Donne e jazz, si suona (e se ne parla) in Svezia

Lo Stockholm Women's International Jazz Festival è l'occasione per fare il punto sul gender balance nel jazz

Stockholm Women's International Jazz Festival gender balance donne jazz
Malin Wättring band con Lisbeth Diers allo Stockholm Women's International Jazz Festival
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L’Europa del jazz inizia a riaprire e lo fa con iniziative interessantissime, anche nel segno del dibattito sul gender e la parità nella musica. La terza edizione dello Stockholm Women's International Jazz Festival, ad esempio, che si terrà per la prima volta in un luogo simbolo della cultura svedese e internazionale, il Konserthuset Stockholm, iconico palazzo blu dei primi anni Venti del secolo scorso, noto come sede della cerimonia della consegna dei Premi Nobel, che si svolge ogni anno a Dicembre presso la Sala Grande.

Quest’anno il festival si svolge in due giornate, 27 e 28 maggio, che, saranno trasmesse in live streaming gratuitamente tramite la piattaforma Konserthuset Play, ma ospiterà anche la prima Conferenza sul gender balance nel Jazz, la mattina del 27, in collaborazione con Europe Jazz Network.

Tra le persone dietro questo importante appuntamento c’è anche una professionista italiana, Loredana Franza, che in Svezia vive e lavora da qualche tempo e che abbiamo incontrato per una chiacchierata.

Loredana Franza
Loredana Franza

Com'è lavorare in Svezia per una persona italiana?

«Ho sempre lavorato nell'organizzazione eventi quando vivevo in Italia, ma prevalentemente nel turismo. Quando mi sono trasferita in Svezia ho avuto la fortuna di incontrare le persone giuste con le quali sviluppare progetti in ambito musicale. La mia vita lavorativa è cambiata moltissimo da quando vivo qui, prima di tutto perché qui si vive molto più facilmente una dimensione internazionale che in Italia non è facile vivere, a meno che non si lavori per delle multinazionali. È una ricchezza senza prezzo, per chi fa un mestiere come il mio in cui la dimensione internazionale costituisce di fatto il 90% del bacino a cui attingere risorse artistiche, ma anche collaborazioni con altri professionisti del settore che stimolano e creano altre opportunità a catena. Inoltre la Svezia è un paese decisamente più abituato alla multiculturalità per varie ragioni storiche e culturali, che sarebbe troppo lungo spiegare qui».

– Leggi anche: Alberto Pinton, un italiano in Svezia

«Dal punto di vista delle opportunità lavorative, devo ammettere di essere stata particolarmente privilegiata, essendo entrata subito in contatto con il mondo musicale che di per sé è aperto e pronto all'accoglienza. Tralascerei le differenze di burocrazia tra la Svezia e l'Italia che credo siano ben note, facendo solo una considerazione su quanto si possa davvero migliorare in Italia per rendere la vita non solo degli imprenditori, ma dei cittadini in genere meno complicata. La "linearità del pensiero nordico" aiuta molto anche in questo».

Come nasce il lavoro di Semente? 

«Semente, che in lingua portoghese significa “seme”, è un’associazione culturale che ha lo scopo di creare eventi, prevalentemente musicali, rivolti a un pubblico curioso e aperto a nuove esperienze. L’ideatrice è Silvia Sardeira, produttrice di origine portoghese che da oltre dieci anni vive e opera in Svezia. Tre anni fa le nostre strade si sono incrociate e questo fortunato incontro ha permesso anche a Semente di incrementare le sue attività, spaziando da eventi dedicati alle famiglie (all’aperto e gratuiti come JAZZ I PARKEN), con un’attenzione particolare ai più piccoli e al loro avvicinamento al jazz e alle musiche improvvisate, a focus su paesi e culture diversi come LUSOFONI - un viaggio culturale nei paesi di lingua portoghese, all'export e promozione del jazz svedese all’estero come JAZZAMBASSADEN (l’Ambasciata del Jazz) e altro ancora».

Parlaci dello Stockholm Women's International Jazz Festival.

«Lo Stockholm Women’s International Jazz Festival nasce tre anni fa, quando io e Silvia abbiamo cominciato a lavorare su un progetto internazionale per sostenere la carriera di musiciste jazz (poi non andato in porto). Ci siamo chieste perché ci fosse bisogno di un progetto simile e cosa possiamo fare noi nel nostro piccolo? In quanto donne, conosciamo bene la fatica di riuscire ad ottenere una chance di dimostrare le proprie competenze e capacità nel mondo del lavoro in genere, rispetto ai colleghi maschi. In quanto operatrici culturali e musicali, siamo ben consce del potenziale di tutta quell’offerta artistica ancora per buona parte sommersa e non rappresentata come si deve sui palchi di tutto il mondo, ingiustamente sacrificata in nome di non si sa bene cosa».

«In quanto donne, conosciamo bene la fatica di riuscire a ottenere una chance di dimostrare le proprie competenze e capacità nel mondo del lavoro in genere, rispetto ai colleghi maschi».

«Questo festival è nato senza grosse pretese in un piccolo teatro “bohemien” nel centro di Stoccolma, con l’obiettivo di offrire musica di alta qualità al nostro pubblico e a noi stesse. Si è trasformato in un’occasione di riflessione sulla parità di genere, in una vetrina internazionale per le artiste di casa e in un'importante opportunità per le artiste straniere di portare la loro musica in Svezia. Ma il vero obiettivo, quello più ambizioso è riuscire a rappresentare per le future generazioni di giovani musiciste una fonte di ispirazione e di coraggio per continuare a coltivare i propri sogni. Il vero scopo di questo festival è offrire loro modelli positivi a cui ispirarsi e che possano servire da stimolo a non arrendersi alle tante difficoltà che incontreranno sul loro cammino».

In questi anni la riflessione sulle modalità e le problematiche che ancora rendono in molti contesti minoritaria la presenza femminile nel jazz è diventata un tema centrale in ambito Europeo: qual è il tuo punto di vista su questa presenza creativa in Svezia e in Europa?

«In Svezia c’è un interessante fermento nella scena jazz, specialmente quella di nuova generazione. Ci sono sempre più musiciste che si stanno facendo strada e che vengono accolte con interesse anche dai colleghi più maturi, sia maschi che femmine. Questa cosa è interessante perché non solo si assiste a un tentativo di superamento dei conflitti di genere, ma anche dei conflitti generazionali. D'altronde la Svezia non è nuova a operazioni di “vecchie guardie” promotrici delle nuove leve. Basti pensare a quello che è stata la Fredrik Norèn band tra la fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta, fucina in cui si sono forgiati alcuni tra i più grossi nomi del jazz svedese contemporaneo come Esbjörn Svensson, Lina Nyberg, Jonas Kullhammar, Daniel Karlsson».

«Bisogna osservare che, in generale, c’è una crescente presenza di artiste donne in tutta Europa, il che fa ben sperare che qualcosa si stia veramente muovendo nel jazz, anche se resta ancora molto da fare».

«Inoltre, sono frequenti premi e riconoscimenti da parte di istituzioni o media del settore a supporto della carriera di nuovi talenti, e tra essi le donne sono sempre più numerose. Cosa comune a tutti i paesi dell'area Nord che, come sappiamo, si distinguono per le loro politiche paritarie abbastanza all’avanguardia in tutti i campi della società, e la musica non è esente. Ma bisogna osservare che, in generale, c’è una crescente presenza di artiste donne in tutta Europa, il che fa ben sperare che qualcosa si stia veramente muovendo nel jazz, anche se resta ancora molto da fare».

Oltre all'aspetto artistico, spesso assistiamo a una disparità di presenza anche nei ruoli apicali dell'ambito organizzativo. Se in Europa molti festival e situazioni importanti hanno una curatela femminile e giovane – penso a voi, a Berlino, Katowice, Barcellona, Zurigo, Londra solo per fare qualche esempio – in Italia, dove pure tantissime organizzazioni hanno uno staff fortemente al femminile, stento a ricordare più di una manciata di nomi di direttrici artistiche... Cosa ne pensi?

«Così come in ambito artistico, anche in ambito organizzativo devo rilevare una crescente presenza di colleghe donne e giovani. Seppure anche qui siamo decisamente sottorappresentate, specialmente in ruoli decisionali, come quelli di direttore artistico, o presidente, o direttore generale. La Svezia non fa eccezione nei numeri, così come anche gli altri paesi europei. Lo si nota molto nei contesti internazionali, come per esempio durante gli incontri dello Europe Jazz Network, dove è chiara la netta predominanza dei colleghi maschi nei ruoli di rappresentanza e decisionali delle varie organizzazioni membri, ma proprio all’interno di questo network sono molteplici le azioni di sensibilizzazione sul tema promosse e condivise dai vari membri».

«L’Italia sembra faccia ancora più fatica di altri paesi europei a lasciar spazio (e voce) alle donne al “comando”»

«L’Italia sembra faccia ancora più fatica di altri paesi europei a lasciar spazio (e voce) alle donne al “comando”, questo è vero. Io confido molto nelle nuove generazioni, saranno loro a sentire l’esigenza di un maggiore equilibrio nella rappresentanza di genere. È già presente oggi, nei giovani che si stanno affacciando a queste professioni, la naturale attitudine all’inclusione verso qualunque sesso. I giovani sono già più avanti di noi».

Come avete scelto il programma di quest'anno? 

«Silvia Sardeira è il direttore artistico di questo festival, ma possiamo dire che il nostro è un lavoro di squadra. Di fatto siamo sempre “in ascolto” tutto l’anno. L’edizione di quest’anno si distingue da quelle passate per una numerosa presenza di artiste svedesi. La scelta non è solo legata a questioni logistiche dettate dalle restrizioni dovute alla pandemia, ma a un vero e proprio cambio di passo, concependo il festival come uno showcase per le artiste di casa. Sono ben cinque le artiste chiamate a rappresentare la scena svedese (Linnea Jonsson, Ida Karlsson Wretling, Anna Lundqvist, Susanna Risberg, Josefine Lindstrand), ognuna con una propria voce, musicalità, storia da raccontare. Per le artiste internazionali ci siamo affidate all’idea di  offrire al nostro pubblico differenti modelli. Dall’eclettismo colorato di Maria João, alla freschezza ritmica di Sun-Mi Hong, all’eleganza nordica di Sunna Gunnlaugs e Julia Hülsmann, il cui piano duo è una prima assoluta in Svezia». 

Ai concerti sarà abbinata una Conference internazionale: quali i temi principali del confronto?

«L’adesione di Semente allo Europe Jazz Network (di cui siamo orgogliosamente membri da tre anni) ha notevolmente ampliato le nostre collaborazioni internazionali, oltre che averci aperto le porte a una fonte costante di confronto e ispirazione. L’idea di ospitare una conferenza sul gender balance nel jazz nasce proprio dall’esperienza di confronto all’interno dello Europe Jazz Network. Il network ha già da anni attivo un working group sul tema, e proprio in seguito alla partecipazione a uno di questi incontri è nata l’idea di ospitare all’interno del festival un momento di riflessione per fare un quadro della situazione. Accanto alla presentazione di altre realtà attive in merito alla questione – come Keychange – abbiamo voluto  ospitare un panel, in collaborazione proprio con EJN, su un tema specifico all’interno delle problematiche di genere, vale a dire l'importanza del riconoscimento e del rispetto dei ruoli, quando ricoperti da una donna, e non solo dei numeri».

«Vogliamo provare a capire quanto le donne, una volta ricoperti i ruoli “inusuali” di comando o tecnici per esempio, siano poi realmente rispettate alla pari dei colleghi uomini».

«Vogliamo provare a discutere non solo di quanto sia importante certo raggiungere un numero equo di rappresentanti del genere femminile sui palchi ma anche dietro le quinte, ma soprattutto vogliamo provare a capire quanto le donne, una volta ricoperti i ruoli “inusuali” di comando o tecnici per esempio, siano poi realmente rispettate alla pari dei colleghi uomini».

Tre musiciste europee che ti piacciono particolarmente? E tre artisti svedesi (uomo o donna) che magari sono poco conosciuti e che secondo te vale la pena conoscere?

«Difficile scelta, ma ci provo. Per restare in ambito scandinavo Hildegunn Øiseth (Norvegia) ha un carisma sul palco eccezionale e adoro il suono della sua tromba, così come quello nordico e “vichingo” del “corno di capra”. Mi piace molto l’eclettismo della nostra Maria Pia De Vito e per finire la lista, seguo con interesse da tempo la pianista Tania Giannouli (Grecia) e i suoi diversi progetti. Per quanto riguarda gli artisti svedesi intendi “poco conosciuti” in genere o in Italia? In genere direi sicuramente Susanna Risberg, giovane chitarrista in forte ascesa che sta calamitando l’attenzione internazionale e che vedrete anche nel nostro festival in trio. Un altro progetto interessante e visionario, con il quale ho avuto il piacere di collaborare per Matera 2019 in collaborazione con Onyx Jazz e che meriterebbe più visibilità è di sicuro Nils Berg Cinemascope. Il compositore e sassofonista Nils Berg rielabora suoni e immagini dai quattro angoli del globo e lo ha fatto anche con i suoni e i volti di Matera. Una meraviglia! Per quanto riguarda invece artisti affermati in patria e anche in Europa, ma di sicuro “poco presenti” in Italia (e non saprei se perché non conosciuti o perché volutamente trascurati) mi sentirei di dire Oddjob. Una formazione sulla cresta dell’onda da oltre 20 anni, vincitori di numerosi Swedish Grammis, che oltre ad un repertorio gunk-jazz originale ha realizzato un progetto grafico e musicale per avvicinare i più piccoli alle sonorità jazz (Jazzoo) e che in Francia riempie teatri da 1.500 posti. Non ricordo date recenti per loro in Italia. Per concludere, diciamo che la Svezia ha tanto da offrire e mi piacerebbe che si desse spazio a nuovi nomi, accanto ai soliti grandi che ormai il pubblico italiano conosce molto bene».

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