Ventisei anni dopo

Il festoso ritorno di Abbado alla Scala

Recensione
classica
Teatro alla Scala Milano
30 Ottobre 2012
Dopo innumerevoli annunci, dopo tanti tira e molla e rinvii, il ritorno alla Scala di Claudio Abbado è cosa fatta. L'occasione è stata il compleanno dell'amico Daniel Barenboim, che ieri sera ha vestito i panni del solista, mentre su precisa richiesta del direttore la Filarmonica è stata innervata dalla sua Orchestra Mozart di Bologna. In sala c'era aria di festa ancor prima che i due maestri apparissero sul palco e l'attesa non è andata delusa, lunghi applausi di saluto e una standing ovation. I legami affettivi fra i due non hanno però favorito l'equilibrio dell'esecuzione del Primo concerto di Chopin. L'orchestra di Abbado era impostata sulla leggerezza, la trasparenza quasi eterea, con anche alcune misteriose cupezze alla Weber. Mentre, dopo i primi quattro minuti "sinfonici", è entrato virulento il pianoforte di Barenboim. Con poca delicatezza anche nel secondo movimento, ma con una insistita carica vitalistica e percussiva che mal si accompagnava con la lettura direttoriale. Comunque grande entusiasmo di pubblico alla fine, col pianista e il direttore che si tenevano per mano come scolaretti. A una insistita richiesta di bis, Barenboim ha spiegato che volentieri ne avrebbe concessi tre o quattro, ma quella era la festa dell'amico Claudio. E se proprio qualcuno avesse voluto un bis, consigliava di chiederlo all'orchestra dopo l'ora e mezza di Mahler. Battuta raccolta con risate in sala. Tutt'altro esito per la seconda parte del concerto con la Sesta di Mahler. Sono stati tolti i pannelli di fondo della scatola sonora e sostituiti con un fondale del "Don Giovanni" firmato da Carsen (un ligneo sipario di velluto rosso) per far posto all'organico gigantesco. Abbado ha fatto il miracolo perché le due orchestre sono risultate perfettamente amalgamate in una, di grande agilità e chiarezza sonora. Come sempre, fin dal 2004 a Berlino, il maestro ha spostato al secondo tempo l'Andante ed è riuscito a calibrare possanza e trasparenza, passaggi al limite dell'udibile e pienezza sonora. Rivedere il suo gesto nella sala del Piermarini (sia detto senza retorica) è stata una grande gioia. Doppia perché l'esecuzione è filata via liscia con assoluto controllo. Dopo parecchi secondi di silenzio, un quarto d'ora di applausi con una seconda standing ovation, lanci di fiori e battiti di piedi. E molti sguardi di complice intesa fra il pubblico.

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