Una casa grande quanto il mondo

Il Mali cosmopolita di Rokia Traoré, con John Paul Jones e Toni Morrison

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Rokia Traoré
Né So
Nonesuch

In bambara, l’idioma del popolo mandingo, maggioritario nel Mali, l’espressione Né So significa “casa”. Nella circostanza specifica, esprime l’intenzione di riappropriarsi del luogo natale da parte di un’artista abituata a girare il mondo, prima – da adolescente – al seguito del padre diplomatico, e poi per esigenze di carriera. Tornata in patria nel 2009, Rokià Traoré se ne dovette allontanare nuovamente tre anni più tardi, per sfuggire all’aspro conflitto etnico che aveva incendiato il paese, ma non ha abiurato affatto la propria identità, come prova la genesi stessa del sesto album pubblicato a suo nome.

Concepito nella capitale Bamako, dopo la relativa normalizzazione coincisa con le elezioni presidenziali del 2013, Né So è stato registrato fra Bristol e Bruxelles con il contributo di una platea di collaboratori in cui figurano, tra gli altri, il produttore John Parish, l’ex bassista dei Led Zeppelin John Paul Jones, il cantautore freak statunitense Devendra Banhart e il nostro Stefano Pilia (chitarrista dei Massimo Volume, già impegnato nel precedente Beautiful Africa). Di tutte, però, la presenza più imponente è quella del premio Nobel per la Letteratura Toni Morrison, implicata – in veste di autrice del testo e voce recitante – in "Sé Dan", l’episodio che chiude la sequenza.



Non è l’unico contenuto "afroamericano" dell’opera: evocata nel 2008 in Tchamantché, con una versione di "The Man I Love", la memoria di Billie Holiday riaffiora qui sull’onda di un’appassionata reinterpretazione del classico "Strange Fruit". Traoré sceglie invece il francese per aprire il disco con l’afro pop fiero e aggraziato di "Tu Voles" e affrontare poi con garbata sensualità il principe dei sentimenti in "Amour", la canzone più immediata del lotto. È tuttavia la madrelingua a prevalere: dal brano che dà titolo all’intera raccolta, elegia toccante sul tema delle migrazioni, al funk crepuscolare di "Ô Niélé", tra gli apici di un lavoro che ne conferma lo status da primadonna nella scena culturale dell’Africa contemporanea.

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