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Il Sole24Ore entra a spada tratta nel dibattito attorno al finanziamento pubblico/privato alla cultura nel nostro paese. Lo ha fatto in prima battuta domenica 19 febbraio, sulla prima pagina del proprio inserto culturale, pubblicando un vero e proprio manifesto in cinque punti da cui partire per pensare ad una crescita in tale settore: 1) una costituente per la cultura; 2) strategie di lungo periodo; 3) cooperazione tra i ministeri; 4) l'arte a scuola, il merito e la cultura scientifica; 5) complementarità pubblico-privato, sgravi ed equità fiscale (lo trovate qui: Sole Ed è proprio da questi punti (in particolare dall'ultimo) che sono partiti i molti partecipanti e relatori al "Summit Arte&Cultura" che si è tenuto giovedì 23 febbraio nella sede milanese del Sole24Ore: dopo un intervento del sottosegretario ai Beni Culturali, Roberto Cecchi, in cui è stato posto l'accento sulla «necessità di investitori in cultura, piuttosto che sponsor o mecenati», nel pomeriggio sono intervenuti, tra gli altri, Roberto Grossi (presidente di Federculture, a breve prevista la pubblicazione del rapporto annuale), il quale ha sottolineato come «nel 2010-11 si può calcolare circa un miliardo di euro in meno di finanziamento pubblico all'industria culturale e creativa. Noi crediamo in una cultura che sia "fare", cioè produzione: l'Italia possiede il doppio dei teatri francesi, ma spesso si tratta di sale vuote. I beni artistici, inoltre, sono un capitale quotidiano che si consuma, richiede un restauro di cui abbiamo altissima competenza ma scarse risorse economiche. C'è una bassissima capacità di valorizzazione del patrimonio per una diffusione altissima sul territorio (l'Italia conta circa 4500 musei, contro i 1900 della Francia). Bisogna puntare a migliorare l'offerta, aprire nuovi spazi, migliorare l'istruzione: oggi ci sono leggi altamente limitanti sul piano del rapporto fra pubblico e privato nel finanziamento culturale». Gli fa eco Salvatore Carrubba, ex assessore alla cultura del comune di Milano ai tempi di Albertini, oggi Presidente di 24Ore Cultura e dell'Accademia di Brera: «bisogna pensare seriamente a che ruolo deve ricoprire lo Stato. Anche perché, un privato non potrà mai gestire, per esempio, aree archeologiche visitate da pochi e su cui non è garantito un profitto: è lo Stato che deve occuparsene. L'intervento pubblico è imprescindibile, e lo Stato deve chiarire come vuole investire nel culturale. Va detto che spesso ci si trova a scontrarsi con resistenze corporative e logiche contrarie all'intervento dei privati all'interno delle istituzioni culturali: nel nostro paese deve cambiare la cultura della cultura». (Carlo Lanfossi)

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