca ( Foto Michele Crosera)
Recensione
classica
Teatro La Fenice, Venezia
Tosca
25 Agosto 2019 - 19 Settembre 2019

Un palcoscenico spaccato da una grande fenditura, che si allarga progressivamente riducendolo a poche assi di legno sghembe su una distesa di enormi massi dall’aspetto lunare. È un’immagine forte della forza distruttiva del potere oscurantista e moralmente corrotto della Roma papalina, di cui Scarpia è il simbolo più forte, violentemente opposto ai due artisti amanti, Tosca e Cavaradossi, e ai loro aneliti libertari. Partiva da premesse drammaturgiche interessanti l’allestimento di Tosca realizzato dalla regista Serena Sinigaglia nel 2014 riportato in scena al Teatro La Fenice per l’impetuosa ripresa d’attività dopo la pausa estiva, turbata da qualche tensione sindacale, con altri due classici come Madama Butterfly e Il barbiere di Siviglia
Premesse interessanti, dunque, per questa Tosca, che però rimangono largamente nel libro delle buone intenzioni perché, malgrado la radicale scelta scenografica di Maria Spazzi che fa letteralmente piazza pulita della classica iconografia della Roma tardobarocca e le luci di Alessandro Verazzi che aggiungono un tocco di espressionismo cromatico, lo spettacolo converge rapidamente su modi legati a una consolidata tradizione. È il caso delle scelte della costumista Federica Ponissi, che compensano con una certa opulenza la rigorosa austerità della scena, ma anche della direzione attoriale, che comunque si fa apprezzare per una certa misura anche se alla fine c’è (quasi) tutto quello che ci si aspetta dalla Tosca: l’opulenza della processione del Te Deum con ceri e turiboli fumanti, l’eccesso horror del “bacio di Tosca” con coltello da cucina, il plotone al completo per la fucilazione stile Conte Palmieri di Cavaradossi e il salto nel vuoto della protagonista. Del resto, il sistema di repertorio ha le sue regole e spettacoli come questo funzionano e invecchiano meglio. 

Questa Tosca funziona soprattutto perché fa apprezzare il grande talento direttoriale di Daniele Rustioni, che si prende la rivincita sulle invadenti scelte registiche di Christophe Honoré del recente allestimento di Aix-en-Provence fieramente anti-musicali. Alla Fenice invece con Rustioni ridiventa protagonista l’orchestra, l’orchestra secondo Puccini, fatta di grande slancio melodico, di sapiente e intrinseca costruzione drammaturgica, di denso spessore sinfonico e di forme compositive proiettate sulla modernità. E sotto la sua guida decisa, l’Orchestra del Teatro La Fenice trova un suono bello e pieno delle sue prestazioni migliori. Non così invece il cast vocale che forse solo in Chiara Isotton trova un’interprete matura e con la stoffa anche vocale perfettamente calibrata alla contrastata gamma espressiva della protagonista (applauditissima la sua “Vissi d’arte”). Il Cavaradossi Azer Zada ha una voce interessante e un’emissione radiosa ma è povero nell’espressione, anche se l’interpretazione cresce sulla distanza trovando finalmente una morbidezza di accenti nel gran momento di “E lucean le stelle” del terzo atto. Ispirato a modi un po’ datati, Sebastian Catana è uno Scarpia diligente ma privo della torva grandezza che vorrebbe il personaggio. Fra gli altri, particolarmente convincenti le prove di Cristian Saitta, un Angelotti dal tratto deciso, e Matteo Ferrara, un sagrestano di misurata sobrietà. Molto bene il Coro del Teatro La Fenice guidato come sempre da Claudio Marino Moretti e bene anche i Piccoli Cantori Veneziani ben istruiti da Diana D’Alessio

Puccini funziona sempre e anche in questa ripresa non tradisce. Sala gremita, caldi applausi. 

 

 

 

 

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