Un "ballo" nel porto di Boston

Prima opera in cartellone per il Verdi Festival di Parma, per la regia di Konchalovskj e le scene di Frigerio ha proposto una lettura tutta centrata sul tema del mare e di una caratterizzazione cupa delle scene. La direzione musicale di Gergiev ha guidato la sua Orchestra Kirov in un universo musicale denso e dilatato, ma affascinante. Le voci dei protagonisti non sono state eccelse: poco incisivo il tenore Momirov (Riccardo), bene Oscar (Trifonova), discreti gli altri. Appausi del pubblico, dissensi dal loggione per tenore, britono e regia.

Recensione
classica
Fondazione Teatro Regio di Parma Parma
Giuseppe Verdi
31 Gennaio 2001
Dopo il Requiem di Verdi, che ha aperto ufficialmente a Parma le celebrazioni in occasione del centenario della morte del compositore, Un ballo in maschera ha tenuto a battesimo il cartellone operistico vero e proprio e, assieme, un Teatro Regio fresco di restauro. Una prima con tutti i crismi del rito d'inaugurazione che ha proposto un nuovo allestimento in edizione critica a cura di Ilaria Narici. Il carattere principale della messa in scena si è potuta riscontrare nella volontà, dichiarata, di rievocare una Boston di inizio Ottocento, se non reale, almeno idealmente realistica. Ecco, quindi, le scene di Ezio Frigerio e la regia di Andrej Konchalovskij che propongono in palcoscenico non un'ideale ricostruzione dell'Inghilterra nel Nuovo Mondo, bensì una città abitata da un popolo di poco raccomandabili coloni. Da qui le tinte cupe che opprimono l'atmosfera delle scene, fino allo sfarzoso ballo finale, che si apre come una scatola di colori, o come un teatrino di marionette con, sullo sfondo, un omaggio pantomimico alle maschere tradizionali (arlecchino e così via). Altro elemento caratterizzante è il mare. L'opera inizia in un porto, Riccardo entra in scena su una barca, Renato inveisce contro il busto del duca che ha macchiato l'anima di sua moglie scagliandogli addosso un modellino di nave, carcasse, scheletri e fantasmi di navi incombono sulla scena. Una scelta sicuramente problematica, confluita nell'uso delle masse del Coro del Festival Verdi, protagonista di una buona prova, i cui lenti movimenti alternati richiamavano qualcosa come il rollio di una barca. Protagonista l'immenso oceano, dunque, che separa il duca dalla sua bella Inghilterra; un Riccardo, quello del giovane Ivan Momirov, la cui voce ha colto solo in parte il carattere del suo personaggio. Meglio ci è parso Oscar, una Olga Trifonova brillante, poi l'Amelia di Irina Gordej, Larissa Diadkova (Ulrica), e Sergei Murzaev, un Renato adeguato, anche se privo di troppe sfumature. La direzione di Valery Gergiev, personalissima nella scelta dei tempi, ha guidato il suono denso e coinvolgente dell'Orchestra Kirov, in un intenso crescendo emozionale. Belli i costumi di Franca Squarciapino. Alla fine gli applausi del pubblico sono stati attraversati da qualche dissenso (all'indirizzo del tenore, del baritono e della regia) da parte del loggione con il quale, qui a Parma, si dice non si scherzi.

Note: nuovo all. (edizione critica)

Interpreti: Momirov, Murzaev, Gordej (10/2 Sergheeva), Diadkova, Trifonova (10/2 Giordano), Zese, Bannik, Petrenko, Di Toro, Tronconi

Regia: Andrej Konchalovsky

Scene: Ezio Frigerio

Costumi: Franca Squarciapino

Coreografo: Sergei Gritsai

Orchestra: Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo

Direttore: Valery Gergiev

Coro: Coro del Festival Verdi

Maestro Coro: Martino Faggiani

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