Orchestra Bailam, il genovese lingua franca

Il nuovo Trallalero levantin, insieme ai Canterini genovesi, è una nuova tappa del percorso dell'Orchestra Bailam per il Mediterraneo

Orchestra Bailam
Disco
world
Orchestra Bailam e Canterini Genovesi
Trallalero levantin
Felmay
2019

Un antico mezzero genovese è l’adeguata ed elegante scelta per l’immagine di copertina del nuovo disco dell’Orchestra Bailam, travolgente ensemble attivo da tre decenni.

Il mezzero è un drappo di stoffa che a Genova arrivò con l’importazione di tessuti  della Compagnia delle Indie, e in breve divenne tradizione locale, come sempre succede con le “invenzioni della tradizione”. Il termine deriva dall’arabo e significa “coprirsi, nascondersi”, e sta a indicare che, prima di essere parte dell’arredamento delle case genovesi, fu copricapo drappeggiato dalle donne liguri. La spiegazione era necessaria, perché l’Orchestra Bailam davvero ha rappresentato e rappresenta, nei trent’anni di attività, un ponte storico di note tra Occidente e Oriente, focus ben puntato sui Balcani, e soprattutto su Grecia e Turchia, i medesimi snodi che fecero da archeologia sonora a Crêuza de mä di De Andrè, nella costruzione musicale di Mauro Pagani. Della musica ottomana, del rebetiko e di infinite altri rivoli sonori caratterizzati da attitudine modale e profili ritmici frastagliati e dispari è un esperto Franco Minelli, anima del gruppo, compositore, specialista di corde, e, sul palco presenza di debordante vitalismo espressivo. 

L'Orchestra Bailam ha ovviamente cambiato negli anni musicisti e orizzonti, ma ha sempre mantenendo quell’attenzione specifica ai luoghi citati, e indagando i rapporti comprovati tra la Genova medievale e le sue rotte commerciali levantine incrociate con quelle dell’altra potenza, Venezia. Nel 2013  un gran disco, Galata, fece luce sulla storia del quartiere genovese a Istanbul, e cominciò a introdurre nel tessuto compositi elementi della splendida polifonia ligure, il trallalero; a seguire Taverne, café aman e tekés, nel 2016. E adesso arriva una nuova e affascinante “invenzione della tradizione”, ed è portato alle estreme conseguenze l'incontro tra voci strutturate nella formazione di canto delle tradizionali “squadre” e scrittura ispirata invece ai “ritmi zoppi”, con l’apporto strumentale  di percussioni mediorientali, violino, clarinetto, fisarmonica, bouzouki, baglama, oud e chitarra, gli ultimi quattro tra le braccia di Minelli. 

Minelli è anche voce assieme al trio dei Canterini Genovesi, arricchito dall’ospitata di un altro trio di voci basse, necessarie a dar corpo al tutto. Le canzoni tracciano un movimento pendolare tra Genova e Smirne, Istanbul, Salonicco, e sono tutte in genovese, tranne emozionante exploit di "Padri di noi", dunque  “Padre nostro”, cantato in sabir, l’antica lingua franca del Mediterraneo che accorpava parole da quasi ogni sponda, usata di recente anche dai Radiodervish.

La settima traccia è una sorprendente, esplosiva versione di "Da-a mæ riva", il brano che chiudeva Crêuza de mä di De André: il valzerino mesto e malinconico dell’originale diventa un fuoco ritmico scoppiettante di trovate. Un altro centro per l'Orchestra Bailam, e un altro tassello musicale che, siamo certi, farà da rampa di lancio per nuove  e “inaudite” avventure mediterranee.

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