Aho Ssan, elettronica e Baudrillard

I cupi SimulacrumSimulacrum Remixed del musicista francese Aho Ssan

Aho Ssan – Simulacrum (Subtext)                    
Disco
oltre
Aho Ssan
Simulacrum / Simulacrum Remixed
Subtext
2021

Gennaio 2020: esce, solo in versione digitale, Simulacrum, album d’esordio di Aho Ssan – vero nome Désiré Niamké; tre settimane fa ecco arrivare la versione in vinile, accompagnata da Simulacrum Remixed che propone i brani dell’album originale rielaborati da MBODJ, FRKTL, Roly Porter, Exploited Body, Ziúr, Exzald S e KMRU.

Aho Ssan

Questa doppia uscita ci offre lo spunto per approfondire la conoscenza di questo musicista parigino.

Per Simulacrum tutto è cominciato dal suono di una tromba, quella del nonno di Désiré, da qualche parte nell’Africa occidentale negli anni Sessanta, quelli delle indipendenze. Conosciuto come Mensah Antony, questo musicista di jazz e highlife stimato in Ghana e Costa d’Avorio fu più volte direttore musicale della festa annuale dell’Abissa.

Però Désiré Niamké non ha mai conosciuto suo nonno e non esiste nessuna registrazione di questo suono di tromba perché Mensah era impegnato a suonare ovunque lo invitassero, senza trovare il tempo per chiudersi in uno studio. «Mia madre mi ha raccontato una storia su una tromba che apparteneva alla famiglia e che è andata perduta», spiega il musicista, nato nel 1991 da genitori ivoriano-ghanesi, la cui musica non si rapporta neanche lontanamente a quella che immaginiamo suonasse il suo antenato.

L’arte sonora di Aho Ssan è una terra incognita elettroacustica che ricorda quella di un altro patriarca, Bernard Parmegiani, e quella di altri avventurieri come Ben Frost, Tim Hecker o Roly Porter, alfieri di sonorità cosiddette power ambient, musica strumentale lirica ma niente affatto placata, attraversata in maniera permanente da esplosioni di violenza.

Sì, ma la famosa tromba, direte voi? Possiamo dire che è il suono mancante intorno al quale tutto si è messo in movimento: «Volevo lavorare con degli strumentisti, dei violinisti» spiega Niamké in un’intervista concessa al quotidiano Libération «ma era troppo complicato soprattutto per la mancanza di denaro. Baudrillard mi ha incoraggiato a dedicarmi alla simulazione della musica di cui ero alla ricerca. Ho capito che stavo cercando di toccare con mano la musica di mio nonno. Questo mi ha costretto a molteplici livelli di simulazione. Ho creato questo gruppo immaginario, The Mensah Imaginary Band, usando delle interfacce musicali, in omaggio a lui».

Jean Baudrillard, si diceva, l’autore della bibbia sul nostro mondo fatto di segni aggrovigliati, Simulacre et Simulation (1981), è senz’altro l’ispiratore del titolo Simulacrum.

«Sono sette o otto anni che faccio musica. Ho cominciato contemporaneamente ai miei studi di grafica e cinema, a Parigi, dopo un diploma in MPI (Maths-Physique-Informatique) perché volevo avere delle basi. Adoro la matematica e all’epoca non sapevo ancora che mi avrebbe aiutato per la mia musica»

Nero, cresciuto in un quartiere periferico parigino, a contatto costantemente con discriminazione e violenza, Aho Ssan riporta queste esperienze nella sua musica, una cronaca in diretta dell’esilio. Simulacrum non è un set amichevole, le trame sono rigide e abrasive, come ci aspettiamo dalle produzioni dell’etichetta Subtext.  

Il brano che dà il titolo alla raccolta è diviso in quattro movimenti raffiguranti una lotta sia interna sia esterna: un tentativo sonico di sintesi che riflette la storia personale di Niamké.  Nel secondo e terzo movimento i beat picchiano contro il muro lanciando i livelli di registrazione sul rosso, per poi ritirarsi e rivelare un tumultuoso mondo interiore; poi ancora violenza, seguita da tenerezza, senza mediazione, fino a sfociare in una sensazione di claustrofobia.

Simulacrum, pur essendo il disco d’esordio di Aho Ssan, si ritrova anche a portare, evocare, descrivere l’esperienza di Désiré Niamké e far vibrare a ogni istante una fibra politica. Non è un peso leggero per un primo album di musica elettronica, ma gli artisti della nuova generazione, di cui Niamké è un fiero rappresentante, non hanno paura di mandare in pezzi lo statu quo di una musica per lungo tempo relegata ai suoi caratteri ricreativi o astratti.

Simulacrum evoca fenomeni gravi, in particolare il razzismo e tutto ciò che gli gravita intorno e di conseguenza gli effetti e i suoni sono stati creati in rapporto al soggetto. La saturazione, lo spazio, la progressiva affermazione di un caos piuttosto strutturato, sono finalizzati a rendere la sensazione di essere sotto attacco, a disagio. E per finire “Outro”, suoni che ci guidano verso la luce, quella che non credevamo più di riuscire a vedere. Un simulacro che alla fine si concede di vivere piuttosto che una simulazione di sopravvivenza.

P.S. Per il festival Unsound 2021 che si è tenuto lo scorso mese a Cracovia, Aho Ssan è stato selezionato, con altri artisti tra cui Angel Bat Dawid, Tomoko Sauvage e la nostra Valentina Magaletti, per partecipare a Weavings IRL, il nuovo visual score creato da Nicolas Jaar.

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