Wozzeck con punti interrogativi

Recensione
classica
Neue Oper Wien
Alban Berg
06 Gennaio 2002
Nonostante la sua modernità, l'opera di Berg è da lungo tempo entrata a far parte del repertorio delle maggiori istituzioni operistiche del mondo. Di conseguenza, mi chiedo quale necessità abbia spinto Rea a intraprendere un processo di ri-orchestrazione della partitura. Questa domanda, lo ammetto, mi ha perseguitato durante tutta la rappresentazione e ancora non ha trovato risposte. Nel programma di sala, infatti, di tutto ciò vengono spiegati il quando, il chi, il come, ma non il perché. Se Rea ha "riproposto" in veste cameristica l'orchestrazione di Berg, perché l'ensemble strumentale ha approcciato la partitura in senso orchestrale, conducendo così necessariamente a una disomogeneità delle masse sonore tra parte strumentale e vocale? Perché, a questo punto, non calarsi totalmente in una lettura strutturalistica della composizione, esaltando la timbrica delle singole sezioni e aspirando ad un'esecuzione la più nitida possibile della dimensione orizzontale della partitura? All'orecchio sia la "riduzione" che la sua "interpretazione" ci sono sembrati abbastanza piatti! Anche il cast dei cantanti non sembra completamente all'altezza: il testo spesso è incomprensibile e la resa vocale poco espressiva. Le figure femminili, poi, non hanno la drammaticità e la naturalezza vocale necessaria a non far scadere la rappresentazione, a tratti, in un clima operettistico. Cos'è, allora, che tiene in piedi tutta la rappresentazione? Alcuni elementi della regia, complessa e articolata, sono molto interessanti e audaci. Gli intenti dell'allestimento scenico si muovono su due versanti paralleli. Da una parte, la ricerca di allusioni; dall'altra una resa ricca di effetti scenici. Il realismo e il naturalismo vengono aboliti; a sostituirli nette tipologie e situazioni paradigmatiche: gli aspetti della vicenda vengono esaltati e non temperati. La sessualità è sesso; la violenza è gratuita; la medicina è quasi vivisezione! I personaggi si dividono in due classi, in due mondi, chiaramente distinguibili in base ai loro abiti: alcuni in tuta da ginnastica (i poveri, le vittime, i perdenti, coloro privi di una funzione "sociale": quasi una visione moderna del Lumpenproletariat che gli altri vogliono solamente sfruttare in maniera disumana); i restanti portano l'abito della loro funzione, ma in sintesi, o sono esponenti del mondo militare o di quello religioso. Solo Maria fà eccezione, e si sveste della tuta a seconda della situazione (un abito da sera rosso per le scene con il tamburmaggiore; uno nero per flagellarsi con una corona di spine in testa nella scena del suo pentimento e per andare a morire). Le metafore sono chiare: i soldati dopo aver pestato Wozzeck si compiacciono con un reciproco saluto romano; le donne sono vittime di questo mondo, ma anche loro ci si trovano a loro agio sfruttandone i vantaggi: e in cambio si comportano con una certa volgarità, che sembra non dispiacere ai militari e ai preti in scena, che si gustano le danze, lascive e provocanti, delle figure femminili. I cantanti sono tutti ottimi attori e assecondano in maniera perfetta i desideri della regia, una regia cosiddetta d'autore che prende a prestito il dramma di Büchner/Berg per esprimere propri messaggi e contenuti. Nekovar, il regista e vero protagonista della serata, si chiede di chi sia la colpa? Non solamente la colpa (le cause) dell'esplosione della vicenda wozzeckiana, ma soprattutto quella "originaria?" di secoli di storia brutale e sanguinaria. Quale il ruolo del potere, le sue responsabilità? Una domanda che alla fine rimane aperta, e la risposta a nostra discrezione: poiché tutti i personaggi chiarite le cause del delitto alla fine dell'opera compiangono ipocritamente - la morte di Wozzeck (un brav'uomo!) e si apprestano a vivere in maniera invariata le proprie responsabilità e la propria esistenza. La regia, interessante e stimolante, va lodata soprattutto per il suo coraggio, poiché ha spesso tirato in causa elementi più o meno recenti della storia austriaca, evidenziando come questa società ancora non abbia fatto i conti con la sua storia e non abbia saputo elaborare e riflettere su elementi del passato, che però così lontani non sono.

Note: Prima esecuzione austriaca dell'opera nell'orchestrazione di Rea.

Interpreti: Rupert Bergmann, Walter Raffeiner, Noriyuki Sawabu, Camillo dell'Antonio, Alfred Werner, Michael Wagner, Marco di Sapia, Alexander Kaimbacher, Ingrid Habermann, Ulrike Dorner, Dritan Luca, Ester Font-Bardolet

Regia: Anton Nekovar

Scene: Susanne Thomasberger

Costumi: Susanne Thomasberger

Orchestra: Ensemble "die Reihe"

Direttore: Walter Kobéra

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