Una festa per Lenny a Roma

West Side Story di Bernstein all’Accademia di Santa Cecilia, in ricordo del Presidente onorario dell’orchestra

West Side Story di Bernstein all’Accademia di Santa Cecilia in ricordo del Presidente Onorario dell’orchestra
Recensione
classica
Roma, Auditorium Parco della Musica
West Side Story
12 Ottobre 2018 - 14 Ottobre 2018

La storia d’amore tra Leonard Bernstein e l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia ha avuto due fasi: la prima va dal 1948 – quando l’ancora semisconosciuto direttore americano debuttò a Roma – al 1953. La seconda iniziò nel 1981 e fu interrotta solo dalla morte. In questo secondo periodo Bernstein fu nominato Presidente onorario dell’orchestra (e del coro) e realizzò anche le incisioni della Bohème e di musiche di Debussy. Inoltre le sue composizioni – con lui sul podio o senza – hanno sempre avuto spazio nei concerti dell’Accademia, anche quando non venivano nemmeno prese in considerazione dalla critica più seriosa e impegnata. Per l’Accademia la celebrazione del centenario della sua nascita non è stata quindi il disbrigo di una formalità ma è venuta veramente dal cuore.

Il caso vuole che l’attuale direttore musicale dell’orchestra romana sia anch’egli americano, perché Antonio Pappano è nato in Gran Bretagna da genitori italiani ma è cresciuto e ha studiato negli Usa. E per quanto Lenny sia inimitabile, Tony gli assomiglia un po’ nel suo approccio alla musica. Quindi non ci si è certamente sorpresi del fatto che dalla sua bacchetta West Side Story sgorgasse traboccante di vita, di calore, di energia, di passione, di entusiasmo, di colori, di ritmi, di melodie. E questo nonostante l’assenza della parte scenica fosse una perdita non del tutto ammortizzabile per una musica così teatrale, di cui le coreografie di Jerome Robbins costituivano un complemento fondamentale. Tuttavia qualche elemento scenico sussisteva, perché i solisti non hanno potuto trattenersi dal mimare l’azione. Inoltre il coro era diviso in gruppi separati e differenziati dai vestiti diversi, come se fossero membri delle diverse gang che si fronteggiano. E anche le donne dell’orchestra – non però gli uomini: perché? – indossavano vestiti dai colori sgargianti invece dell’abito nero di rigore. Pappano stesso si è trasformato in attore, pronunciando le poche parole del poliziotto e indossando il relativo cappello d’ordinanza. Non era molto, ma bastava a dare un tono meno ingessato a questa inaugurazione della stagione dell’Accademia.

Antonio Pappano

Se l’aspetto teatrale era sacrificato, si è potuta però ascoltare la musica nelle condizioni migliori. Ottime le prove dell’orchestra, del coro (preparato da Ciro Visco) e di tutto il cast. Un solo appunto: Bernstein affermava: «Penso che abbiamo fatto bene a non prendere “cantanti”: qualsiasi cosa professionale avrebbe inevitabilmente avuto un timbro troppo esperto e allora la “gioventù se ne sarebbe andata». Nadine Sierra è invece una star dell’opera e prestava a Maria una voce celestiale ma un po’ artificiosa. Al contrario Alek Shrader e Mark Stone, che pure sono due cantanti mozartiani, interpretavano Tony e Riff con voce naturale e spontanea. Molto brave Tia Architto e Aigul Akhmetshina nelle vesti di Anita e Rosalia, due ragazze portoricane. La lista dei cantanti è piuttosto lunga e quindi concludiamo con il classico “bene gli altri”, ma meritano che almeno li si nomini: Kris Belligh, Francesca Calò, Andrea D’Amelio, Andrea Giovannini e Marta Vulpi.   

West Side Story di Bernstein all’Accademia di Santa Cecilia in ricordo del Presidente Onorario dell’orchestra

Per eventuali filologi precisiamo che è stata eseguita la versione da concerto in due atti della San Francisco Symphony Orchestra e che le parti parlate sono state giustamente ridotte al minimo (e sostituite da riassunti proiettati come sopratitoli) perché in una versione da concerto non hanno molto senso.

Come è facile immaginare, la sala era strapiena, l’esito è stato molto festoso e gli applausi calorosissimi.

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