La forza del Canto Spontaneo

Che senso ha oggi parlare di canto spontaneo? Ce lo racconta Giovanni Floreani, direttore di uno strano "festival" in Friuli

canto spontaneo - Trio di Gjviano
Trio di Gjviano
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Evento anomalo ed eccentrico come pochi nel panorama nazionale, il Festival del Canto Spontaneo entra nel vivo a ottobre, tornando nel “suo” Friuli dopo una serie di eventi in trasferta, fra cui un concerto in contemporanea tra Aquileia e Alessandria d’Egitto lo scorso 21 settembre. Quelli di ottobre sono però i giorni di punta della rassegna, anche per la peculiarità del suo luogo simbolico, il piccolo borgo di Givigliana: non più di una decina di abitanti, in Carnia.

Quello del Canto Spontaneo è un festival strano, si diceva, al punto che l’ideatore (insieme a Novella Del Fabbro) e direttore artistico Giovanni Floreani non lo reputa più tale («Non lo chiamiamo più festival perché non ci piace l’accezione»). A Givigliana (con puntate anche a Udine e nella chiesa di San Giacomo di Rigolato, dal 4 al 6 ottobre) ci saranno quest’anno Otello Profazio, Beppino Lodolo, Luigi Bolognese, Nico Berardi, Pietro Balsamo, il Coro degli Angeli, il Trio di Gjviano e il Grop Coral di Gjviano.

Ma più che i nomi, per Canto Spontaneo – è il caso di dirlo – conta lo spirito. Abbiamo colto così l’occasione per farci raccontare il “festival” da Giovanni Floreani.

Vanni Floreani
Vanni Floreani

Perché il Canto Spontaneo?

«Di questi tempi il canto, quello spontaneo, ci viene in soccorso. Ci suggerisce, senza imporcele, forme di aggregazione, di rispetto reciproco, ci innalza a sensazioni estatiche e predispone alla relazionalità». 

«Di questi tempi il canto, quello spontaneo, ci viene in soccorso».

«Spesso si canta abbracciandosi, si crea un contatto forte, fisico che, a sua volta, genera una connessione sacra: spontaneamente lo sguardo si innalza al cielo. Allora le voci diventano una Voce, un unico meraviglioso accordo che approda in una magica risonanza ed è in quel preciso istante che fa breccia, con tutta la sua forza, il senso del Noi».

L’evento più significativo del 2019 è probabilmente stato il concerto Aquileia-Alexandria, che avete fatto lo scorso 21 settembre. Come è nato, come è andata?

«Grazie alla collaborazione del Polo museale del Friuli Venezia Giulia e della Fondazione Ellenica di Alessandria d’Egitto siamo riusciti a realizzare un sogno che da tempo avevamo: una connessione culturale e musicale fra i due storici siti un tempo punti di riferimento strategici per l’asse Oriente-Occidente. Aquileia e Alexandria, grandi porti del vasto bacino Mediterraneo, hanno tracciato una linea attraverso la quale transitavano e si interscambiavano merci, persone, lingue, religioni e culture diverse generando creatività, sviluppo, ricchezza e benefica convivenza. Un magnifico esempio di costruttiva relazione al quale dovremmo guardare con maggiore attenzione, in questi nostri tempi offuscati dall’odio, dall’integralismo e dall’ingiustizia sociale».

«Relazione e scambio sono quindi i punti di riferimento sui quali abbiamo lavorato per realizzare l’iniziativa: nel Museo archeologico di Aquileia e nel teatro greco romano di Alessandria d’Egitto, nel medesimo istante, abbiamo realizzato un concerto che, per i primi 10 minuti, è stato interconnesso grazie alla tecnologia».

«Ad Aquileia c’erano i musicisti Orietta Fossati e Latif Bolat, oltre a Daniela Gattorno (letture) e Francesca Ferah Dalla Bernardina (danze Sufi), e in contemporanea ad Alessandria io con Evaristo Casonato e gli egiziani Khaled e Hossuf Shams. Ci siamo scambiati  suoni e canti, che hanno simbolicamente hanno ricreato quella connessione, un tempo linfa creativa e rigenerante. Un semplice gesto per ricordare a tutti che la musica e la cultura possono veramente creare relazioni e superare tutte le barriere».

Siamo alla dodicesima edizione di Canto Spontaneo. Te la senti di fare un bilancio? Che cosa è cambiato in un decennio di lavoro sul territorio?

«Quando Novella Del Fabbro e io abbiamo dato vita alla prima edizione, nel 2008, pensavamo che la cosa sarebbe iniziata e finita. Un evento una tantum. Non perché non ci credessimo, ma perché non immaginavamo ci potesse essere un interesse per un tema sconosciuto e da tempo archiviato nella memoria storica. Invece siamo qui a raccontare il dodicesimo anno. Nel piccolo centro abitato di Gjviano (1300 metri sopra Rigolato) sono transitati studiosi e artisti di gran livello: Giovanna Marini, Lucilla Galeazzi, Paolo Tofani, Pierre Marietan, Riccardo Marasco, Silvio Trotta… E tuttavia, Canto Spontaneo (non lo chiamiamo più festival perché non ci piace l'accezione) è rimasto quella essenza che volevamo fosse. Non ci sono le grandi masse, inesistente il baccano dei "folkabbestia" che imperversa nella maggior parte dei festival folk. È presente invece la discrezione, la spiritualità, l'attenzione sia nei momenti totalmente tradizionali sia in quelli sperimentali, che spesso rasentano posizioni estreme degne di una rassegna avanzata di musica contemporanea».

Canto spontaneo

È una scelta certo coraggiosa, soprattutto alla luce delle politiche “culturali” contemporanee, che richiedono certi obiettivi di cassa e di pubblico.

«L’evento è antieconomico? Sì! Se lo guardiamo da questo aspetto il rientro economico è indubbiamente inferiore alle spese (che vengono coperte grazie al contributo della Regione Friuli Venezia Giulia)». 

«L’evento è antieconomico? Sì!».

«Ma secondo noi non è scandaloso, anzi! Siamo convinti di spendere bene il denaro pubblico, al punto tale che se Canto Spontaneo dovesse prendere una brutta piega diventando una occasione di mero spettacolo, perdendo quindi di vista i contenuti per cui è nato, saremmo i primi a decidere di porre fine a questa esperienza».

Come costruite il programma di Canto Spontaneo?

«Canto Spontaneo ha avuto anno dopo anno una crescita qualitativa particolare. Il privilegio che io ho in quanto musicista è quello di conoscere personalmente musicisti e artisti da ogni parte del mondo. Quando si ipotizza il programma artistico l'approccio non è quello freddo e affaristico delle agenzie. Innanzitutto è fondamentale che l'artista condivida lo spirito della rassegna e, da questo punto di vista, non vi è differenza alcuna fra la "star" e lo sconosciuto di turno. La qualità allora non è determinata dalla risonanza di un grande nome o dal virtuosismo di un musicista; semmai dalla loro effettiva empatia che, immancabilmente, traspare durante le esibizioni». 

«Tutti i nostri ospiti, più o meno famosi, sono ritornati alle loro case con un ricordo felice».

«Tutti i nostri ospiti, più o meno famosi, sono ritornati alle loro case con un ricordo felice. Tutti hanno "vissuto" il festival, hanno mangiato e bevuto e suonato e cantato e pregato assieme a noi e al pubblico. E in quei momenti i ruoli si annullano ed è una gioia condividere quegli attimi».

Come è cambiata Givigliana in questi anni? C’è stato un ritorno della rassegna sul territorio?

«Canto spontaneo si articola per due terzi in Italia e all'estero ma le cosiddette "giornate centrali" hanno un'intensità particolare. Vuoi perché si concentrano gli artisti più significativi, vuoi perché il Genius Loci di Givigliana è così presente da generare un’energia eccezionale. È un territorio piccolo che nel giro di sessant’anni ha perso oltre il 70% degli abitanti, come d'altro canto accade in quasi tutte le aree montane. Canto Spontaneo non è l'unica rassegna coraggiosa che decide di portare artisti e musicisti in un paesino di dieci anime rinunciando ai sicuri successi di pubblico delle città. Certo, la Carnia non si è ripopolata grazie a noi, però a Givigliana, lo scorso anno, è stata riaperta "l'Ostario" (la locale osteria) che da decenni era chiusa. L'hanno chiamata emblematicamente "Pura Follia". Noi ci crediamo, alla sana follia degli uomini e delle donne che hanno il coraggio dell’inconsueto».

«Noi ci crediamo, alla sana follia degli uomini e delle donne che hanno il coraggio dell’inconsueto».

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