700 anni di Dante in musica: Inferno

Per l'anno dantesco 2021, la prima parte della nostra antologia musicale, dalle porte dell’Inferno ai gelidi abissi del Cocito

Dante in musica 700 anni dalla morte
Un’immagine da L’Inferno di Francesco Bertolini, Giuseppe De Liguoro e Adolfo Padovan (1911)
Articolo
classica

Opera colossale ma ricca di suggestioni per la bellezza dei versi, certo, ma soprattutto per la plasticità dell’infinita galleria di ritratti dipinti dalla penna del poeta: nella storia della musica la Divina Commedia è stata fonte di ispirazione per generazioni di compositori. Se nell’Inferno la musica è pressoché assente, sono una miriade i suoni evocati dal poeta per descrivere le tenebre e il rabbioso dolore delle anime dannate. La musica invece si fa via via più presente nell’ascesa lungo i sentieri del Purgatorio e soprattutto nei cieli estatici del Paradiso. Eppure è proprio l’Inferno e soprattutto la tragicità di alcune figure che incrociano il cammino del poeta a fornire il terreno più fertile alla creazione musicale.

– Leggi la puntata 2: Purgatorio e Paradiso

– Leggi la puntata 3: Oggi

Abbiamo provato a costruire un’antologia di composizioni ispirate a Dante e soprattutto alla sua Divina Commedia, seguendo il suo cammino 700 anni dopo, dall’Inferno fino all’Empireo in dieci capitoli. Nella prima parte si attraversa la soglia dell’Inferno per inoltrarsi fino alle acque ghiacciate del Cocito.

 

1. Sulla soglia dell’Inferno

Non ci si avventura troppo nei gironi infernali nel Cinquecento, forse intimoriti dai suoni che ne provengono. “Quivi sospiri, pianti e alti guai / risonavan per l'aere sanza stelle” sono i versi dal terzo canto dell’Inferno dantesco prediletti da una schiera di madrigalisti, dal padovano Giulio Renaldi all’udinese Giovanni Battista Mosto, dal bolognese Domenico Micheli al romano Francesco Soriano fino al siciliano Pietro Vinci. Fra le versioni più note, il madrigale spirituale di Luzzasco Luzzaschi, organista di sua altezza serenissima il duca di Ferrara.

Luzzasco Luzzaschi, “Quivi Sospiri, Pianti E Alti Guai” madrigale spirituale
La Compagnia del Madrigale (Glossa ℗ 2014)

 

Soltanto il veneziano Ludovico Balbi oltrepassa il Limbo per spingersi nel suo Capriccio a sei voci fino al secondo cerchio, nel quale “Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia”. Claudio Monteverdi nel suo Orfeo, opera a basso contenuto dantesco, incide comunque il celebre verso di Dante “Lasciate ogni speranza, ò voi ch'entrate” sulla porta degli inferi, rievocato nel canto di Speranza a Orfeo, che si accinge a porre piede nella Città dolente per riportare alla luce la sua amata Euridice.

Claudio Monteverdi, “Ecco l'atra palude” da L’Orfeo (Atto III)
Le Grande Ecurie et la Chambre du Roy - Jean-Claude Malgoire, direttore
Philippe Jaroussky, controtenore

 

2. La Commedia totale

Difficile se non impossibile tradurre in un racconto in musica il grande affresco corale della Commedia. Per secoli il teatro musicale ha preferito la scorciatoia della galleria dei personaggi più celebri del poema. Tolto il teatro, la musica ci ha provato lasciando più di una testimonianza importante. «Intraprenderò una composizione basata sulla Commedia di Dante» dichiarava Franz Liszt nel 1839. Il risultato? Il grande e opulento affresco della Dante Symphonie. Eine Symphonie zu Dantes Divina Commedia dedicata al futuro genero Richard Wagner, prodigo di consigli. Nella versione definitiva del 1857, la sinfonia si assesta su due movimenti “a programma” – “Inferno” e “Purgatorio” – articolati in diversi episodi descritti da una musica dal carattere fortemente evocativo.

Franz Liszt, Dante Symphonie; Berliner Philarmoniker – Daniel Barenboim, direttore

 

Se il viaggio di Liszt si ferma al Purgatorio, quello della Sinfonia Dante in re minore di Giovanni Pacini attraversa tutte le cantiche del poema sebbene con una sintesi maggiore. Composta nel 1864 in vista dei festeggiamenti fiorentini per il sesto centenario della nascita del poeta, la sinfonia è divisa in quattro parti: “L'Inferno” (Tormenti senza speranza), “Purgatorio” (La speranza in mezzo alle sofferenze), “Il Paradiso” (La beatitudine, l'eterna felicità), e “Il trionfo di Dante” (Dante ritorna sulla Terra e tutti i popoli acclamano il grande poeta).

Giovanni Pacini, Sinfonia Dante in re minore; Orchestra del Teatro del Giglio di Lucca - Gianfranco Cosmi, direttore; Massimo Morelli, pianoforte - Laura Savoizzi, arpa

 

Nel Novecento scema l’interesse e si registrano la suggestiva Fantasia sinfonica e fuga in re minore per organo op. 57 “Inferno Fantasie” del tedesco Max Reger del 1901 oltre alla Sinfonia n. 4 “Dante Symphonie” del danese Paul August von Klenau del 1913, compositore dagli spiccati interessi danteschi. In entrambe le composizioni, tuttavia, delle cantiche del poema dantesco non restano che astratte suggestioni.

Max Reger, Symphonische Phantasie und Fuge d-moll op.57 "Inferno"; Arjen Leistra, organo (2016)

 

3. Francesca, l’influencer

Senza dubbio è lei l’autentica influencer della Divina Commedia, in coppia con il cognato e amante Paolo ma assai più spesso da sola, almeno se ci si ferma ai semplici titoli. Francesca da Polenta, meglio nota come da Rimini, si impone a partire dall’epoca romantica come ennesima coniugazione del binomio amore e morte. Sono le parole che Dante le fa pronunciare nel quinto canto dell’Inferno – “Nessun maggior dolore / che ricordarsi del tempo felice / nella miseria” – quelle del canto del gondoliere che Desdemona ascolta nella propria stanza poco prima che la tragedia della gelosia abbia il suo compimento nell’Otello di Gioachino Rossini. Nel 1848, il cigno di Pesaro torna sul luogo del delitto, per così dire, e con Francesca da Rimini, un breve “recitativo ritmato” per voce e pianoforte, dà una veste musicale di intimistica eleganza ai celebri versi danteschi.

Gioachino Rossini, "Francesca da Rimini" recitativo ritmato per voce e pianoforte; mezzosoprano: Anna Bonitatibus, mezzosoprano, Marco Marzocchi pianoforte (2010)

 

Per tutto l’Ottocento è lunghissima la lista dei lavori musicali dedicati a Francesca da Rimini firmati da compositori più o meno noti. Dopo l’opera di Feliciano Strepponi sul libretto di Felice Romani, il primo arrivato, seguono quelle di Saverio Mercadante e più tardi di Massimiliano Quillici, Ruggero Manna, Giuseppe Fournier-Gorre, Giuseppe Tamburini, Giuseppe Devasini, Francesco Canneti, Giovanni Franchini, anche queste sul libretto di Romani, come anche quella di Francesco Morlacchi lasciata però incompiuta. E ancora le opere di Pietro Generali su un libretto di Paolo Pola, di Giuseppe Marcarini su libretto di Matteo Benvenuti, e di Antonio Cagnoni su libretto di Antonio Ghislanzoni, oltre a quella del siciliano Vincenzo Moscuzza tenuta a battesimo al Teatro Manuel di Malta nel 1877. I versi di Ghislanzoni, “Noi leggevamo insieme”, diventano canzoni composte, fra gli altri, da Giacomo Puccini con i titolo Storiella d’amore nel 1883, la sua prima partitura a essere pubblicata (e pure col nome sbagliato di “Giovanni”), e da Amilcare Ponchielli nel 1889.

Ma esistono anche un ballo tragico di Giovanni Galzerani del 1825, e un’azione tragico-mimica in 5 atti di Ferdinando Gualtieri del 1857. Verso la fine del secolo, Antonio Bazzini le dedica un poema sinfonico, l’ opus 77 del suo catalogo.

Saverio Mercadante, Francesca da Rimini (Festival della Valle d’Itria, 2016)

 

Ma la fama del personaggio non si ferma in Italia. In Germania Hermann Goetz compone fra il 1875 e il 1877 una Francesca von Rimini, completata Ernst Frank, su libretto di Joseph Victor Widmann dalla tragedia omonima di Silvio “Le mie prigioni” Pellico del 1815. Il belga Paul Gilson le dedica un oratorio nel 1895, mentre in Francia Henry Pons Moreno compone l’opera in quattro atti Les Malatestas, e, nel 1882, Francesca diventa la protagonista nientemeno che di un fastoso grand opéra con tanto di imprescindibili balli per mano di Ambroise Thomas. Ultima opera del compositore di Mignon e di Hamlet, nella Françoise de Rimini su libretto di Jules Barbier e Michel Carré fra i personaggi figurano, una volta tanto, anche Dante e Virgilio.

Ambroise Thomas, Françoise de Rimini (musica da ballo); English Chamber Orchestra - Richard Bonynge, direttore

 

Francesca attraversa anche l’Atlantico e arriva anche nelle sale da concerto del continente americano grazie al prologo sinfonico op. 24 del bostoniano Arthur William Foote. Ma più risonanza ha il suo sbarco in Russia: Pëtr Il'ič Čajkovskij si ispira alle immagini dantesche per la sua personale versione della Франческа да Римини, fantasia sinfonica op. 32, composta nel 1876, di ritorno dal Ring des Nibelungen visto al primo festival di Bayreuth. Nella folta schiera dei lussuriosi si scorge anche un proto-wagneriano Tristano …

Pëtr Il'ič Čajkovskij, Francesca da Rimini; Orchestra Filarmonica di Leningrado - Evgenij Mravinskij, direttore

 

L’interesse per il personaggio prosegue rigoglioso nel Novecento con l’opera in quattro atti Francesca da Rimini del 1902 musicata dal ceco Eduard Nápravník e con i versi di Evgenij Ponomarev tratti dalla tragedia di Stephen Phillips ispirata ai personaggi della Divina Commedia. Finalmente anche a Paolo viene concessa visibilità nei titoli dopo un secolo nel cono d’ombra dell’amante: accade nel 1912 nell’opera in tre atti Paolo és Francesca dell’ungherese Emil Ábrányi su libretto proprio, ma anche nella fantasia sinfonica Paolo und Francesca del 1913 del già incontrato “dantista” Paul August von Klenau, rielaborazione di una sua precedente Inferno-Phantasie, mentre nel poema sinfonico Dante del 1908 dello spagnolo Enrique Granados ai due amanti è consacrata la seconda parte. In Francia nel 1914 Franco Leoni firma una Francesca da Rimini con un libretto in francese di Marcel Schwob ridotto dalla tragedia omonima in quattro atti di Francis Marion Crawford, tenuto a battesimo da Sarah Bernhard a Parigi nel 1902 che aveva le musiche di scena di Gabriel Pierné. Ancora in Francia, Max d’Ollone firma musica e testo di Les amants de Rimini che va in scena nel 1916. La più nota e tuttora in repertorio rimane però la Francesca da Rimini in un prologo, tre atti e un epilogo di Sergej Rachmaninov su libretto di Modest Il'ič Čajkovskij del 1906.

Sergei Rachmaninov, " O, ne rïdáy, moy Páolo" [Oh, non piangere, mio Paolo] (Francesca da Rimini); Orchestra del Teatro Mariinsky - Valery Gergiev, direttore; Anna Netrebko, soprano (2006)

 

In Italia, il nuovo secolo si apre con i cinque atti della tragedia Francesca da Rimini di Gabriele D’Annunzio, tenuta a battesimo al Teatro Costanzi nel 1901. Anche se Antonio Scontrino la arricchisce con le sue musiche di scena, si tratta di prosa ma destinata a figliare più di un lavoro musicale. Per esempio, se ne ispira Arturo Colautti per il libretto del dramma lirico in un atto Paolo e Francesca messo in musica da Luigi Mancinelli. Il capolavoro arriva solo nel 1914 grazie a Riccardo Zandonai, già autore di un esperimento giovanile per voce e orchestra ispirato all’episodio del quinto canto dantesco. La sua Francesca da Rimini, tragedia in quattro atti sui versi del D’Annunzio acconciati a libretto da Tito Ricordi con l’assenso del Vate pescarese, è uno dei pochi lavori che sopravvive alla sua epoca.

Riccardo Zandonai, Francesca da Rimini (finale); Renata Scotto (Francesca), Plácido Domingo (Paolo); Metropolitan Opera 1984

 

Fra le altre composizioni di inizio secolo il melologo Paolo e Francesca con libretto di Morello Torrespini e le musiche Cesare Barison conobbe una certa duratura fortuna dopo il debutto nella Trieste ancora asburgica del 1916. Fortuna di cui il personaggio continuò a godere nel corso dei primi decenni del Novecento, come testimoniano le opere Francesca da Rimini dell’austriaco Robert Hernried del 1920, Paolo e Francesca dell’australiano Claude Meurisse Haydon anche del 1920, e Paolo and Francesca dell’americana Dorothy James con libretto di Allison Ryan del 1932, queste ultime tratte ancora dal dramma di Stephen Phillips. Poi più nulla fino all’opera in un prologo, due atti e un epilogo basata sul quinto canto dell’Inferno di Dante, Francesca o El infierno de los enamorados di Alfredo Aracil su libretto di Luis Martínez de Merlo, commissionata dal Teatro de la Zarzuela e andata in scena a Madrid nel 1989. Ultimo, per ora, The Inferno of Dante: Canto V, atto unico dell’americano Patrick Soluri con il testo dantesco tradotto da John Ciardi, presentato nel 2003 alla New York City Opera.

Un’immagine da L’Inferno di Francesco Bertolini, Giuseppe De Liguoro e Adolfo Padovan (1911)
Un’immagine da L’Inferno di Francesco Bertolini, Giuseppe De Liguoro e Adolfo Padovan (1911)

 

4. Schicchi da ridere

Se Dante mostra un certo “sense of humour” specialmente nella descrizione dei diavoletti Malebranche, non si ride molto negli ultimi fossati delle Malebolge fra i falsari di persona che si prendono a morsi l’un l’altro “di quel modo che ’l porco quando del porcil si schiude.” È lì che Dante ha condannato Gianni Schicchi per aver falsificato la persona di Buoso Donati “per guadagnar la donna de la torma / … / testando e dando al testamento norma.”

La sua storia riscritta nei versi di Giovacchino Forzano per il terzo pannello del Trittico di Giacomo Puccini del 1918 invece fa finalmente sorridere dopo l’umore grandguignolesco del Tabarro e il lacrimoso patetismo di Suor Angelica. Con una irriverenza toscana, lo Schicchi operatico rovescia la morale e si fa beffe del moralismo del gran padre Dante. In quel piccolo capolavoro di comicità, si narra di come l’arguto Gianni si faccia beffe della masnada di avidi parenti del neodefunto Buoso Donati facendo leva sulle loro colpevoli debolezze. Fingendosi Buoso, detta al notaio il falso testamento che gli dona la mula da trecento fiorini, la casa di Firenze e i mulini di Signa, lasciando ai parenti, furiosi, poco più che gli spiccioli. Un ricco bottino destinato alla figlia Lauretta futura sposa dell’innamoratissimo Rinuccio e, per questo, Schicchi chiede al pubblico l’attenuante “con licenza del gran padre Dante”.

Giacomo Puccini, Gianni Schicchi (finale); Orchestre de l’Opéra national de Paris – Seiji Ozawa, direttore (2004); Alessandro Corbelli (Gianni Schicchi), Patrizia Ciofi (Lauretta), Roberto Saccà (Rinuccio)

 

5. Ugolino nel salotto

Dal comico al tragico. Inevitabile che uno degli episodi più carichi di pathos della Commedia trovasse eco in numerose composizioni musicali. A Ugolino della Gherardesca già il fiorentino Vincenzo Galilei dedicò una composizione per voce accompagnata dalla viola, purtroppo perduta. Il personaggio torna protagonista nell’Ottocento, secolo incline ai sapori forti, ma curiosamente sono austriache le prime opere, cioè lo Singspiel serio Ugolino di Carl Ditters von Dittersdorf su libretto tratto da un testo in francese di Friedrich August zu Braunschweig-Oels del 1796, e il melodramma Ugolino ou Der Hungerturm di Ignaz von Seyfried su libretto di Friedrich Ludwig Karl Biedenfeld andato in scena al Theater an der Wien nel 1821.

In Italia il nobile pisano è il protagonista di varie romanze da salotto (sic!). Del 1805 è il Lamento del conte Ugolino per tenore di Nicola Zingarelli, cui seguono fino al 1850 diverse versioni di Luigi Confidati, Angelo Di Giulio, Marcello Pepe, Salvatore Agnelli, Tommaso Benvenuti e Antonio Rebbora. Francesco Morlacchi ne compone ben due versioni nel 1808 e nel 1834. Più tardi, anche Riccardo Zandonai si cimenterà con i drammatici versi danteschi del trentatreesimo canto in una composizione giovanile per canto e pianoforte del 1899.

Francesco Morlacchi, Lamento del conte Ugolino (Dresda 1832); Gioacchino Zarrelli, basso; Gabriele Catalucci, pf; (Bongiovanni ℗ 2013)

 

Fra tutte queste composizioni, Il conte Ugolino per baritono dal Canto XXXIII dell’Inferno di Gaetano Donizetti del 1828 si impone però per enfasi tragica degna di una scena d’opera.

Gaetano Donizetti, Il conte Ugolino dal Canto XXXIII dell’Inferno (Dante Alighieri); Alfonso Antoniozzi, baritono; Loris Peverada, piano

 

 

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