Una cornice per Romeo e Giulietta

Successo a Jesi per I Capuleti e i Montecchi

 I Capuleti e i Montecchi
I Capuleti e i Montecchi
Recensione
classica
Teatro Pergolesi di Jesi 
I Capuleti e i Montecchi
04 Novembre 2022 - 06 Novembre 2022

Continua la programmazione della Cinquantacinquesima Stagione Lirica di Tradizione del Teatro Pergolesi di Jesi curata dalla Fondazione Pergolesi Spontini, con I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini, titolo rappresentato a Jesi, nell’antico teatro “Concordia”, solo una volta quasi due secoli fa,  nell’ agosto del 1834. Allestimento nuovo e molto bello sotto vari punti di vista,  per questa opera in qualche modo legata alla cultura musicale marchigiana, perché commissionata a Bellini da Alessandro Lanari, importante impresario nativo di San Marcello, paesino sulle colline di Jesi. Anche il  libretto di Felice Romani ha legami con queste terre, perché nasce da un rimaneggiamento  di quello  già scritto per Romeo e Giulietta di Nicola Vaccaj, altro marchigiano illustre, che compose l’opera cinque anni prima  rispetto a quella belliniana e che affidò il ruolo di Romeo ad una voce di contralto. E’ molto probabile che Bellini avesse in mente l’opera del più anziano collega quando scrisse la propria, senza immaginare che il duetto finale sarebbe stato a lungo sostituito, in una tradizione interpretativa che si fa risalire alla Malibran, proprio dal finale dell’opera di Vaccaj.

Allestimento molto bello si diceva, in una nuova produzione in collaborazione con  Teatro Sociale di Rovigo, Teatro Comunale “Mario Del Monaco” di Treviso e Teatro Comunale “G. Verdi” di Padova, che ha impegnato un cast vocale eccellente, molto apprezzato anche dal pubblico,   con il soprano Francesca Pia Vitale nel ruolo di Giulietta,  il tenore Davide Tuscano in quello di Tebaldo (giovanissimi entrambi e vincitori del XLX Concorso Internazionale per cantanti “Toti Dal Monte”);   il mezzosoprano Paola Gardina ad interpretare Romeo, il basso-baritono William Corrò in Lorenzo e  il basso Abramo Rosalen in Capellio.

La tenera e tragica storia d’amore dei due protagonisti, poco più che adolescenti, è stata interpretata in modo molto sentito dalla Vitale e dalla Gardina: alla splendida duttilità vocale, capace di un controllo assoluto dell’emissione nei pianissimi e nei filati, Francesca Pia Vitale ha unito una intensa interpretazione della fragile figura di Giulietta,  divisa tra amore, timori  e affetto per il padre; Paola Gardina ugualmente  ha reso  l’impeto, la passione amorosa e la  spavalderia adolescenziale di Romeo con grande padronanza del palcoscenico e della voce, sfoggiando una vocalità vibrante e  scura. Molto apprezzati anche Davide Tuscano, sia per la bella voce equilibrata in tutti i registri che per le capacità di recitazione; Rosalen, voce di grande estensione (nella sua carriera ruoli di basso profondo e basso baritono) che  ha ben interpretato la figura del padre rigido e anaffettivo, e Corrò, anche lui apprezzabile nella figura del confidente e medico di Giulietta.   Tiziano Severini ha diretto con perizia la FORM- Orchestra Filarmonica Marchigiana  e il coro Iris Ensemble di Padova, preparato da Marina Malavasi.

La regia dello spettacolo è stata affidata a Stefano Trespidi, che vanta una ventennale carriera di attività in vari teatri italiani e internazionali  e soprattutto a Verona, e che è stato a lungo collaboratore di Franco Zeffirelli. La storia d’amore tra Romeo e Giulietta, icona di tutti gli amori infelici, è stata messa in scena dentro una grande cornice che dominava il palcoscenico, una cornice non intera ma a metà, e spezzata alla base in modo sempre più evidente, simbolo della disperazione sempre più profonda dei protagonisti.  La scena, disegnata insieme ai costumi da Filippo Tonon, non prevedeva  nient’altro, ed era appena movimentata dai candelabri e lampadari del palazzo dei Capuleti. L’iconicità era anche propria del coro, che spesso si voleva fermo in pose fisse  e plastiche, valorizzate dalle luci di Bruno Ciulli. Un allestimento quindi molto lineare, senza orpelli inutili e ridondanti, che attraverso la cifra della sobrietà sottolineava lo spessore poetico  della vicenda e il languore  delle lunghe melodie belliniane.

 

 

 

 

 

 

 

 

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