I "giochi" di Martina Franca

Il Valle d'Itria rende omaggio a Paisiello

Recensione
classica
Si arriva a Martina Franca per lasciarsi guidare (e divertire) dai giochi di Eros. Attenti: Martina non è la città dei balocchi, le gioie che essa regala sono tutt’altro che effimere, e infatti il festival della Valle d’Itria è ormai l’unica proposta impegnata rimasta ormai in Puglia (a Bari le piogge di ricorsi vinti contro la Fondazione Petruzzelli stanno già lasciando il segno: pochi giorni fa il direttore del coro Franco Sebastiani è partito per il teatro di Genova e non è ben chiaro cosa avverrà nei prossimi mesi). Nessun’altra istituzione pugliese ha allestito un progetto Paisiello nel bicentenario della morte di questo compositore che rappresenta un perfetto esempio di cosmopolitismo culturale: nato a Taranto, formatosi a Napoli, chiamato a San Pietroburgo e a Parigi da Caterina II e Napoleone, infine rientrato a Napoli, diventata ormai città borbonica.

La grotta di Trofonio , repêchage di un lavoro paisielliano che riprende la storia dell’Abate Casti che Salieri aveva utilizzato per la sua Grotta di Trofonio al Burgtheater di Vienna nell’ottobre 1785, è stato scelto quale titolo d’apertura del 42esimo festival. L’opera era stata pensata per il Teatro dei Fiorentini (nell’autunno 1785 Paisiello era infatti appena rientrato dalla Russia), e composta su un libretto italo-napoletano di Giuseppe Palomba (nella compagnia il ruolo del buffo Gasperone era affidato ad Antonio Casaccia). L’opera di Paisiello è puro gioco, una variazione sul tema dello scambio delle coppie, con uso di maschere e travestimenti che il direttore Giuseppe Grazioli (con un’orchestra rinnovata da opportune audizioni e da un cast di alto livello) e Alfonso Antoniozzi, qui regista, hanno trasformato in un saggio teatral-musicale di fine Settecento. L’artificio dello scenografo, Dario Gessati, ha anche risolto brillantemente l’andirivieni tra il dentro e fuori; la scena era composta da grandi libri, bastava sfogliarli per cambiare contesto e stato d’animo. Galleria fotografica

Sebbene il 42esimo festival di Martina sia dedicato a “i giochi e gli abissi di Eros”, finora è stato solo tempo di giochi. L’abisso giunge in coda con una delle maggiori sorprese per gli amanti dell’opera: l’incontro con quella Francesca da Rimini che Saverio Mercadante scrisse per Madrid ma che non riuscì mai a far allestire, in Spagna come altrove (ne parleremo nei prossimi giorni). Se il maggior giocoliere è Bacco, Baccanali non poteva mancare in quest’edizione del Valle d’Itria. L’autore in questione è Agostino Steffani, le cui opere segnano l’inizio del teatro musicale barocco in Germania in lingua italiana. Non è eccessivo parlare di Baccanali come di una delle più riuscite riscoperte del festival. A dispetto di un libretto discontinuo (nel genere delle opere allegoriche), l’operazione ha avuto una sua unità narrativa nella cifra dell’allestimento firmato da Cecilia Ligorio e pensato su misura per lo spazio “classico-contemporaneo” del chiostro del convento di San Domenico. Esso è la sede della Fondazione Grassi ma anche dell’Accademia del Belcanto diretta da Fabio Luisi, che quest’anno ha prodotto due spettacoli in forma di workshop: Baccanali, appunto, diretto da Antonio Greco con l’ensemble Cremona Antiqua, e Così fan tutte curato dallo stesso Luisi. I tempi rilassati (e dilatati) di un anno di studio, dediti alla ricerca e al lavoro collettivo hanno creato le condizioni ideali per elaborare questo insolito quanto prezioso progetto. Più che le parole, questa piccola galleria fotografica racconta poesia e magia.Baccanali

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Bologna: il nuovo allestimento operistico dell’Orchestra Senzaspine ha debuttato al Teatro Duse

classica

Successo per Beethoven trascritto da Liszt al Lucca Classica Music Festival

classica

Non una sorta di bambino prodigio ma un direttore d’orchestra già maturo, che sa quello che vuole e come ottenerlo