Una Salome in salita

Un tipico spettacolo dell'Opera di Roma, con tutti i segni d'una programmazione artistica affannosa, incerta e incoerente. Perché mai l'opera è preceduta da un prologo in prosa? Il direttore è cambiato quasi all'ultimo istante. Tutto sembra compromesso. Ma alla fine in qualche modo l'impegno degli artisti riesce a salvare la situzaione, per quel che è possibile.

Recensione
classica
Teatro dell'Opera Roma
Richard Strauss
16 Gennaio 2007
Si inizia con un prologo in prosa totalmente superfluo, perché non si tratta che d'un riassunto per estratti del testo di Oscar Wilde, poi integralmente riascoltato con la musica di Strauss. E non si inizia bene nemmeno con la musica: Narraboth e Paggio sono quasi afoni (colpa del nervosismo della prima?) e l'orchestra è flebile (per non soverchiarli?) e soprattutto grezza (dipenderà dal fatto che Neuhold è arrivato da pochissimi giorni a sostituire Lombard, rinunciatario "per motivi di salute"?). Comunque, non ci siamo proprio. Ma quando si è ormai rassegnati a una Salome da dimenticare, le cose cominciano a raddrizzarsi e alla fine si raggiunge almeno un livello d'onesta routine (alcuni troveranno che è una contraddizione in termini) e per certi aspetti anche qualcosa di più. Neuhold ha evidentemente dedicato il suo poco tempo alle pagine di maggior soddisfazione per lui e per l'orchestra: la morte di Narraboth, il grande interludio tra prima e seconda parte, la danza dei sette veli e tutto il finale sono diretti bene e suonati benissimo. Francesca Patané era a tratti inaudibile nelle piccole frasi spezzate e angolose delle prime scene, ma in tutta la seconda parte può tirar fuori voce e temperamento, disegnando una Salome che da fanciulla capricciosa si trasforma gradualmente in mostro perverso. Anooshah Golesorkhi è un magnifico Jochanaan. Reiner Goldberg è eccellente e fa esplodere l'isteria e le smanie sessuali di Herodes senza renderlo caricaturale. Allestimento scenico tradizionale. Albertazzi conosce bene il testo di Wilde, e lo si capisce, ma non è abituato a lavorare con i cantanti, e lo si vede. Per una volta la Danza dei sette veli (coreografia di Gabriella Borni) è più sensuale che ridicola e la fisicità della Patané fa il resto. Ma trasformare la testa mozza di Jochanaan in una scultura gessosa annacqua la perversione della scena finale.

Note: Nuovo allestimento in lingua originale con sovratitoli in italiano. L'opera verrà preceduta da un prologo in prosa, con drammaturgia di Giorgio Albertazzi, recitato da GIorgio e Maruska Albertazzi, Sergio Romano e Anita Bartolucci

Interpreti: Francesca Patané/Morenike Fadayomi (Salome), Anooshah Golesorkhi (Jochanaan). Reiner Goldberg (Erode), Graciela Araya (Erodiade), Matio Zefferi (Narraboth), Monica Minarelli (Paggio)

Regia: Giorgio Albertazzi

Scene: Lorenzo Fonda

Costumi: Elena Mannini

Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma

Direttore: Gunther Neuhold

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