Un "Ballo" anni Sessanta

Immerso negli anni Sessanta pseudo-kennediani, il "Ballo" di Pizzi è andato in scena a PiacenzaExpo in un nuovo allestimento con palcoscenico centrale e pubblico tutto attorno. Auto e moto d'epoca, elementi d'arredo e abiti inconfondibilimente "Sixties", hanno fatto da sfondo ad un'oprazione che – una volta accettato il gioco – ha nel complesso funzionato. Buona prova, tra gli interpreti, di La Scola e Fiorillo. Direzione discreta di Cura. Ampio successo di pubblico.

Recensione
classica
Teatro Municipale Piacenza
Giuseppe Verdi
20 Febbraio 2004
Un nuovo "Ballo", o meglio una nuova idea di "Ballo in maschera" verdiano è andata in scena a Piacenza nell'inusuale spazio – inedito per l'opera lirica – di PiacenzaExpo. Regista di questa nuova produzione del Municipale di Piacenza–Fondazione Toscanini è Pier Luigi Pizzi che, per rendere plausibile l'ambientazione dell'opera in uno spazio non teatrale come un padiglione fieristico, ha trasportato il contesto storico negli anni Sessanta del Novecento, in una Boston dai vaghi riferimenti kennediani. Ampio palcoscenico centrale quadrato circondato da quattro ali di gradinate per una scena totale in cui gli ambienti venivano rievocati da pochi elementi di arredo (poltrone, scrivanie e uno studio televisivo-antro di Ulrica per il primo atto, due tralicci per il campo desolato del secondo, appartamento minimalista e, in seguito, un solo divano centrale per l'ultimo). Riccardo entra in scena su una fuoriserie rosso fiammante, i congiurati – tutti militari, come Renato – raggiungono Amelia e il marito su motociclette d'epoca, costumi colorati ispirati all'eleganza di quegli anni. Cantanti e coro costretti a recitare senza potersi rivolgere ad una "quarta parete" che non c'è più, o meglio che è tutta attorno a loro. Nel complesso – accettando di stare al gioco di una rilettura che profuma di musical – l'impianto funziona, con qualche tratto marcato riscontrabile nella pantomima del secondo atto tra spacciatore e ragazzo che "si fa in vena" di fronte ad una Amelia un poco spaesata, e qualche bandiera americana di troppo. Tra i cantanti, buona prova di Vincenzo La Scola che ha restituito un Riccardo dalla bella vocalità e dall'ottima recitazione (magistrale nella drammatica incredulità di "E' scherzo o è follia"). Letizia Calandra si è dimostrata credibile nel ruolo di un Oscar trasformato in addetta – femmina – alle "public relations" del conte. Isabelle Kabatu ha vestito i panni di Amelia con impegno ma con qualche opacità, mentre Vladimir Stoyanov ha retistuito un Renato adeguato. Veramente efficace, infine, l'interpretazione di Elisabetta Fiorillo nei panni di una Ulrica divenuta imbonitrice televisiva. Josè Cura, sfoggia un bel gesto ampio che però omologa il dato orchestrale – forse complice lo spazio acusticamente non proprio ideale – in un omogeneo sottofondo che non rende pienamente giustizia ad una partitura verdiana ricca di preziose sfumature. La risposta del pubblico "nuovo", al quale si rivolgeva questo allestimento, si è rivelata decisamente calorosa, decretando un ampio successo all'iniziativa.

Note: nuova produzione del Teatro Municipale di Piacenza

Interpreti: Riccardo, VINCENZO LA SCOLA; Renato, VLADIMIR STOYANOV; Amelia, PAOLETTA MARROCU; Ulrica, ELISABETTA FIORILLO; Oscar, LETIZIA CALANDRA; Silvano, STEFANOS KORONEOS; Samuel, VICTOR GARCIA SIERRA; Tom, LORENZO MUZZI; un Giudice, GIOVANNI MAINI; Un servo d¥Amelia, MARCELLO NARDIS

Regia: Pier Luigi Pizzi

Scene: Pier Luigi Pizzi

Costumi: Pier Luigi Pizzi

Orchestra: Orchestra della Fondazione Arturo Toscanini

Direttore: José Cura

Coro: Coro del Teatro Municipale di Piacenza

Maestro Coro: Corrado Casati

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