Musiche per farsi la barba

Kurumuny pubblica il disco del Circolo Mandolinistico San Vito dei Normanni

Circolo Mandolinistico San Vito dei Normanni
Disco
world
Circolo Mandolinistico San Vito dei Normanni
Dopobarba. Armonie profumate dalle barberie di San Vito dei Normanni
Kurumuny
2017

Quante riserve d'eccellenza e di bellezza ha in ancora in serbo questo paese disastrato e, per dirla con lo scrittore Edoardo Nesi, in preda al «languore avvelenante e intossicato d'un passato perduto»?

Moltissime, nonostante tutto verrebbe da dire maneggiando certe produzioni discografiche o certi concerti. È forse proprio in certi generi musicali lontani dal consumo pop di massa che si misura la distanza tra un'Italia incattivita, dove prevale sempre la (il)logica del veleno rancoroso, e un'Italia che riesce a fare cultura e tradizione nulla concedendo al folclorismo sterile, alla cartolina strapaesana patinata e demodé, alle necessità di brandeggiare il termine “tradizione” come un 'arma identitaria contundente.

Dunque: Circolo Mandolinistico di San Vito dei Normanni. Un'eccellenza pugliese, che andrebbe protetta almeno con un'indicazione “DOC”.

Perché qui, con questo disco davvero sinesteticamente “profumato”, nelle musiche, come da sottotitolo, si va ancora una volta a scavare in quel portato popolare spesso dimenticato che furono (e sono, per fortuna) i Circoli mandolinistici e la tradizione “da barberia”. È appena il caso di ricordare che, sempre in tema di citazioni, “quando gli emigranti eravamo noi” i circoli esportarono dall’altra parte dell’Oceano un sapere musicale di prima e seconda alfabetizzazione che ebbe esiti sorprendenti, fecondando la già palpitante matassa di note che poi si sarebbero chiamate “jazz”, “blues”, ragtime”, e via citando.

Le barberie erano luoghi di socialità, di scambio di esperienze, aule di fortuna e sale di prova. E lì la musica non aveva confini di genere o di provenienza: qualsiasi materiale musicale poteva essere filtrato e riassunto nella tonica musica d’assieme per piccole corde, chitarre, tamburi a cornice. E voci: come qui, aspre e contadine, espressive e prive di qualsiasi leziosità. Il Circolo di San Vito era nato nel 1934: poi la bufera della guerra ha spazzato via tutto. Nel 2003 è rinato, e dentro ci sono persone di diverse età. Questo disco è una festa: con il “Vecchio Frack” che cantava Modugno, la “Ballata di Mackie Messer” di Kurt Weill, “The House of the Rising Sun” (clamorosa), polke e pizziche, stornelli, perfino una clamorosa “And I Love her” beatlesiana in versione barberia.

Che lo Zeitgeist, lo spirito del tempo quando aleggiavano suoni, odore di tabacco trinciato e colonie gonfie d’alcol e di lavanda ce li conservi.

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