La scomparsa di Renato Bossa

Attivo in campo musicale come studioso, organizzatore, giornalista e docente, si è spento a Roma l’8 ottobre

MM

10 ottobre 2025 • 4 minuti di lettura

Renato Bossa
Renato Bossa

Renato Bossa non è più tra noi. Era nato a Napoli settantasei anni fa e a Napoli aveva conseguito la laurea in lettere all’Università Federico II, seguita dopo qualche anno dalla laurea al Dams di Bologna. Presto si è trasferito a Roma, dove ha trascorso la maggior parte della sua vita, restando però sempre molto legato alla sua città natale, a cui dedicò buona parte della sua attività in campo musicale. A Napoli fu per vari anni (fino al 2016) direttore artistico dell’Associazione “Alessandro Scarlatti”. Per la Scarlatti, una delle più prestigiose società concertistiche italiane, curò inoltre il volume “Appunti di viaggio”, pubblicato nel 2009 e dedicato ai novant’anni dell’associazione. A ricordare questo stretta collaborazione, la Scarlatti dedicherà alla memoria del suo ex direttore artistico il concerto della Cappella Neapolitana che si svolgerà il 24 ottobre nella Chiesa dei Girolamini. A Roma ha collaborato con l’Accademia Filarmonica Romana, è stato il responsabile dell’Ufficio Stampa e Comunicazione del Teatro dell’Opera e ha fatto parte del Consiglio Direttivo della Roma Tre Orchestra dell’Università degli Studi Roma Tre. E a Roma si è dedicato per decenni all’insegnamento, in particolare come docente di Storia della Musica all’Accademia Nazionale di Danza.

La sua modestia, la sua discrezione, la sua eleganza hanno fatto sì che il suo notevole ruolo nella vita musicale italiana - esplicatosi nei diversi campi della musicologia, della didattica, dell’organizzazione e del giornalismo - sia noto più agli addetti ai lavori che al grande pubblico. Nella ricerca musicologica portava la sua profonda e accurata preparazione di musicologo, unita alla serietà, precisione e scrupolo che lo contraddistinguevano e che metteva in tutto quel che faceva, anche nella vita quotidiana. Non gli interessava mettersi in mostra ma dare il suo contributo alla conoscenza della musica. Ne offre un esempio il lavoro da lui dedicato - nell’ambito di un progetto dell’Ufficio Ricerca dei Fondi Musicali - all’esplorazione e schedatura dei manoscritti e stampe musicali della biblioteca dei Girolamini, la più antica biblioteca pubblica di Napoli e la seconda in Italia: un lavoro prezioso ma inesorabilmente destinato a restare nella ristretta cerchia dei musicologi ricercatori, anche se ha contributo al recupero di manoscritti e stampe musicali di straordinaria importanza.

La musica a Napoli è sempre stata al centro della sua attività di musicologo. Ha curato insieme a Lorenzo Bianconi il volume “Musica e cultura a Napoli dal XV al XIX secolo” (Olschki, 1983), per il catalogo della mostra “Civiltà del Seicento a Napoli” al Museo di Capodimonte (1984) ha scritto un saggio sulla musica di quel secolo a Napoli, nel primo volume della collana “Musica in Scena” della UTET ha pubblicato un ampio saggio sulle origini del teatro musicale in Italia. Inoltre per il nono volume della collana “il contributo italiano alla storia del pensiero - Musica” pubblicato dalla Treccani (2018) ha scritto il saggio “Goldoni e l’opera buffa”. Ha anche collaborato con contributi sempre inappuntabili a importanti enciclopedie musicali, sia italiane quali il Dizionario della Musica e Musicisti della UTET e la recentissima Enciclopedia della Musica Contemporanea pubblicata dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana “Treccani”, sia straniere, come The New Grove - Dictionary of Music and Musicians. Ha scritto sulla Rivista Italiana di Musicologia e sulla Nuova Rivista Musicale Italiana e a lungo ha fatto parte del consiglio direttivo della Società Italiana di Musicologia.

Al di fuori del campo strettamente musicologico, ha collaborato con vari quotidiani, tra cui Il Mattino e La Repubblica, e con alcuni periodici: in particolare lo ricordiamo tra i collaboratori del Giornale della Musica, quand’era ancora un mensile cartaceo. Preferiva però non scrivere recensioni - e infatti non lo ha fatto quasi mai - nonostante per competenza, equilibrio e imparzialità fosse particolarmente adatto a questo delicato compito: ma dare giudizi sugli altri non rientrava nei suoi ideali. Inoltre è stato per molti anni una delle “voci” di Rai Radio3.

Concludiamo questo ricordo con le parole di Sandro Cappelletto, con cui ha avuto varie occasioni di collaborazione professionale e una lunga amicizia: “La qualità umana di Renato, la competenza sia musicale che editoriale, gli conquistarono subito, in un ambiente non facile, la stima di tutti. È stato un maestro nell'arte delle relazioni: il suo stile, unito alla competenza, si imponeva sempre, con naturalezza, oltre ogni possibile ostacolo. In questa strategia di vita, lo aiutava un senso sublime dell'ironia, che solo gli spiriti aristocratici possiedono".