Le radici che scuotono lo Zimbabwe
Una compilation Analog Africa per scoprire il rock dello Zimbabwe negli anni settanta

Per la sua quarantunesima pubblicazione l’etichetta Analog Africa ritorna in Zimbabwe, dove la sua avventura cominciò ormai più di 20 anni fa. Com’era fare musica nelle aree segregate di Harare nella seconda metà degli anni Settanta, quando gli amplificatori erano rumorosi e le strade inquiete?
Roots Rocking Zimbabwe - The Modern Sound of Harare' Townships 1975-1980 contiene 25 canzoni – e un booklet davvero fantastico - che compongono il progetto di mettere in mostra la nascita dell'industria musicale moderna nel Paese dell’Africa Meridionale e l'esplosione di creatività che le band degli anni Settanta e Ottanta hanno saputo regalare. Fu un periodo di sperimentazione sfrenata, prima che i generi affermati si cristallizzassero.
Rock, rumba, soul e groove tradizionali si fondono spesso in maniera splendida in questa raccolta, che include anche brani inediti di Thomas Mapfumo, Oliver Mtukudzi e molti altri artisti zimbabwesi. La genesi del progetto è stata lunga e costellata di difficoltà e lascio che sia Samy Ben Redjeb, il boss di Analog Africa, a raccontarla: «I miei primi Africa record safaris in Zimbabwe non si possono definire propriamente entusiasmanti e posso ancora vedermi con chiarezza seduto in un chicken bus di ritorno da una cosiddetta “area densamente popolata” dove avevo trascorso un’intera giornata alla ricerca di dischi per poi tornarmene in albergo con un solo 7 pollici rigato. Dovetti aspettare ancora qualche anno prima di fare tombola. Revival in Sound, un negozio a Bulawayo, aveva smesso di vendere dischi già da molte lune ma, per qualche ragione a me sconosciuta, aveva conservato uno scaffale isolato dietro il registratore di cassa con poche centinaia di 45 giri. Al termine della selezione il proprietario, Mr. Afhok, che fino a quel momento mi aveva ignorato mantenendo un’espressione arcigna, si avvicinò per chiedermi se fossi interessato a esaminare altri pezzi. Nel momento in cui risposi di sì, ordinò ad alcuni dei suoi commessi di andare a prendere qualcosa chissà dove mentre io aspettavo pazientemente. Al termine di un’attesa durata più di un’ora un camion carico di scatole si parcheggiò proprio di fronte all’ingresso del negozio. Scherzai dicendo che sarebbe stato un sogno se tutte quelle scatole fossero state piene di dischi, ma poi, con mia sorpresa, il sogno divenne realtà: ci volle mezz’ora prima che tutti i dipendenti del negozio riuscissero a scaricare il camion. Mi rinchiusi dentro Revival in Sound e ne uscii solo una settimana più tardi. All’epoca selezionai soprattutto musica Chimurenga, termine che nella lingua Shona significa “lotta”, e le canzoni di questo genere erano state scritte per incoraggiare la popolazione a fornire supporto ai combattenti per la libertà durante la guerra. 15 anni più tardi ho fatto ritorno a Bulawayo per vedere se lo stock fosse ancora lì: ecco cos’ho trovato».

Dalle foto s’intuisce quali siano state le complicazioni da superare per realizzare questa raccolta di 25 canzoni, non tutte – va detto – memorabili, ma che, in ogni caso, sono la colonna sonora di un quinquennio straordinario che ha prodotto il passaggio da Rhodesia a Zimbabwe.
Nel 1972 i neri raramente apparivano sui giornali ufficiali bianchi del paese, a meno che non fossero dei "terroristi" morti. Tuttavia, l'esibizione del Dr. Footswitch spinse il Rhodesia Herald a pubblicare in prima pagina la foto del loro chitarrista, Manu Kambani, insieme alla frase urlata "Jimi Hendrix è morto, ma Manu è vivo".
Con la sua capacità di imitare le ipnotiche bizzarrie di Jimi Hendrix, Manu aveva impressionato tutti e il direttore del giornale non seppe resistere alla tentazione di pubblicare l'articolo. Seguirono pesanti critiche da parte dei bianchi conservatori, che accusarono l'Herald di "abbassare gli standard". Ma la copertura mediatica trasformò Manu in una figura emblematica ad Harare, in grado di influenzare molti giovani a formare propri gruppi musicali. Nacque un mélange di musica rock, rumba congolese, mbaqanga sudafricana, soul e ritmi tradizionali, propellente necessario per la crescita di un movimento musicale underground che avrebbe plasmato il futuro del sound dello Zimbabwe e sfidato l'establishment coloniale.

Tutto questo trambusto iniziò ad attirare l'interesse degli operatori sudafricani del settore discografico e un buon numero di band rhodesiane – tra cui The Great Sounds, MD Rhythm Success, Afrique 73, The Hitch-Hikers, The Impossibles e OK Success – riuscirono a ottenere contratti discografici una tantum con la Gallo Records grazie alle loro performance dal vivo.
Ma per qualche motivo il gigante sudafricano non sfruttò appieno lo slancio e quel vuoto fu colmato nel 1974 dalla Teal Record Company di proprietà di Tony Rivett, che aveva deciso di rafforzare la sua sussidiaria rhodesiana. Crispen Matema, un prolifico batterista con una passione per la musica tradizionale, fu assunto per supervisionare il programma di espansione. Per cinque volte “Jazz Drummer of the Year”, Matema lavorò incessantemente per creare un ritmo che fosse distintivo dello Zimbabwe, quello che poi diede origine a generi quali Zimjazz, Sungura e Chimurenga, solo per citarne alcuni.
Guidando attraverso il Paese a bordo della sua Peugeot 504, Matema scoprì talenti sconosciuti, organizzò concorsi di musica dal vivo – che generalmente si tenevano allo Skyline Motel e al Mutanga Nite Club (adesso Saratoga Nite Club all’interno del Machipisa Shopping Centre), il primo nightclub della Rhodesia posseduto da neri - e prenotò un piccolo studio nel centro di Salisbury.

Nel giro di un solo anno, aveva già registrato gruppi fantastici come The Baked Beans, Blacks Unlimited, New Tutenkhamen, The Acid Band, Echoes Ltd, Gypsy Caravan e altri ancora, e soprattutto aveva convinto Rivett a stampare Hokoyo, il primo album di Thomas Mapfumo, il musicista destinato a diventare il portabandiera del nuovo Zimbabwe.

Per pubblicare questa ondata di musica, Teal lanciò diverse nuove etichette, tra cui Afro Soul, Afro Pop e Shungu.
Per non essere da meno, la Gallo Records mandò finalmente in Rhodesia il leggendario musicista e produttore (nel suo curriculum anche i primi 22 album di Ladysmith Black Mambazo) West Nkosi al fine di scovare talenti emergenti. Una raccomandazione fortuita lo portò al Jamaica Inn Hotel, dove incontrò i Green Arrows guidati dal carismatico Zexie Manatsa. Entro il Natale del 1974 il loro singolo "Chipo Chiroorwa" aveva venduto oltre 25.000 copie, rendendoli la prima band rhodesiana a vincere un disco d'oro.
Nel novembre del 1975 Nkosi organizzò un'altra sessione per i Green Arrows ai Film Project Studios per registrare "Towering Inferno", un brano intriso di chitarre fuzz, un tributo a Paul Newman, e la cristallina base chitarristica "No Delay", un omaggio a Steve McQueen.
Nel 1976 la guerra di liberazione infuriava quando Teal iniziò a immortalare Thomas Mapfumo su nastri da 1/4 di pollice. Thomas aveva appena unito le forze con i Black Unlimited e gli Acid Band e aveva iniziato a modernizzare le canzoni tradizionali con efficacia crescente. Quello stile rivoluzionario, profondamente radicato nella cultura Shona e noto come Chimurenga, unì tutte le generazioni sotto la bandiera della lotta di liberazione.
L'enorme popolarità di Zexie Manatsa e Thomas Mapfumo attirò l'attenzione della PATU (Unità Antiterrorismo della Polizia), che non gradiva le folle enormi che questi artisti stavano attirando. Di conseguenza, entrambi furono arrestati e incarcerati.
Nonostante gli arresti e il crescente controllo da parte delle autorità rhodesiane, la musica si rifiutò di essere messa a tacere. Anzi, la repressione non fece altro che rafforzare la determinazione di artisti zimbabwesi come l'enigmatico Tineyi Chikupo, che continuarono a comporre canzoni che esprimevano le speranze e le lotte del popolo. Quando lo Zimbabwe raggiunse finalmente l'indipendenza nel 1980, i musicisti che avevano rischiato tutto per dare voce al loro popolo emersero come eroi nazionali.
A questo proposito, la notte del 17 aprile Bob Marley & The Wailers – le cui canzoni erano state una costante fonte d’ispirazione per i guerriglieri durante gli anni della lotta di liberazione - si esibirono al Rufaro Stadium di Harare, invitati da Cde Edgar Zivanai Tekere, la persona a capo dell’organizzazione della celebrazione della conquistata indipendenza: per essere presente Marley sostenne personalmente i costi dei biglietti aerei da Londra e del trasporto dell’impianto di amplificazione e delle luci.

Il successo fu tale che si dovette replicare la notte successiva, di fronte a una folla stimata intorno alle 100.000 persone: non voglio pensare a cosa successe quando Marley intonò i versi iniziali di “Zimbabwe”, canzone inclusa nell’album Survival uscito sei mesi prima.
Le prime parole ufficiali della neonata Repubblica dello Zimbabwe? «Ladies and Gentlemen, Bob Marley & The Wailers!». Quando si dice “cominciare col botto”…
E quali furono le prime parole ufficiali della neonata Repubblica dello Zimbabwe? «Ladies and Gentlemen, Bob Marley & The Wailers!». Quando si dice “cominciare col botto”…