Come ascoltavamo

Walkman, cassette, vinile... Nel 1985 il come si ascolta sembra più importante del cosa

AC

17 settembre 2025 • 3 minuti di lettura

Il Walkman Sony
Il Walkman Sony

Per onorare la ricorrenza dei 40 anni del giornale della musica sono salito a bordo della macchina del tempo, ho schiacciato il pulsante e sono sbarcato nel 1985.

Che cosa percepisco, visitando il reame della musica? Anzitutto l’umore dolciastro dei buoni sentimenti: con il marchio USA For Africa è appena uscito “We Are the World”, mentre fervono i preparativi del Live Aid, annunciato per inizio estate sull’asse transoceanico Londra/Filadelfia. Al netto dei grandi eventi e delle breaking news (gli Wham! diventano il primo gruppo pop “occidentale” a esibirsi in Cina e Michael Jackson acquisisce per 47 milioni di dollari il repertorio dei Beatles), la sensazione è di trovarsi dentro un’epoca di transizione.

Siamo distanti quasi un decennio dallo scossone inflitto dal punk al mainstream e frattanto anche il relativo “post” sta esaurendo la sua spinta propulsiva: si moltiplicano perciò gli indizi di un imminente cedimento dell’egemonia esercitata dal rock su costume e consumi giovanili nell’arco di un trentennio. A insidiarla sono fenomeni ancora in incubazione: l’hip hop in fase embrionale nei boroughs di New York, la techno di Detroit e l’house di Chicago, destinate ad animare nel 1987 la seconda “Summer of Love”, e mettiamoci pure la “world music”, in procinto di essere creata a tavolino da un pool di discografici per approfittare del varco aperto da Bob Marley, prima star planetaria del Sud Globale, che allora si usava chiamare Terzo Mondo.

E in Italia? Guardiamo a Sanremo: il festival incorona “Se m’innamoro” dei Ricchi e Poveri e il Club Tenco sceglie Paolo Conte, premiando “Sotto le stelle del jazz” e l’album senza titolo in cui la canzone è inclusa.

Più interessante, ma forse anche utile, del rievocare “cosa” si ascoltava in quel periodo è badare al “come”. La novità sta in televisione: Mtv in piena ascesa, quando da noi è nata da poco Videomusic. Un’overdose di videoclip, fra arte multimediale e “Carosello” postmoderno. Grazie alla portabilità resiste la radio, in particolare su scala nostrana con il boom delle emittenti “libere”, o private che dir si voglia (Deejay compie tre anni, ad esempio).

E a proposito di suoni in movimento: spopola il Walkman, alimentato a cassette, talvolta compilation autoprodotte in ambiente domestico. I dischi sono ancora in vinile, ma cominciano a diffondersi i cd, che finiranno poi per soppiantarli durante il decennio seguente. Alla luce di queste annotazioni, rese pressoché anacronistiche dalla successiva e vertiginosa accelerazione tecnologica, fa sorridere il bizzarro contrappasso attuale: dal 2023 il vinile – inopinatamente risorto – ha sopravanzato in termini di vendite il cd e addirittura sono ricomparse le audiocassette. Probabile sia una reazione immunitaria all’impalpabile pervasività del digitale, che ha reso la musica “liquida”: la si ascolta ovunque attraverso i dispositivi, in genere in streaming (ho letto da qualche parte che in media vengono caricati sulle varie piattaforme centomila brani al giorno, una frazione dei quali – immagino – generati dall’Intelligenza Artificiale). 

Tutto ciò ha spostato l’accento dal significato al significante: sul contenuto prevale la forma, oggigiorno molto più “sintetica” di 40 anni fa, tra campionamenti e Auto-Tune.

Detto questo, è davvero ozioso domandarsi se sia meglio o peggio: va constatato il ribaltamento di scenario, cercando semmai di interpretarne il senso, ammesso e non concesso ve ne sia uno. Del resto, leggete adesso questo testo sul web gratuitamente, mentre a quei tempi i giornali erano di carta e acquistarli aveva un prezzo ;-)

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