Versailles: Marc-Antoine Charpentier secondo William Christie

In forma semiscenica le opere Les Arts florissants e La descente d'Orphée aux Enfers Con l’ensemble Les Arts florissants e i cantanti dell'Accademia Jardin des Voix

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11 novembre 2025 • 4 minuti di lettura

La descente d'Orphée aux Enfers (Foto Les Arts Florissants)
La descente d'Orphée aux Enfers (Foto Les Arts Florissants)

Opéra royal de Versailles

Les Arts florissants e La descente d'Orphée aux Enfers

09/11/2025 - 09/11/2025

Sonorità antiche eppure vivide e fresche come i giovani che le riportano in vita sotto la guida di un uomo che ormai è un mito. Per terminare l’intensa stagione anniversario dei suoi 80 anni, William Christie ha scelto di presentare in forma semiscenica due lavori di Marc-Antoine Charpentier: l’opera Les Arts florissants, un “idillio in musica” come l’ha definita lo stesso compositore, che ha dato il nome nel 1979 all’ensemble di Christie, e un’altra breve composizione, La Descente d’Orphée aux Enfers, restata incompiuta. Una scelta simbolica, un ritorno quindi alle origini, per un’esistenza dedicata, lui statunitense di Buffalo, a ridare vita al patrimonio musicale barocco meno conosciuto di quella che è diventata la sua patria d’adozione, la Francia appunto. Ma un’esistenza quella di Christie negli ultimi tempi dedicata sempre più anche a coltivare nuovi talenti vocali specialisti nell’opera barocca. L’unione dei tali sue due grandi passioni ha dato vita lo scorso settembre ad una nuova produzione che, da ultimo, dopo avere conquistato la Salle des concerts de Cité de la musique a Parigi, ha fatto tappa a Versailles. Qui lo splendore barocco dell’Opéra Royal è stata una cornice che ha reso ancora più prezioso l’appuntamento che ha ridato vita ancora una volta a composizioni che sono state presto, purtroppo, messe da parte con l’ascesa del grande Lully. Christie entra in palcoscenico a braccetto del soprano che impersona la Musica e che lo accompagna al clavicembalo, il fisico alto e asciutto, tutto in nero con le immancabili calzette rosse che ormai sono un suo tratto distintivo, il sorriso dolce di un ragazzino gentile di ottant’anni che si appresta al suo gioco preferito. I suoi ragazzi sono sul palcoscenico accanto a lui, i musicisti de Les Arts Florissants sul fondo, davanti i cantanti selezionati al Jardin des Voix, l’altra creatura di Christie, l’accademia voluta per formare giovani voci barocche. Qui si esibiscono i solisti laureati delle dodicesima edizione del programma e innanzitutto colpisce la bellezza delle loro voci, di tutte, nessuna esclusa, la ricchezza e diversità dei loro timbri, una selezione davvero notevole. L’allestimento in forma semiscenica è stato affidato a Marie Lambert-Le Bihan e Stéphane Facco, con le coreografie di Martin Chaix che coinvolgono anche i cantanti, ed è minimale e moderno, solo un tavolo coperto da lenzuoli candidi per la prima opera, un po’ più di artifici necessariamente per illustrare il viaggio di Orfeo all’Inferno. Quest’ultimo è, com’era prevedibile, il lavoro più accattivante perché dalla musica più narrativa ed espressiva e, di consequenza regia e visuali più vari. Il primo lavoro, Les Arts Florissants, è un'allegoria in cinque scene in cui quattro Arti – la Musica (il soprano Camille Chopin, che poi sarà Euridice ), la Pittura (il tenore Richard Pittsinger, poi Issione), la Poesia (il soprano Sarah Fleiss che poi sarà anche Proserpina) e l’Architettura (il bravo contralto canadese-statunitense Sydney Frodsham, poi ninfa Aretusa) - chiamano in aiuto la Pace (il soprano Josipa Bilić, poi la ninfa Dafne), contro il dilagare della Discordia (il baritono Olivier Bergeron, poi Apollo). Si fa notare, in particolare, la voce di un Guerriero, il basso colombiano Kevin Arboleda-Oquendo, che poi sarà notevole anche come Plutone. Un lavoro nato per celebrare Luigi XIV, presentato come garante dell'Armonia e della Pace, protettore delle Arti e baluardo contro il Caos, che ancora oggi ci avverte alla fine però che niente è mai conquistato per sempre, la pace è sempre fragile, il guerriero è solo addormentato. L’allestimento è decisamente contemporaneo, ad entrare in scena per primo un uomo con le cuffiette, e poi tutti i cantanti indossano begli abiti dalle fogge moderne. Se la comprensione di quello che sta succedendo in scena non è chiarissima, la partitura è eseguita con grande nettezza e regala vivaci movimenti bellicosi, di furia e di caos, come nella seconda scena “le bruit effroyable” (il rumore terrificante), ma espressi sempre con cura e grazia, contrapposti a passaggi delicati e preziosi, come il minuetto per viole e flauti nella quarta scena in cui è protagonista la Pace. Molto ben riusciti gli interventi corali, con il finale d’insieme strappa gli applausi. La messa in scena è più interessante nella seconda parte, con un bel gioco di luci rosse, di fumi non eccessivi, il vecchio ma sempre efficace sistema delle corde agitate per simulare i flutti, i cantanti che indossano all’Inferno maglie più scure e un trucco più pesante, significativi guanti rossi, ed il gioco è ben riuscito con poco. Musicalmente, in una partitura nettamente più vivace, con più inventiva creativa da parte di Charpentier, si fanno notare gli interventi all’organo di William Christie che conferiscono un’inaspettata aurea quasi di sacralità al dramma, comunque sempre gioioso, mentre dal punto di vista vocale emerge l’ottima prestazione del tenore Bastien Rimondi come Orfeo, voce dal bel timbro chiaro e duttile all’espressività dei sentimenti, alla fine chiaramente complimentato in scena dallo stesso Christie. Completano il cast di La descente d'Orphée aux Enfers il soprano Tanaquil Ollivier (Enone) e Attila Varga-Tóth (Tantalo ). Ma meritano la citazione anche i quattro bravi ballerini (Tom Godefroid, Claire Graham, Noémie Larcheveque e Andrea Scarfi) ben integrati in entrambe le opere e che anzi apportano un elemento di grazia in più all’insieme.