The Caretaker star di TikTok

Le sei ore e mezza di Everywhere at the End of Time di The Caretaker sono diventate una sfida di TikTok

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Da alcuni mesi stiamo assistendo a un fenomeno davvero curioso: su TikTok, il social network cinese preferito dagli adolescenti, è in corso la cosiddetta “The Caretaker challenge”, sfida in cui i ragazzi devono ascoltare integralmente Everywhere at the End of Time (50 brani per un totale di sei ore e mezza) e raccontare le proprie emozioni. Ma, come ha titolato recentemente il New York Times, perché gli adolescenti di TikTok ascoltano un album sulla demenza senile?

– Leggi anche: The Caretaker è morto (viva The Caretaker)

Di Leyland James Kirby, vero nome di The Caretaker, abbiamo scritto più volte: 46 anni, nato a Stockport, in Inghilterra, da alcuni anni è residente a Cracovia dove, in tre anni, ha realizzato il progetto Everywhere at the End of Time, sei capitoli usciti a distanza di sei mesi uno dall’altro, nei quali Kirby immagina che il suo alter ego The Caretaker sia vittima della demenza senile: inizia un viaggio musicale senza precedenti, dai primi segnali della malattia fino alla morte del protagonista.Un progetto ambizioso e di realizzazione non semplice, ma The Caretaker, con un lavoro certosino che lo ha prosciugato fisicamente e mentalmente, è riuscito nel compito, dando alla luce quello che non esito a definire un capolavoro. Il risultato non è di facile approccio, la musica – se così la possiamo definire – è di volta in volta evocativa, ostica, spigolosa, impalpabile, disturbante, rispettando sempre la malattia e risultando nostalgica e commovente, nonché spaventosa. Un progetto di nicchia? Certamente, ma, se andate su Youtube, vedrete che il video che ripropone il progetto nella sua interezza ha superato i quattro milioni di visualizzazioni (prima dell’estate erano poche migliaia) e anche il numero degli streaming dell’album sulla pagina Bandcamp dell’artista è esploso: per usare un vocabolo di triste attualità, una pandemia. 

Il già citato New York Times ricostruisce l’inizio di questa vicenda che ha dell’incredibile: il 2 agosto l’utente @echoinc pubblica un estratto dell’album invitando i suoi follower a «cercare di sentire/leggere qualcosa di triste» e ad ascoltare l’album per intero su YouTube. A oggi più di 700 utilizzatori di TikTok hanno postato video con la stessa audio clip. Tra questi c’è il sedicenne Owen Amble, trascinato verso l’album dalla diagnosi di demenza senile di suo nonno: intervistato telefonicamente dice di voler capire cosa sta veramente succedendo.

Il 17 settembre il ragazzo posta un messaggio in cui confessa che l’ascolto dell’album l’ha fatto scoppiare in lacrime: «La vera definizione di dolore. Non mi era mai successo prima di piangere ascoltando qualcosa». Ecco servite 340.000 visualizzazioni.

«La vera definizione di dolore. Non mi era mai successo prima di piangere ascoltando qualcosa».

«Mi ha fatto sentire così triste ma anche così felice, perché mi ha permesso di apprezzare maggiormente questa parte della mia vita», ha detto Amble. «Sono ancora un ragazzo, non ho molte responsabilità, e mi sto costruendo i miei ricordi. Ma il pensiero che un giorno tutto quello che ho fatto possa sparire per colpa della memoria è spaventoso».

Altri ragazzi hanno imitato i due precedenti, parlando di reazioni psicofisiche disturbanti, di menti ottenebrate, di corpi affaticati e di pianti a dirotto.

Verità o esagerazioni? Stiamo pur sempre parlando di ragazzini, notoriamente tendenti a ingigantire le loro emozioni per fare colpo o spaventare i coetanei.

E c’è comunque il sospetto che tutto si riduca a una sfida tra adolescenti: al posto dell’ascolto di Everywhere at the End of Time ci sarebbe potuta essere la lettura integrale delle 3.724 pagine de À la recherche du temps perdu di Marcel Proust o la visione in una botta sola dei 924 minuti di Heimat, il film in undici episodi del regista Edgar Heitz.

Ma cosa dice Kirby di questo fenomeno? «Il fatto che alcuni abbiano trasformato l’ascolto integrale dell’album in una sfida è la reazione a un bisogno di esperienze, esperienze condivise, che va mano nella mano con l’uso moderno dei social media. Ritengo che qualsiasi cosa che possa, soprattutto tra i giovani, scatenare consapevolezza, aprire una discussione, generare empatia verso coloro i cui parenti soffrono di demenza, sia una buona cosa».

A questo punto non vi resta che cimentarvi nella sfida guardando il video qui sotto oppure, meglio ancora, andare sulla pagina Bandcamp di The Caretaker e comprare la versione digitale dell’album in cambio di sole cinque sterline: è davvero poco per un capolavoro. C’est fini.

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