Stéphanos Thomopoulos esplora il Makrokosmos di Crumb

Nel suo ultimo disco per Printemps des Arts il pianista greco reinterpreta i primi due libri di George Crumb per pianoforte

Stéphanos Thomopoulos
Stéphanos Thomopoulos
Disco
classica
Stéphanos Thomopoulos
George Crumb: Makrokosmos
Collection Festival Printemps des Arts de Monte-Carlo
2018

Si intitola semplicemente Makrokosmos l’ultimo disco del pianista Stéphanos Thomopoulos che propone i primi due libri dell’omonima opera di George Crumb, già Premio Pulitzer nel 1968.

Eseguiti durante le scorse edizioni del Festival Printemps des Arts de Monte-Carlo, e registrati per l'etichetta che riporta il suo nome, questa pubblicazione cede virtualmente il testimone alla nuova edizione della manifestazione musicale attualmente in corso, anticipando i festeggiamenti che dal prossimo ottobre si susseguiranno per celebrare i novant’anni del compositore americano.

L’incisione di una nuova versione dei primi due capitoli di Makrokosmos, gli unici due dedicati allo strumento solista, mentre il terzo e il quarto prevedono le percussioni accanto ai due pianoforti e l’esecuzione a quattro mani, risponde da un lato alla necessità del pianista greco di misurarsi con le svariate versioni di una delle opere più celebri di Crumb – a partire dalla storica interpretazione di David Burge, dedicatario della raccolta, alle più recenti di Margaret Leng Tan e Robert Groslot – tra le quali Thomopoulos si fa spazio senza dover troppo sgomitare; dall’altra, di verificare la propria versatilità nell’accogliere atteggiamenti musicali propri del repertorio storico quanto delle sperimentazioni più radicali.

Scritti tra il 1972 e il 1974, per stessa ammissione del compositore i primi due volumi di Makrokosmos si impongono infatti come il prezioso tentativo di raggiungere una sintesi tra il repertorio tradizionale, ovvero tutto ciò che si sviluppa entro i limiti della tastiera, e il non convenzionale, che agisce direttamente all’interno dello strumento. Una sorta di almanacco di tecniche estensive applicate al pianoforte mediante la percussione di corde rese mute o della tavola armonica, così come glissandi, ogni sorta di preparazione applicata alla cordiera per l’inserimento di anelli metallici, catene o risonanze prodotte con l’utilizzo di bicchieri.

A queste si aggiungono una rete di riferimenti letterari e grafici, oltre che musicali, che spaziano dal candore dello Schumann fanciullo allo Chopin più cupo (la cui presenza germoglia nella straniante “Love-Death Music/Gemini”) alle armonie di Debussy e all’opera di Bartók, al quale Crumb dedica il primo libro, mentre il secondo riporta in calce il nome di Mahler.

Titoli evocativi accompagnano i singoli pezzi insieme ad allusioni religiose ed esoteriche, ognuno abbinato a un preciso segno zodiacale benché disposti secondo un ordine del tutto arbitrario e personale pur di risparmiare al pubblico la formulazione di costruzioni programmatiche non desiderate.

Crumb - Makromosmos

Stéphanos Thomopoulos conferisce alla scrittura di Crumb una rinnovata chiarezza nella dizione di ogni singolo passaggio, esaltato da gradazioni dinamiche sorprendenti. La sua interpretazione non rimane per nulla costretta nel delicato rapporto tra l’azione sullo strumento e un’amplificazione sonora sempre leggera quanto indispensabile ad attribuire al suo gesto la profondità necessaria. Il rispetto osservato nel trattamento dei minimi dettagli, sia nella scrittura tradizionale che in quella grafica, qui contraddistinta dalla presenza di righi musicali disposti a cerchio, croce o a spirale, consegna un’interpretazione degna di questa opera, capace di rivelare una considerevole maturità musicale dietro le doti di questo sorprendente pianista.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

PODCAST | Early Music Stories #49

“L’opera del Re” di Lully splende a Versailles in forma di concerto

Paolo Scarnecchia
classica

PODCAST | Early Music Stories #46

Aria di Natale nel Barocco latino-americano dall’Europa del Nord

Paolo Scarnecchia
classica

PODCAST | Early Music Stories #45

I Concerti grossi di Corelli nel cuore dell’Accademia Bizantina

Paolo Scarnecchia