Uri Syndrome

Uri Caine, il jazzista newyorchese che ha già trascritto Mahler, Bach, Schumann, Beethoven e Wagner, alla Biennale Musica sfida il melodramma di Verdi, e ripensa Otello smontando una drammaturgia musicale perfetta e rimontando un work in progress in cui c'è ancora molto da organizzare.

Recensione
classica
Biennale Musica Venezia
Uri Caine
12 Settembre 2003
Questa è la Biennale Musica diretta da Uri Caine, dal 12 al 21 settembre 2003. Si disloca nei deserti, metafisici, stupendi scenari semi-segreti dell'Arsenale di Venezia, parzialmente dischiuso dai suoi padroni di casa: la Marina Militare, i Carabinieri, la Guardia Costiera. Biennale Arte e Biennale Musica portano il loro pubblico di pochi resistenti cultori del contemporaneo al Teatro Piccolo Arsenale, al Teatro alle Tese, sotto capriate di legno odoroso di pece, in spazi suggestivi ma acusticamente imperfetti. La Biennale Musica, ben organizzata, seria, internazionale, raduna gli orfani del contemporaneo "accademico" e i (pochi anche quelli) seguaci del contemporaneo "open minded", ovvero americano, e affidandosi a Uri Caine si affida nell'ordine: all'America, a New York, alla New York del nuovo jazz, alla New York ebraica.L' "Othello Syndrome", ovvero, il nuovo capitolo di riscrittura-.arrangiamento del gagliardo pianista Caine, azzanna Verdi, l' "Otello", dopo aver morso e rimasticato Mahler, Bach, Schumann, Beethoven ("Variazioni Diabelli"), Wagner. Quando Caine si tuffava nel magma cascante e grandioso di Mahler era perfetto: rifaceva magma grandioso, ilaro-tragico, un secolo dopo. In altre occasioni, vigeva il suo talento di entertainer, di musicista capace di infinito diletto musicale, idea seguente a idea cui seguiva idea, senza genio architettonico di vero compositore. Vedendo "Othello Syndrome", work in progress creato in poco tempo e con pochi soldi per Venezia (e poi per REC di Reggio Emilia e "Verdi" di Trieste), non crediamo a un teatro musicale di Uri Caine, che dichiara che "Verdi è pieno di swing". Sadiq Bey e Julie Patton, poeti orali, voci recitanti e improvvisatori totali (non c'era straccio di copione!) hanno scritto parole molto interessanti, hanno ingaggiato un diverbio intimista accanito, che poteva farci immaginare che magari Jago e Desdemona, più che Desdemona e Cassio... mah... Bunny Sigler, enorme e black come Barry White, faceva il Domingo gospel, Dhafer Youssef al liuto amplificato, lanciava con la sua sublime voce di muezzin (l'orgoglio musulmano dissepolto dal mar?) lame di sofferenza quasi flamenco (arabo-andalusa, allora). Molto drammatico il live electronics di Stefano Bassanese. Uri Caine ha detto che si tratta di indagare i conflitti razziali a New York ,oggi, ma per due terzi della sindrome si era tentati di diagnosticare una malattia molto grave, da stroncare chirurgicamente d'urgenza: Parodia Melodrammatica.

Note: produzione La Biennale di Venezia in collaborazione con Fondazione Teatro Lirico di Trieste "Giuseppe Verdi", Teatro Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia, Conservatorio di Cuneo in collaborazione con FBT Elettronica

Interpreti: Bunny Sigler (voce), Sadiq Bey, Julie Patton (voci recitanti), Uri Caine (pianoforte) Tim Lefebvre (basso), Chris Speed (clarinetto), Ralph Alessi (tromba), Joyce Hammann (violino), Dhafer Youssef (oud), Zach Danziger (percussioni), Stefano Bassanese (live electronics)

Orchestra: Uri Caine Ensemble

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