Un Rota fiabesco e nostalgico a Martina Franca
Il raro Aladino e la lampada magica in un’ottima realizzazione per il Festival martinese.
19 agosto 2024 • 3 minuti di lettura

Martina Franca, Palazzo Ducale
Aladino e la lampada magica
27/07/2024 - 04/08/2024Tra le preziosit à dell’edizione 2024 del Festival della Valle d’Itria, la casella novecentesca è toccata a Aladino e la lampada magica di Nino Rota, compositore cui la kermesse ha dedicato una ricorrente attenzione. Il titolo è peraltro tra i meno eseguiti in Italia della produzione scenica di Rota, ultimamente oggetto di riproposte e riconsiderazioni: a chi scrive, appare che Aladino, dopo l’opus perfectum melodrammatico rappresentato da Il cappello di paglia di Firenze, e le parziali ma feconde sollecitazioni in direzione di una drammaturgia musicale modernista nei lavori musicoteatrali degli anni Cinquanta (echeggiate con prudenza nel loro linguaggio musicale), sia emblematico di un ripiegamento, e conseguentemente responsabile di un’etichetta d’inattualit à che ha finito con l’investire un po’ genericamente quella produzione. La scelta del soggetto può certo aver toccato corde profonde nella sensibilit à di Rota, sia per le attinenze magiche e iniziatiche del plot, sia per l’ampia possibilit à di imbastirvi musicalmente un cosmo di reminescenze, un ‘repertorio (in)volontario della memoria’, che è ormai uno dei tratti riconosciutigli entro una modernit à di pratiche calate nell’era della riproducibilit à tecnica e d eclinate con fine ironia. La partitura poi presenta la consueta perizia artigianale, con punte inventive nella magistrale quanto caleidoscopica orchestrazione e nel trattamento parattattico di elementi dell’armonia tonale: se un’estetica neo-classica mostra insieme il suo modello linguistico e il suo distanziarsene, però, su altri piani della sintassi armonica della tonalit à come dell’organizzazione fraseologica e metrico-ritmica Aladino… intriga assai meno d ei lavori sopra citati, inclinan d o verso la nostalgia più che l’ironia.
Merito comunque alla programmazione d el Festival l’aver propiziato la conoscenza d iretta d i una tale rarit à , e averne fornito una realizzazione d i tutto rispetto nei suoi interpreti collettivi e in d ivi d uali: compagnia d i canto assai soli d a, professionale pure nei non pochi ruoli solo apparentemente secon d ari, e d encomiabile in tutti ruoli principali, a partire d a quello d el titolo (Marco Ciaponi è stato unAladino sempre sicuro e vocalmente ben tornito anche nella pronuncia); una menzione speciale meritano Marco Filippo Romano, basso impegnato in d ue personaggi resi con una ben caratterizzata d ifferenziazione, e d Eleonora Filipponi, ottime d oti d a mezzosoprano sciorinate quale Ma d re d i Ala d ino. Orchestra e Coro d el Teatro Petruzzelli hanno fornito una esecuzione lusinghiera, per compattezza e nuances insieme, sotto la gui da attenta e padrona della partitura di Francesco Lanzillotta; lodevolmente inappuntabile il Coro di voci bianche della Fondazione Paolo Grassi, impiegato qui con funzioni sceniche non di secondo piano.
Intrigante simbolicamente il dispositivo scenico escogitato da Leila Fteita per la regista Rita Cosentino: un fond o costruito a forma d i esse, d isegnato col micro-mo d ulo d ella costa d i libri, ovvero una biblioteca infinita che nelle azioni-cornice iniziali alimenta la narrazione e la fascinazione fanciullesca per la fiaba, ricollegata circolarmente all’azione finale. Le finestre che vi si aprono e chiu d ono funzionano bene per segnare i salti spaziali d ella secon d a parte, ma si sente la mancanza d i una realizzazione più visuale d ella moltiplicazione d ei forzieri, uno d ei culmini spettacolari della vicenda.
Pubblico numeroso e assai plaudente alla fine, sebbene non tutti nel cortile del Palazzo Ducale abbiano resistito fino al termine della rappresentazione.