Una farsa per un cappello

Al San Carlo di Napoli Il Cappello di paglia di Firenze di Rota

Il cappello di paglia di Firenze
Il cappello di paglia di Firenze
Recensione
classica
Teatro San Carlo, Napoli
Il cappello di paglia di Firenze
10 Maggio 2018 - 13 Maggio 2018

Nino Rota, divertente e virtuoso. Che, nel 1955, ricrea la farsa come non lo si faceva più. La regista Elena Barbalich osa al teatro San Carlo di Napoli in un Il Cappello di paglia di Firenze di Rota, come se fosse interpretato e reinterpretato da anni, ma con giovani cantanti, mettendo se stessa e noi alla ricerca di un oggetto, un cappello introvabile ma essenziale, mantenendo fino alla fine la leggerezza e la letizia di una commedia musicale. Lo spettacolo, un allestimento della Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari, appare subito costruito dall'interno, con genio e passione. Tutti i cantanti ed il coro, i numerosi invitati alla festa, figurano sempre in scena - in crescita a vista, alternativamente sugli stessi passi. Non si mette solo in scena, si crea un mondo attorno ad un cappello: parigino, di contrasti sociali, gelosie e debolezze umane. Il cappello di paglia perduto cade in un vortice di ricerca: si apre un "cerchio" e tutta l'azione si svolge lì, dall'atelier delle modiste al palazzo della baronessa di Champigny, alla casa del geloso Beaupertuis, deponendo ogni convenzione di tenerezza amorosa. Tutte le combinazioni burlesche di coppia, vedi l'esilarante giuramento di fedeltà dei due sposi durante tutta l'opera, affiorano in un domino in crescendo di cinismo, in paradossali equivoci e scambi di persona.

Il primo finale è di musicale esattezza, il tutto illustrato con tanta ritmica e dinamismo su convenzioni dell'opera buffa italiana. Bravi ballerini, pattinatori e mimi della compagnia Körper e coro diretto da Marco Faelli. Il cappello, uno nuovo, compare in scena nella farsa, ce lo troviamo di colpo all'ultimo atto, era sempre stato lì nel rifugio dei due amanti, ed è l'uscita dal "cerchio". Mentre il marito di Anaide, un ottimo Bruno de Simone, ritrova la moglie, Fadinard e Elena sono finalmente insieme. Cantati con bravura da Pietro Adaìni e Zuzana Markòva. In alternanza appaiati a Emilio tenente, Dario Giorgelè, Anaide, Anna Maria Sarra. Importanti Nonancourt, Gianluca Buratto e la baronessa di Champigny, Anna Malavasi. Un filo sotto il trio Lo zio Vézinet, Marco Miglietta Felice, Roberto Covatta e Achille di Rosalba, Massimiliano Chiarolla. Autorevole una modista, Daniela Mazzucato. Di impatto le scene e i costumi in stile di Tommaso Lagattolla, reggevano tutta l'ambientazione sobria ed efficace insieme alle luci di Marco Giusti. Anche musicalmente questo cappello di paglia suona bene: Valerio Galli batte il tempo e l'orchestra non è mai di sottofondo, suona con personalità. Peccato per il vuoto alla prima, non qualche posto vuoto, ma interi palchi sul lato sinistro. Anche in platea tante poltrone libere. Non succedeva da tempo. 

 

 


 






 

 

 

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