Morire d'amore con Petra Magoni e Auser Musici

Alla Tenuta dello Scompiglio il progetto inedito di Carlo Ipata su musiche di Purcell, Monteverdi, Vinci, Clérambault

Auser Musici - Petra Magoni
Foto Angelica D'Agliano
Recensione
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Vorno, Tenuta dello Scompiglio
Morire d’amore. La morte come catarsi nella drammaturgia femminile
23 Novembre 2019

Generalmente ci si avventura alla Tenuta dello Scompiglio, tra le colline lucchesi, per vedere, scoprire, ascoltare, immagini, forme, gesti e suoni contemporanei. Una realtà culturale che da anni si segnala per rigore, qualità, informalità e coraggio programmatico in uno spazio unico nel suo rapporto forte con la natura aspra del luogo (ne abbiamo parlato qui, qui e qui).

Questa volta invece, per l’ultimo appuntamento della programmazione tematica “Della morte e del morire”, la curiosità è quella di scoprire come il talento vocale e trasversale di Petra Magoni, artista che frequenta jazz, pop e dintorni, si possa confrontare con la musica barocca nel progetto inedito di Carlo Ipata con l’ensemble Auser Musici Morire d’amore (La morte come catarsi nella drammaturgia femminile).  

Una sfida non da poco andare a toccare, sperimentare su perle assolute della storia della musica come Lamento di Didone di Purcell, Lamento d’Arianna di Monteverdi, come le arie e i recitativi da Didone abbandonata di Vinci e la cantata Medea di Clérambault. Storie di donne che nella morte, nel suicidio e nell’omicidio, trasfigurano il drammatico, ineluttabile destino dei loro amori passionali e tormentati. Storie forti. Opere dove nel XVII secolo in musica si supera la funzione d’abbellimento sia dell’arte vocale che strumentale concepiti fino ad allora come pura decorazione, virtuosismi estremi, capriccio dei cantanti. Con il passaggio dalla polifonia all’individualismo vocale della monodia la musica esplora, si identifica con le problematiche esistenziali, il mondo. La vocalità come puro valore fisico, i progressi dell’armonia, l’emancipazione del ruolo strumentale, tutti elementi che fanno del periodo barocco una piattaforma verso la modernità.      

La Didone di Purcell è struggente, melodia sensuale e drammaticamente avvolgente, che gli Auser Musici disegnano con freschezza sulla quale lo sviluppo vocale della Magoni risulta però rigido, tra ammiccamenti teatrali, sfumature recise, poca penetrazione psicologica che non solo l’allontanano dall’impasto strumentale ma anche dall’emozione della storia che dovrebbe raccontare. La cantante per rovesciare, trasgredire la classicità del brano tenta di far aderire (troppo meccanicamente) con gestualità, inflessioni, stereotipi e nevrosi della donna moderna, della pop star su un testo profondamente toccante. Così evaporano   poesia e bellezza, i due piani, strumentale e vocale, non dialogano.

La stessa operazione praticamente viene ripetuta dalla Magoni anche sul celebre capolavoro che è il "Lamento d’Arianna" di Monteverdi. Lo stile recitativo, la potenza drammaturgica, il carattere simbolico delle parole, il valore espressivo dell’opera vengono diluiti, sintetizzati in una forma canzone che ne impoverisce, prosciuga coerenza, sensibilità e ricchezza strutturale. Di nuovo lo scarto con l’ambito strumentale emerge evidente, se perdiamo la mirabile aderenza monteverdiana fra musica e parole, il suo immaginifico scenario di tensioni e dolore non tocca la nostra sensibilità. 

Carlo Ipata nel presentare i brani parla di work in progress, riconoscendo che il progetto è un cantiere ancora attivo, in approfondimento. Sicuramente molto c’è da lavorare su questo fronte, perché se tutto si può sperimentare la salvaguardia dei valori estetico-artistici di ciò che vogliamo legittimamente rileggere risulta imprescindibile per farci capire la profondità del percorso della ricerca. In fondo gli elementi positivi ci sono tutti. L’ensemble Auser Musici è formazione matura e vitale riguardo a quei repertori, la Magoni possiede da parte sua tutte le capacità creativo-interpretative per violare i canoni della musica antica evitando scorciatoie. In questa prospettiva alla fine risulta sorprendente la proposizione del bis, che prevede la ripetizione della composizione di Purcell da Dido and Aeneas, dove voce (con lampi improvvisati) e strumenti (il contrabbasso che si apre ad una diversa pulsione ritmica) si avvicinano in un senso del collettivo affascinante.

Il concerto poteva cominciare da lì.

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