Nazar, Burial combatte in Angola

Guerilla è l'esordio su Hyperdub per Nazar: il suono del kuduro brutale del dopoguerra angolano

Nazar Hyperdub Guerrilla
Disco
oltre
Nazar
Guerrilla
Hyperdub
2020

Cinque anni dopo la fine, nel 2002, della guerra civile angolana durata ventisette anni, Nazar, cresciuto in Belgio con la madre, fa ritorno in Angola e si dedica alle produzioni musicali. La base è il kuduro, da lui stravolto con gelide sonorità prodotte da sintetizzatori, percussioni poliritmiche ossessive e ondate noise. È il rough kuduro, meno upbeat rispetto al genere originario. Guerrilla, il suo album d’esordio con l’etichetta Hyperdub di Kode 9, cammina sulle ceneri della guerra civile, è un racconto personale il cui ascolto provoca emozioni.

Permettemi una premessa storica, necessaria per inquadrare il retroterra che dà origine a questo disco: la guerra d’indipendenza dell’Angola dal giogo coloniale portoghese comincia nel 1961 e termina nel 1975, quando le milizie dell’MPLA di Agostinho Neto e dell’FLNA di Holden Roberto, con il supporto militare cubano fornito da Fidel Castro entrano nella capitale Luanda. Poco dopo l’MPLA si spacca in due tronconi e nasce l’UNITA di Jonas Savimbi: ha inizio la classica guerra per procura, con l’URSS, Cuba e altri stati africani che appoggiano l’MPLA e gli Stati Uniti prima e addirittura il Sudafrica dell’apartheid dopo che appoggiano l’UNITA. Dopo ventisette anni, più di mezzo milione di morti e più di quattro milioni di sfollati, si arriva finalmente a una pace che dura tuttora.

«Ero in Belgio e mi sentivo perduto, avevo bisogno di risposte e pensai di trovare un posto più adatto alle mie necessità in Angola, dove viveva mio padre. Crescendo mi sentivo sempre meno belga, volevo trovare le mie origini».

Angola quindi ma senza dimenticare la musica europea, soprattutto Justice e Daft Punk, insomma il cosiddetto French touch. Dagli anni Ottanta in Angola impera il kuduro, mix di campionamenti di ritmi soca e calypso e di elettronica: Nazar lo approccia in maniera rivoluzionaria, mescolandolo ai suoni incisivi e industriali tipici delle sue produzioni.

La guerra è sullo sfondo, non può essere cancellata, ma la vita va avanti e Guerrilla la racconta, e sembra di sentire i suoni di Luanda, una città in continua crescita, con grattacieli che crescono come funghi grazie ai massicci investimenti messi in atto dal governo cinese.

Brani come “Immortal” e “Intercept” risultano estremi e aggressivi, e lo stesso dicasi per “UN Sanctions”, la cui violenza è però screziata dalla malinconia, resa attraverso melodie sognanti.

Nazar manipola il suono delle armi o degli elicotteri reperiti sul web oppure campiona i rumori ambientali per trasportare l’ascoltatore in luoghi minacciosi, pagando pegno al suo compagno d’etichetta Burial, di cui si dichiara grande ammiratore. 

Il decennio di Burial

“Bunker” si ispira alla guerra durata cinquantacinque giorni che fece seguito alle elezioni del 1992 e che causò la morte di dodicimila persone, lasciando la città di Huambo in rovine, mentre “Diverted” ricostruisce un episodio della vita del padre di Nazar – il cui volto compare sulla copertina del disco – all’epoca membro dell’opposizione, che per obbedire ciecamente al proprio leader creò un’inutile diversione nella giungla, rischiando di perdere la vita.

Il disco si chiude, e non potrebbe essere diversamente, con “End of Guerrilla”, il brano dove più forte si sente l’influenza di Burial.

Dietro ogni pezzo si nasconde una storia vera e alla fine quest’album atipico può essere visto come un docu-film in undici episodi di cui il rough kuduro di Nazar è la colonna sonora. Un esordio davvero notevole.

«Cerco di esplorare i miei sentimenti, di sfruttare il modo in cui consumo l’informazione e il suo impatto sulla mia vita».

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