Il prezioso Vivaldi messicano

Andato in scena a Venezia nel 1733, "Montezuma" è stato restituito al pubblico contemporaneo lo scorso aprile a Lisbona, e ora in Italia, a partire da Ferrara. La regia di Vizioli ha immerso la vicenda in un quadro fedele all'impianto originario, appesantendolo a tratti di simbologie storico-politiche. La musica di Vivaldi si è rivelata decisamente affascinante e Curtis ha valorizzato i tanti preziosi momenti strumentali. Bravi i cantanti.

Recensione
classica
Teatro Comunale Ferrara
Antonio VIvaldi
27 Gennaio 2008
Andato in scena a Venezia nel 1733, disperso e poi recentemente ricostruito da Alan Curtis e Alessandro Ciccolini, il dramma in musica vivaldiano "Montezuma" è stato restituito al pubblico contemporaneo lo scorso aprile a Lisbona, e ora in Italia, a partire da Ferrara. La lettura proposta dalla regia di Stefano Vizioli ha immerso la vicenda di Cortés e Montezuma in un quadro fedele all'impianto originario, contrapponendo i due schieramenti – spagnolo e azteco – attraverso una chiara simbologia, a partire dai costumi (di Anne Marie Heinreich): rigorosamente neri gli spagnoli, variopinti gli aztechi. Le scene, curate da Lorenzo Cutuli, hanno assecondato questa visione, basandosi su una grande croce – terreno e teatro della vicenda – issata nel finale quale presenza incombente, il tutto stagliato su astratti fondali colorati. Un'interpretazione teatrale che, se nel complesso è riuscita a rispettare l'impianto di fondo, a tratti è parsa caricare di pesanti simbologie storico-politiche più adatte – assieme a una recitazione più rivolta agli "effetti" che non agli "affetti" – a un teatro musicale ottocentesco. La musica di Vivaldi si è rivelata decisamente affascinante, frutto di un'ispirazione che il lavoro di recupero e ricostruzione ha saputo rispettare in pieno, a giudicare dalla coerenza del tessuto che via via si è dispiegato nelle due parti in cui è stato articolato questo allestimento. La direzione di Curtis alla guida del suo Complesso Barocco ha valorizzato i tanti preziosi momenti strumentali, dialogando con efficace equilibrio con un palcoscenico abitato da cantanti nel complesso adeguati e preparati, a partire dal Montezuma di Vito Priante e dal Cortés di Franziska Gottwald. Applausi convinti alla fine.

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