10 canzoni per ricordare Fausto Amodei
È morto a 91 anni Fausto Amodei, maestro assoluto della canzone politica italiana
18 settembre 2025 • 4 minuti di lettura
È morto a 91 anni Fausto Amodei. Era nato a Torino nel 1934, e alla fine degli anni cinquanta aveva contribuito a fondare il Cantacronache, il primo esperimento di canzone politica “d’autore” in Italia.
Fin dai primi anni di vita del gruppo – che pubblica il suo primo EP ufficiale nel 1958 – Amodei si afferma come il principale autore di nuove canzoni insieme a Sergio Liberovici. Rispetto al collega, compositore colto affascinato dalle canzoni di Brecht e Weill, Amodei adotta uno stile più esuberante, che guarda soprattutto alla Francia di Brassens (di cui sarà anche eccellente traduttore). Le sue canzoni, composte alla chitarra, si distinguono per la metrica virtuosistica, che piega l’italiano in direzioni ancora non esplorate, e per la ricchezza delle soluzioni armoniche. Amodei le canta con la sua voce inconfondibile, “ineducata” e con accento piemontese; una voce diversissima da quelle radiofoniche dell’epoca post-fascista, ma anche da quelle dei nuovi divi dei giovanissimi. Anche questo, fra i molti, è un tratto che ne farà punto di riferimento per tutti i cantautori italiani successivi.
Dopo la fine del Cantacronache – nel cui repertorio compare anche il brano più famosa di Amodei, “Per i morti di Reggio Emilia”, divenuta inno di piazza tra i più noti – Amodei registra diverse canzoni popolari e comincia a collaborare con il Nuovo Canzoniere Italiano, il gruppo di lavoro sul “canto sociale” e sul folk revival fondato da Roberto Leydi e Gianni Bosio nel 1962. Grazie alla sua conoscenza della musica (è l’unico membro del gruppo, insieme a Giovanna Marini, a saper scrivere su un pentagramma) collabora come musicista e arrangiatore a innumerevoli sessioni di registrazione per i Dischi del Sole, e viene incaricato del deposito in SIAE di numerosi brani tradizionali “riscoperti” dal gruppo, fra cui “Bella ciao”. La prima versione del canto partigiano mai incisa in Italia è cantata da lui insieme a Sandra Mantovani, nel disco Canti della Resistenza italiana 2, del 1963.
Sempre per i Dischi del Sole pubblica anche due album solisti, Se non li conoscete (1972) e L’ultima crociata (1974), in cui riafferma la sua vena satirica, sempre più caustica ed esplicita nel fare i nomi dei nemici politici. Intanto, nel 1968 è stato eletto senatore per il Partito socialista italiano di unità proletaria. Lascerà però quasi subito l’attività parlamentare, per tornare a esercitare la professione di architetto, che proseguirà per tutta la vita.
La sua attività da cantautore, ad ogni modo, continua. E se i suoi brani vengono ristampati e reinterpretati da almeno due generazioni di musiciste e musicisti, la discografia a suo nome si completa solo in epoca cd, con Per fortuna c’è il Cavaliere (2005), in cui la sua satira si aggiorna per l’era berlusconiana. Più recente (2021) è invece la pubblicazione di una selezione di sue versioni brassensiane (Fausto Amodei canta Georges Brassens) e Il partito,(2023) ambiziosa opera per sei strumenti e quattro voci, scritta nel 1976 e rimessa su per il centenario del PCI da Giovanna Marini.
Ho scelto 10 canzoni dal suo repertorio, 10 canzoni per scoprire o riscoprire uno dei più originali autori italiani di canzoni.
“Per i morti di Reggio Emilia”, 1960
Non si può non cominciare da qui: scritta da Amodei durante il servizio militare come risposta all’uccisione da parte delle forze dell’ordine di cinque militanti durante una manifestazione a Reggio Emilia, “Per i morti di Reggio Emilia” è una delle canzoni di piazza più cantate in Italia per tutta la seconda parte del Novecento, e in parte ancora oggi. I nomi dei morti – Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri e Afro Tondelli – risuonano come eroi di un’epica antica.
“Il ratto della chitarra”, 1960
Tra le canzoni-manifesto del Cantacronache, “Il ratto della chitarra” attacca con ironia chi si vende al potere cantando, nella surreale storia di una chitarra rapita e costretta “a cantar sui marciapiedi le canzoni di Sanremo”.
“Ero un consumatore”, 1960
Il boom economico raccontato dal Cantacronache sembra riassumere in sé molti dei mali di oggi, dalle case costruite al risparmio ai cibi adulterati. Una satira politica, irresistibile e spietata, in pieno stile Amodei.
“La badoglieide”, 1963
Ad Amodei si deve anche la diffusione di uno dei più celebri canti della Resistenza, la satira su Pietro Badoglio (già segretario di Stato durante il Fascismo e nominato capo del governo da Vittorio Emanuele III nel 1943, dopo la caduta di Mussolini) scritta da Nuto Revelli nel 1944. Amodei la registra per la prima volta nel 1963 per Canti della Resistenza italiana 2, insieme a Michele Straniero.
“Il tarlo”, 1963
Amodei si specializza quasi subito in quelle che chiama “canzoni didascaliche”, in cui si cimenta nella spiegazione di complessi concetti politici in forma di canzone. “Il tarlo”, pubblicata per la prima volta nel 1963, spiega il meccanismo del plusvalore in chiave marxista, attraverso la parabola di un “tarlo di discendenza nobile, che cominciò a mangiare un vecchio mobile”.
“La marcia della pace”, 1964
Incisa da Maria Monti nell’EP Le canzoni del no, questo brano su musica di Amodei e testo di Franco Fortini causò il sequestro del disco per i suoi contenuti antimilitaristi.
“Ninna nanna del Capitale”, 1965
Dall’EP Canzoni didascaliche pubblicato dai Dischi del Sole, una malinconica ninna nanna che invita a riposare, perché tanto “come mamma solerte amorosa, c'è il Capitale che veglia su noi”
“La fanfaneide”, 1972
Riprenendo la “Badoglieide”, Amodei dedica all’odiato leader democristiano Amintore Fanfani questa “Fanfaneide”, inclusa nell’album Se non li conoscete.
“I quattro cavalieri dell'Apocalisse”, 1974
Quasi un quarto d’ora di torrenziali citazioni musicali e giochi di parole: i “quattro cavalieri dell’Apocalisse” sono “il democristiano, il clericale, il fantasma e il fascista”. Siamo nel 1974, anno del referendum abrogativo sul divorzio.
"Ah, che salòpa ch’at ses tì!", 2021
Tra le moltissime versioni di Brassens firmate da Amodei, ne scelgo una in piemontese, traduzione di “Ah, putain de toi”.