A 50 anni non si può fare finta

diario del 13 luglio

Recensione
jazz
Tziu Cuccu muore ma la sua biblioteca di oralità sarda non va perduta. Era editore Tziu Cuccu e girava con la sua “bianchina” a vendere i libretti che stampava e dove dentro c’erano le parole dei poeti di penna e di improvvisazione. La sua biblioteca non è perduta perché a salvarla è Cheick Tidiane Diagne, un migrante africano sbarcato in Sardegna negli anni ’90. Dice che in Africa quando muore un vecchio è come bruciasse una biblioteca e per questo le parole non vanno perse. Cheick Tidiane Diagne lo si vede nelle piazze e nelle feste a vendere libriccini al posto delle collane e delle borse taroccate. Magari anche in spiaggia a Gonone o alle Bombarde che un libro d’estate fa sempre comodo in spiaggia. Ieri sera abbiamo suonato al Tempio di Antas con le trombe del “Tea44” assieme a Enrico Rava, Dave Douglas e Avishai Cohen più una ritmica americana con Uri Caine, Clarence Penn e Linda Oh. C’erano più di tremila persone in quel luogo magico e una luna piena che sembrava ordinata l’anno scorso per dare ancora di più senso a quella notte da sogno. Ieri sera ho indossato la maglietta bianca con la scritta “No radar a Capo Pecora”. Ho detto anche che i nostri radar sono i templi, i pozzi sacri e i nuraghi. Perché captano il mondo conosciuto e sconosciuto e perché non dominano ma proteggono e accolgono il corpo e lo spirito. Dicono che i quattro nuovi radar debbano monitorare il flusso migratorio. Anche se non ci crede nessuno i tanti Cheick Tidiane Diagne, se intercettati, sarebbero rispediti a casa in Africa.
Tziu Cuccu muore ma a nessuno interessa salvare la sua biblioteca di suoni e parole. Solo a Cheick Tidiane Diagne che è nero come la pece. Biblioteca di suoni e parole dette e scritte quando i radar non c’erano. E’ il pezzo di 1500 battute che ho postato, come ogni giorno, per l’articolo di domani su Sardegna24 che è un nuovo quotidiano che sponsorizza anche “!50” e che è in edicola dal primo di luglio. Ogni giorno posto un pezzo che vuole essere la sintesi di ciò che viviamo dentro e fuori la musica. Tra le migliaia di persone che stanno venendo ai concerti nei posti magici ma soprattutto tra la gente che incontriamo per strada e nei paesi e che sono il vero materiale per il racconto di “!50”. Esiste un Comitato “No Radar” di Capo Pecora e ne esistono tanti quanti sono i radar che si vogliono installare in luoghi strategici e straordinari della Sardegna per via delle servitù militari per le quali la Sardegna ha già dato in passato e ricevuto niente in cambio. Capo Pecora a Fluminimaggiore, Argentiera, Santa Vittoria a Tresnuraghes, Capo Sperone a Sant’Antioco per i nuovi radar ma anche Perdas de Fogu, Salto di Quirra e Capo Teulada per le esercitazioni militari, Portovesme, Ottana e Sarroch per la petrolchimica, Decimomannu e per l’aviazione militare… La gente che incontriamo per strada e nei paesi è quella che si rende conto del quanto la musica possa essere strumento comunicativo in grado di suggerire pensieri e percorsi e questa è la nostra responsabilità ora più che mai. Perché a cinquant’anni non si può fare finta e perché il nostro è un viaggio vero che non passa a un metro da terra ma che la terra la calpesta tutti i giorni in palchi improbabili. A piedi scalzi tra le pietre e le sabbie, sui prati naturali o sui sagrati di chiese e conventi, sui ciottolati delle piazze o tra i rovi la musica scorre dalla terra al cielo giorno per giorno, concerto su concerto, nota su nota. Ieri ho detto al microfono che i nostri radar sono i pozzi sacri, i nuraghi e i templi come quello di Antas che quando è arrivato il furgone con i musicisti americani non credevano ai loro occhi nel vedere un tempio punico-romano sperduto nel nulla con intorno verdi colline e graniti.
Tempio punico-romano dedicato all'adorazione del dio eponimo dei sardi Sardus Pater Babai. "Templ(um) de Sardi Patris Bab" è l’iscrizione ritrovata che indica la dedica al Dio chiamato così dai romani e pare identificabile con Sid Babay, il Sid dei cartaginesi associato al Dio locale a cui era dedicato il santuario prepunico ad Antas. Quando pensai al tour di “!50” il mio sogno era quello di tenere un concerto in quel luogo. Ieri sera il sogno si è avverato. Durante le prove del suono le nubi camminavano basse e nere sopra il tempio ma il vento se le è portate via dolcemente verso il mare che si affaccia sulla Spagna. Durante l’assolo di Linda Oh ho visto la luna piena affacciarsi tra le ultime nubi che passavano veloci. In terra tante fiammelle a ricordare dove siamo. Perché Antas è il radar che monitora sulla nostra vita. Alle tre di notte superiamo il Passo Genna Bogai per raggiungere Iglesias e poi Cagliari. Il tempio è in silenzio alle nostre spalle e ciò che è stato questa sera sembra vecchio di millenni.

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