Un'immagine di forte effetto accoglie il pubblico all'entrata in sala. Cantanti, orchestra, coro, tutti – perfino il direttore – dormono. Chi seduto, chi a terra, chi chino sul leggio. Non stupisca, è Alcione ad andare in scena. E chi più o meno conosce il mito delle Metamorfosi di Ovidio da cui l'opera è tratta, sa quale importanza prenda il sonno nello sviluppo drammatico della trama. Soprattutto, però, non bisogna dimenticare che è proprio quest'opera di Marais a risvegliarsi dopo una lunga dormita. Questo allestimento viennese, infatti, è il primo in forma scenica in tempi moderni, dopo ben 237 anni di "immeritato" riposo. L'invenzione scenica iniziale che abbiamo descritto non rimarrà isolata. Harnoncourt – figlio del famoso direttore d'orchestra e regista della produzione – se n'è fatte venire in mente a volontà, puntando sull'azione continua e su efficaci colpi di scena: fuoco, fumo, rumori, odori, luci, colori, repentini spostamenti di tutto e tutti, compresa l'orchestra e i loro strumenti rigorosamente d'epoca, sballottati da una parte all'altra del palco causando considerevoli problemi di acustica. Acustica compromessa inoltre dalla sala, l'ex borsa dei cereali della città, bellisimo esempio di architettura neorinascimentale di fine Ottocento, per l'occasione strapiena. Fondamentalmente pubblico giovanissimo! L'ensemble vocale è decente, ma i cantanti non convincono. Quello che manca è verve e leggerezza, carisma e seduzione. Per carattere vocale e drammatico si sono distinti Yasushi Hirano e Martina Prins. Peccato, però, per l'occasione persa, vista la dimensione sonora precisa e contenuta che gli strumentisti hanno saputo creare, senza mai coprire o chiudere le voci.
Interpreti: Svetlana Smolentseva, Martina Prins, Johanna van der Deken, Johannes Weiss, Steffen Rössler, Yasushi Hirano, Bernd Lambauer, Andreas Jankowitsch
Regia: Philipp Harnoncourt
Scene: Ulrike Kaufmann e Erwin Piplits
Orchestra: Armonico Tributo Austria
Direttore: Lorenz Duftschmid