La parità di genere nelle orchestre è un miraggio

Due ricerche raccontano la "questione femminile" nelle orchestre tedesche

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La Deutsches Symphonie-Orchester Berlin (foto di Peter Adamik)
Articolo
classica

Per il mese di marzo 2021, il giornale della musica aderisce – insieme a decine di riviste, portali web e radio in Europa – all’iniziativa #womentothefore dello Europe Jazz Network, a favore della progressiva parità di genere nelle musiche creative.

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Nel 2020 sono stati 9884 i musicisti impiegati nelle 129 orchestre che hanno ricevuto finanziamenti pubblici in Germania. Di questi, le donne rappresentano in media il 39,6%, e di queste solo la metà occupavano posizioni di leadership come prime parti o solisti.

Una percentuale di donne superiori agli uomini si osserva solo in 73 sulle 129 orchestre censite, tutte o quasi orchestre di medio livello. Sono i dati che emergono da un’indagine statistica condotta dal Musikinformationzentrum (MiZ), il centro di informazione musicale finanziato dal Deutscher Musikrat, organizzazione di categoria che riunisce rappresentanti di associazioni musicali pubbliche e private e dei consigli musicali dei 16 Länder tedeschi. Il MiZ monitora e documenta lo stato delle strutture musicali e gli sviluppi della cultura musicale in Germania. La gamma delle attività di cui si occupa spazia dall’educazione e formazione musicali al fare musica a livello amatoriale, alla promozione musicale e alla pratica musicale professionale fino ai media e all’industria musicale.

Il titolo dell’indagine “Am Pult der Zeit!?” gioca con l’espressione “am Puls der Zeit”, al passo coi tempi, sostituendo Puls con Pult, pulpito, per dimostrare come anche in Germania il “gender gap” nelle orchestre professionali tedesche sia ancora una questione molto aperta. Per la prima volta i numeri mostrano impietosamente non soltanto il significativo divario fra orchestrali uomini e donne, ma anche come le donne tendano a occupare soprattutto posizioni subordinate. Secondo il direttore del MiZ, Stephan Schulmeistrat: «Da parecchio tempo mancavano dati dettagliati sulla distribuzione di genere nelle orchestre che ricevono finanziamenti pubblici, che tenessero conto anche delle posizioni. Siamo lieti di poter fornire dati aggiornati e affidabili in stretta collaborazione con la Deutsche Orchestervereinigung, [l’Associazione delle orchestre tedesche] e la Deutschen Bühnenverein [l’Associazione dei teatri tedeschi] per supportare il dibattito sulle pari opportunità nelle orchestre».

Le donne impiegate nelle orchestre sono il 39,6%, ma se si considerano solo le orchestre di alto livello la percentuale scende al 21,9%.

Tornando ai dati dell’indagine, le donne impiegate nelle orchestre sono, come detto, il 39,6%, ma se si considerano solo le orchestre di alto livello la percentuale scende al 21,9%. Se si guarda alle posizioni di leadership come quelle di direttore d’orchestra, prime parti e solisti, le cose vanno anche peggio: le donne sono circa 1156 su 4070, cioè il 28,4%. Gli uomini occupano il restante 71,6% dei posti mentre nelle orchestre di alto livello la percentuale sale al 78,1% ossia 721 su 923. Nelle posizioni inferiori, le differenze tendono ad annullarsi con le donne quasi alla pari con i colleghi maschi, toccando circa il 47,5% delle posizioni totali (cioè 2760 su 5814).

Anche nella scelta degli strumenti gli stereotipi di genere sono duri a morire.

È interessante come l’indagine riveli che anche nella scelta degli strumenti gli stereotipi di genere sono duri a morire. Le percentuali più alte di donne, infatti, si trovano nelle arpe (il 93,7% cioè 118 su 126 posizioni) e nei flauti (il 65,4%, cioè 298 su 456). Nella famiglia degli archi, le donne sono più numerose fra i secondi violini (il 62,6 %, cioè 889 su 1.421) che fra i primi violini, dove comunque prevalgono sui colleghi maschi con il 59,1 %, ossia 1023 su 1731. Il primo violino, però, è soprattutto maschio: solo 62 sulle 206 posizioni sono occupate da donne, cioè circa il 30,1%.

Al contrario, gli ottoni tendono a essere nettamente preferiti dagli uomini con un’altissima concentrazione fra le tube (il 98,1%, cioè 103 su 105), i tromboni (il 96,5%, cioè 443 su 459), fra i timpani e le percussioni in generale (il 95,4%, cioè 417 su 437), e le trombe (il 94,7%, cioè 433 su 457).

Una situazione più bilanciata sembra esserci nelle orchestre d’archi, nelle quali quasi un orchestrale su due è donna (il 49,6% per la precisione). Anche qui, però, la distribuzione tende a favorire gli uomini nelle posizioni più alte, dove le donne sono circa il 32,7%, mentre nelle posizioni più basse la percentuale si rovescia e le donne arrivano al 57,5%.

I risultati dettagliati dell’indagine statistica si trovano qui.

Intanto, a complemento dei dati dell’indagine statistica del MiZ, nello scorso mese di febbraio è stato diffuso uno studio intitolato “Women in High-Visibility Roles in German Berufsorchester” che contiene i risultati di una ricerca condotta da Melissa Panlasigui, borsista della Cancelleria tedesca presso la Fondazione Alexander von Humboldt, promossa da musica femina münchen e dall’Archiv Frau und Musik di Francoforte sul Meno.

Con un master in direzione d’orchestra della Manhattan School of Music e due lauree in fisica e in musicologia conseguite all’University of California di Berkley, Melissa Panlasigui è interessata a dimostrare, dati alla mano, come anche nel mondo musicale la disparità fra uomini e donne sia molto evidente. Panlasigui ha esaminato la stagione 2019/2020 di teatri e orchestre in Germania soprattutto da due punti di vista: la struttura del management e la programmazione. Come spiega lei stessa, «se un po’ di luce si è fatta sulla situazione delle direttrici d’orchestra che svolgono la funzione di direttrici musicali in orchestre e teatri in Germania, finora scarsa attenzione è stata data agli altri ruoli di leadership o a elevata visibilità, come quelli di solista, di direttore d’orchestra ospite e compositore. Il mio studio offre una panoramica quantitativa dei tassi di partecipazione femminile in questi ruoli per analizzare se esista un “gender gap” nelle orchestre professionistiche tedesche, e, se è così, dove».

Le direzioni artistiche dei teatri lirici sono solo in minima parte occupate da donne (10 contro 53 uomini) e va anche peggio nelle direzioni musicali di teatri e orchestre (5 contro 120)

Dalle informazioni pubblicamente disponibili è risultato che le direzioni artistiche dei teatri lirici sono solo in minima parte occupate da donne (10 contro 53 uomini) e va anche peggio nelle direzioni musicali di teatri e orchestre con 5 donne contro 120 uomini. Può confortare, se così si può dire, che rispetto a vent’anni fa il numero delle donne direttrici musicali è più che raddoppiato, partendo da 2 nel 2002 alle 5 del 2020 ma è chiaro che per bilanciare la situazione occorrerà probabilmente qualche secolo. Interessante anche il dato sulla composizione dei consigli di amministrazione, nei quali gli uomini sono in maggioranza nell’87% dei casi presi in esame mentre solo il 10% presenta una maggioranza femminile. Illuminante è anche il quadro che emerge dall’analisi di 2347 concerti e 6814 performance musicali programmati da 120 orchestre, di cui 7 orchestre da camera, 9 orchestre radiotelevisive, e 104 fra orchestre sinfoniche e di teatri. Fra i 461 direttori d’orchestra si trovano ben 428 uomini e 22 donne e anche fra i solisti la maggioranza è maschile con il 60,7%.

Ognuno dei 13 compositori più rappresentati nella stagione vanta più opere eseguite del totale delle compositrici.

Lo studio analizza anche il genere dei compositori dei pezzi presentati nel corso della stagione. Scontato che fra i compositori del passato i maschi surclassino le colleghe femmine: basti pensare che ognuno dei 13 compositori più rappresentati nella stagione vanta più opere eseguite del totale delle compositrici. La situazione non è molto più bilanciata se si considerano solo i compositori viventi o contemporanei, che comunque rappresentano una frazione piuttosto ridotta nelle programmazioni di 107 delle 120 orchestre finanziate con fondi pubblici (loro composizioni compaiono solo nel 9,4% dei concerti censiti). Ebbene, anche in questo caso, solo l’ 11,6% dei pezzi eseguiti è stato composto da donne, mentre solo una donna figura fra i 10 compositori viventi più eseguiti: Sofia Gubaidulina, comunque al quinto posto ex-aequo con Thomas Adès con 14 pezzi eseguiti, dopo Jörg Widmann (25 pezzi), John Adams (22 pezzi), Arvo Pärt (17 pezzi), Philip Glass (16 pezzi).

Anche fra le donne, tuttavia, Guibaidulina appare un caso quasi isolato con le sue 14 composizioni, poiché non superano le 5 composizioni eseguite il blocco delle seconde, che comprende Unsuk Chin, Martina Eisenreich, Isabel Mundry e Kaija Saariaho. Nella graduatoria complessiva dei compositori più eseguiti, comunque, Sofia Gubaidulina compare solo al 75° posto mentre le sue colleghe al 146°. Insomma, anche in questo caso la scalata alla vetta della classifica appare ancora molto lunga.

Lo studio di Melissa Panlasigui analizza anche il tasso di partecipazione delle donne nel ruolo di direttrice d’orchestra in orchestre professionistiche in una prospettiva storica: benché in costante aumento, il tasso è ancora relativamente basso rispetto a quello di chi ha accesso a un livello di studi avanzato. Secondo Panlasigui, ciò è un sintomo delle perduranti barriere all’accesso delle donne a ruoli direttivi per lo meno nell’ambito delle orchestre professionistiche. Il suo auspicio, fra tanti numeri, è che lo studio possa contribuire a informare la messa in opera di misure di sistema per correggere le disuguaglianze storiche che continuano a manifestarsi in queste orchestre, e servire come punto di riferimento per misurare la loro efficacia.

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Articolo in collaborazione con Fondazione Ferruccio Busoni Gustav Mahler