Un ballo in maschera senza colori

L'atteso Ballo in Maschera di Calixto Bieito si rivela un vero anticlimax e la sua lettura totalmente irrilevante

Recensione
classica
English National Opera (ENO) Londra
Giuseppe Verdi
21 Febbraio 2002
Poche produzioni creano a Londra l'aspettativa che ha accompagnato l'attesa per il Ballo in Maschera di Calixto Bieito: questo enfant terrible del teatro spagnolo aveva causato un considerevole scalpore lo scorso anno con la sua produzione di Don Giovanni, e la sua lettura del lavoro verdiano era stata preanunciata come ancora più radicale, violenta e sessualmente esplicita, tanto da aver causato l'abbandono di uno dei membri principali del cast. Bieito trasferisce l'ambientazione del lavoro dalla Svezia di Gustavo III (la versione svedese è quella regolarmente eseguita nel mondo anglosassone) alla Spagna post-franchista degli anni 70, con il suo mondo decadente e corrotto, in cui il sesso sembra essere l'unico rifugio dalla realtà. Così l'antro di Ulrica si trasforma in un bordello, ed il rito satanico si trasforma in un'orgia in cui Gustavo avvicina un omosessuale, che all'inizio del secondo atto viene per punizione violentato ed ucciso nello stesso 'campo delle esecuzioni' dove Gustavo incontra Amelia. È importante notare che questa 'esecuzione esemplare' è controllata da Anckarstroem (lunico a sfoggiare la divisa da ufficiale), che appare così in controllo della vita sessuale nonché politica del suo sovrano, almeno fino al momento in cui questa non coinvolge Amelia. Il linguaggio teatrale di Bieito è estremamente personale, ma si dimostra ripetitivo, e non particolarmente eccitante, dominato da un palcoscenico spoglio in cui l'unico elemento scenografico definito sono un bagno pubblico, in cui l'opera si apre con i cospiratori seduti sulle latrine, ed il bagno degli Anckarstroem dove si svolge l'inizio del terzo atto: il messaggio è abbastanza chiaro, ma totalmente irrilevante e non giustifica il senso di crescente noia causato dallo spettacolo. Bieito dichiara di inserirsi nella tradizione artistica spagnola, dominata da un umorismo sardonico, e fa riferimento a Bunuel e ad Almodovar, ma non ha ne la classe del primo ne l'umorismo del secondo: il suo kitsch è semplicemente cattivo gusto, ed il suo umorismo prevedibile. Ciò che è più preoccupante in questa produzione è come gli interessi personali e il personalissimo manifesto del regista abbiano la precedenza non solo sugli interessi del pubblico, ma su quelli del dramma e sulla sostanza musicale del lavoro. Il cast è costituito da ottimi attori, che con professionalità si impegnano ad eseguire ciò che è loro richiesto, ma l'unica cosa che avrebbe potuto salvare questo Ballo erano le voci, e purtroppo lo spettacolo è vocalmente debole, e risente dell'usuale problema dell'English National Opera, dove i membri della compagnia sembrano essere assegnati ai ruoli in cartellone a seconda della loro disponibilità ed indipendentemente dalle loro inclinazioni vocali. John Daszak è dignitoso nel ruolo di Gustavo, e canta con impegno, ma la sua non è una voce verdiana, e l'interpretazione, stilisticamente neutra, ne risente. L'Anckarstroem di David Kempster è fisicamente imponente, ma vocalmente immaturo, e Rebecca de Pont Davies ha considerevoli difficoltà a gestire il registro basso di Ulrica. Discorso diverso per i due soprani: Claire Rutter è un'Amelia dal tono forse non bellissimo, ma incisivo e dolce quando necessario, ed alla sua performance si devono i rari momenti di intensità emotiva, e Mary Plazas è deliziosa nel ruolo di Oscar, una parte che canta con timbro squillante e grande personalità. Andrew Litton ottiene buoni risultati dall'orchestra e dal coro dell'English National Opera, anche se la sua lettura manca a volte di flessibilità. In una recente intervista Bieito sostiene che il lavoro del regista è di toccare gli spettatori, intrattenendoli ma anche facendoli pensare, e che semplicemente chiudere gli occhi ed ascoltare la musica non è teatro, è quello che si fa con un CD: dopo questo Ballo sorge il dubbio che il regista spagnolo in realtà di opera capisca ben poco, se pensa che ascoltare non sia affatto necessario, e se lo spettacolo visuale ed emotivo che sa offrire è tutto qui. Sarebbe stato meglio che avesse lasciato parlare Verdi.

Interpreti: Daszak, Kempster, Rutter, Pont-Davies, Plazas, Stafford-Allen

Regia: Calixto Bieito

Scene: Alfons Flores

Costumi: Merce Paloma

Orchestra: English National Opera Orchestra

Direttore: Andrew Litton

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