Le Accademie di canto lirico, oggi
A Osimo una tavola rotonda sul tema della formazione vocale in Italia
01 dicembre 2025 • 4 minuti di lettura
La formazione dei giovani cantanti in Italia è stata al centro di una tavola rotonda che si è tenuta ad Osimo sabato 29 novembre in occasione dei novanta anni di padre Venanzio Sorbini, fondatore nel 1979 dell’Accademia di Arte Lirica di Osimo, una delle istituzioni italiane che si occupano della formazione, del perfezionamento e dell’avvio di carriera di giovani artisti provenienti da tutto il mondo. La tavola rotonda si è svolta nell’ambito delle “Tre giornate per il canto” ricche di appuntamenti in cui si sono incontrate alcune delle istituzioni musicali, tra cui una corale e una civica scuola, volute e curate da padre Venanzio.
Presenti Vincenzo de Vivo, direttore artistico dell’Accademia osimana, Gianni Tangucci e Luca Joseffini rispettivamente responsabile artistico e direttore generale della Accademia del Maggio Musicale Fiorentino, Enrico Girardi dell’Accademia del Teatro Sperimentale “Belli” di Spoleto, Ernesto Palacio dell’Accademia Rossiniana “Alberto Zedda”, Maurizio Jacobi già Presidente Eurobottega - La Bottega Europea della Musica.
Ne è emerso un quadro molto vivo della funzione di queste istituzioni, che non svolgono una semplice funzione di talent scouting ma che oltre ad occuparsi di formazione e perfezionamento, svolgono un ruolo concreto nel favorire l’ingresso dei giovani artisti nel mondo dello spettacolo, promuovendone anche la consapevolezza dei propri mezzi vocali per una gestione corretta e proficua della carriera.
Diversa la fisionomia delle realtà italiane: se l’Accademia di Osimo si dedica alla formazione delle giovani voci offrendo loro opportunità di esibirsi su diversi palcoscenici, altre realtà come l’Accademia del Maggio o quella dello Sperimentale di Spoleto permettono agli artisti di partecipare alle produzioni liriche dei teatri a cui sono agganciate, creando un ritorno nell’ utilizzo di risorse interne a fronte dell’investimento iniziale. C’è poi l’Accademia rossiniana che costituisce un caso particolare: i giovani cantanti si preparano su un solo autore e la loro permanenza, al contrario di altre realtà dove il corso di formazione è pluriennale, è di sole due settimane, durante le quali preparano arie e duetti e Il viaggio a Reims.
Rispetto al lavoro che viene svolto in queste accademie Girardi ha sottolineato l’importanza del confronto tra i giovani artisti, che vivono per periodi più o meno lunghi in condivisione di intenti ed obiettivi; le loro possibilità di debutto sono poi concrete, essendo ben preparati, quando inizia il lavoro con i registi, su titoli e ruoli che dovranno sostenere nel corso della stagione lirica.
Una delle linee guida condivisa da tutti è quella di non affidarsi ad un unico docente, che tenderebbe a replicare le proprie esperienze vocali, ma di rendere variegata l’offerta formativa accogliendo diverse tendenze e stili di insegnamento; da più parti poi è emersa la non solida preparazione musicale degli studenti italiani rispetto a chi viene dall’estero, nel solfeggio e nella esecuzione al pianoforte, cosa che fa porre degli interrogativi sulla qualità dei piani di studio dei Conservatori.
La nota dolente resta l’aspetto economico: i giovani artisti partecipanti ai corsi sono selezionati e vincono delle borse di studio attraverso cui possano sostenersi nel periodo di studio; i contributi statali alle accademie sono sempre più scarsi e non di rado la residenza artistica dei partecipanti è sostenuta da un mecenate, come accade a Firenze.
I cantanti sono i più numerosi in queste istituzioni formative, ma come succede anche nel progetto “Fabbrica” dell’Opera di Roma o all’Accademia del Teatro alla Scala i corsi sono dedicati a tutti mestieri dello spettacolo, dal maestro collaboratore, allo scenografo, al costumista, al regista e al light designer.
Nella ricerca di una identità caratterizzante ogni singola Accademia, o stile di insegnamento, è difficile trovare delle regole: oggi spesso anche un cantante russo o cinese può avere una perfetta dizione italiana, così come un docente non ha bisogno di essere nato in Italia per essere depositario di una profonda competenza tecnica e stilistica nel canto lirico da trasmettere agli allievi. Ma nel mondo culturalmente globalizzato, il canto lirico è pur sempre un prodotto italiano, se non altro perché il 70% del repertorio ci appartiene. Ecco quindi che sono numerosissimi i giovani che arrivano nel nostro paese da tutto il mondo per studiare e perfezionarsi nel canto lirico italiano.