Stupirsi per Sokolov
A Bolzano per il Festival Busoni dona un nuovo respiro a Bach, Brahms e Schumann

Recensione
classica
La bellezza di assistere all’esibizione di un artista del calibro di Sokolov sta nel potersi stupire nuovamente nell’ascolto di opere sentite decine e decine di volte, come possono essere la seconda Partita di Bach e l’op. 116 di Brahms. È stato riconosciuto unanimemente che le qualità del pianista russo risiedano in una varietà timbrica ricercata e in una tecnica vigorosa. Ma ciò che rende unico il suo modo di suonare, aggiungiamo noi, è come affronta l’agogica di una piccola frase o di un’intera brano, in poche parole il suo modo di respirare. A volte è spinto e quasi compresso, così come sul palco il suo corpo scivola pesante sul seggiolino per attaccare immediatamente un brano. Eppure questo non porta mai ad aggrovigliare il discorso musicale, nemmeno nelle parti più complesse polifonicamente ed architettonicamente, come le danze veloci della Partita di Bach, così energiche e allo stesso tempo luminose, quasi fossero l’opera di un dio impegnato nella creazione che, senza esitazione o stanchezza, maneggia le sorti del mondo. Altre volte il respiro di Sokolov è inaspettatamente trattenuto, ma senza mai cadere nel malato o nel morboso (vedi il Pogorelich d’oggi), come nel secondo brano dell’op. 116, in una lettura di Brahms dove l’intimo è più contemplativo che seduttivo, e la passione non brucia ma possiede con fermezza. Per descrivere la complessa e lunga Sonata n.3 op.14 di Schumann nella lettura di Sokolov potremmo utilizzare un intero dizionario di aggettivi, ma ne sceglieremo un unico e sorprendente: semplice. Come la passeggiata lungo un dolce sentiero attraverso un bosco sempre nuovo. Permetti Robert: “Giù il cappello signori, ecco un genio!”.
Interpreti: Grigory Sokolov
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