Un mondo migliore

Ad AngelicA il focus sulla Norvegia regala scoperte e conferme

Recensione
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Bologna. Angelica. Focus|Norge. Secondo appuntamento (di tre). Il concerto è articolato in tre set, e bisogna pazientare un’ora e mezza prima che salga sul palco Christian Wallumrød con il suo ensemble. Prima è il solito copione che prevede un’elettronica fatta di loops disarticolati e drones cupissimi che sentenzia la fine del mondo; agli umani annichiliti non resta che balbettare afasici suoni disarticolati. Volumi che crescono col passare dei minuti fino all’intollerabile, e anche questo è un cliché cui pare ci si debba uniformare.
Quando è il turno dell’ensemble del pianista norvegese si capisce subito che cambiano gli orizzonti. Niente microfoni, e l’ottima acustica del teatro San Leonardo (a proposito, perché non viene restituito alla città per una programmazione regolare di musica?) conferisce calore e pienezza ai suoni. Wallumrød ha registrato a suo nome sei dischi per la Ecm, più una manciata di cose per altre etichette e ormai ha elaborato uno stile riconoscibile e originalissimo. La sua musica è fatta di ballate nordiche, marce, litanie, madrigali, solennità rinascimentale. Detto così potrebbe sembrare il solito neo folklorismo o recupero arcaicizzante di atmosfere fiabesche e auliche. Niente di tutto questo invece; il suono è inequivocabilmente “contemporaneo”, e non è un rivestimento di facciata, ma la sostanza del progetto. Gli strumenti sono spinti verso una costante ricerca timbrica, la metrica non è mai prevedibile, l’armonia è tesa e sospesa, le parti improvvisate ben inserite nel contesto austero della composizione. L’invenzione timbrica passa anche per una raffinata orchestrazione, ampliata dalle possibilità espressive offerte dall’harmonium e dal pianoforte giocattolo suonati dal leader. Anche la costruzione complessiva è abile, consapevole della forza drammatica ed espressiva di ogni singolo suono. Poco più di un’ora, fino alla chiusura con la maestosa ed elegantissima melodia di “Jumpa” da Fabula Suite Lugano.

La sera dopo altri due set concludono gli appuntamenti di Focus|Norge. Il primo è il trio Huntsville che propone l’immersione in un mondo di astratti e ipnotici groove di sapore vagamente country, sostenuti da un disinvolto uso di tabla machine e di un altro paio di macchinette generatrici di drones. In un’ora si succedono quattro o cinque situazioni che non mancano di coinvolgere per la complessità acustica che risulta dal processo di accumulazione e stratificazione.
Ma il bello deve ancora venire: La cantante Maja S.K. Ratkje, che si è già esibita in un fragoroso solo la prima sera di Focus|Norge questa volta è in compagnia di Poing, un trio pressoché sconosciuto, almeno da noi. Bastano poche note a far capire di che pasta son fatti: autentici virtuosi dei loro strumenti (fisarmonica, contrabbasso e sax), animati da humor e presenza scenica, cura maniacale degli arrangiamenti mascherata da una disarmante facilità e brillantezza di esecuzione. La Ratkje ricorda certe cose di Dagmar Krause, meno intensa e drammatica forse, ma potente e duttile. Oggetto del concerto sono una serie di canzoni rivoluzionarie o di protesta basate su testi brechtiani: si passa dai classici di Weill e Eisler alla canzone klezmer, dall’inno della DDR (la musica è di Eisler) a canti di protesta… Niente di nostalgico comunque; solo l’ipotesi che il mondo non sarà per sempre com’è adesso. Il loro progetto si chiama Wach Auf! ed è già un cd, di quelli che non si trovano nei negozi, ma (almeno per il momento) nemmeno su Amazon né su iTunes Store. Misteri della comunicazione, e del commercio.

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