Tutte le voci di “Andrea Chénier”
A Parma vivo successo per l’opera di Giordano diretta con fluida efficacia da Lanzillotta, con ovazioni e bis per Salsi, Kunde ed Hernandez

Se l’Andrea Chénier di Umberto Giordano – vale a dire un melodramma che più melodramma non si può – poteva trovare una dimensione perfetta per gli appassionati melomani (e, chiedo venia per la licenza, “vociomani”) dell’intero globo terraqueo, questa poteva rinvenirsi con solida approssimazione nella “prima” del nuovo allestimento di questo titolo andata in scena ieri sera al Teatro Regio di Parma.
Una nuova lettura del dramma storico in quattro quadri composto tra il 1894 e il 1896 da Giordano su libretto di Luigi Illica, è dunque stata presentata ieri sera nell’allestimento prodotto dal Regio parmigiano – in cordata con Teatro Comunale di Modena, Teatri di Piacenza, iTeatri di Reggio Emilia, Ravenna Manifestazioni e Opéra de Toulon – con la regia di Nicola Berloffa ripresa da Florence Bass, le scene di Justin Arienti, i costumi di Edoardo Russo, le luci di Valerio Tiberi riprese da Simone Bovis.

Dal punto di vista dell’allestimento scenico potremmo anche fermarci qui, visto che l’impianto della regia di Berloffa – proposta per la prima volta qui a Parma nell’aprile del 2019 – offre sostanzialmente un fondale con prospettiva ad angolo rievocante il contesto storico del libretto il quale, con poche variazioni tra i diversi quadri – tra l’incombente ritratto di famiglia di Maria Antonietta della pittrice francese Élisabeth Vigée Le Brun e un’onnipresente ghigliottina – funge da neutro sfondo ai movimenti dei personaggi sul palcoscenico, governati con corretta funzionalità dalla ripresa registica di Florence Bass, ravvivata di tanto in tanto da qualche gestualità più diretta ed esplicita come, per esempio, l’assassinio in scena della contessa di Coigny.

Su questo sfondo al centro dell’attenzione sono emerse quindi le voci dei protagonisti, a partire dal beniamino locale Luca Salsi, che ha offerto un’accorata interpretazione di Carlo Gérard – segnata da una densità nutrita più da una diretta emotività rispetto a uno scavo più sfumato e interiore rivolto al dramma intimo di questo personaggio – comunque ricca di una generosità vocale che ha generato la richiesta di bis di “Nemico della patria”, poi salutato dal loggione da un pretestuoso quando folclorico commento “era meglio Capuccilli”, comento con il quale lo stesso Salsi – con consapevole e sorniona ironia – si è detto d’accordo.

Un evento, questo, che ha innescato quasi inesorabilmente una sorta di “gara di bis” che ha coinvolto prima Saioa Hernandez – una Maddalena di Coigny di solida presenza vocale ma di contenute sfumature drammatiche, che ha ripetuto “La mamma morta” con sufficiente correttezza – e Gregory Kunde nei panni di un protagonista che ha saputo coinvolgere pienamente per solidità ed espressività vocale – soprattutto nella tessitura medio-alta – fin da “Un dì all’azzurro spazio”, plasmando il ruolo di “giovane poeta e amante” con un mestiere scenico capace di valorizzare la sua esperienza artistica e trascendere la sua maturità anagrafica, fino al bis di “Come un bel dì di maggio”.

Di efficace sostanza gli altri ruoli vocali: Arlene Miatto Albeldas (La mulatta Bersi), Natalia Gavrilan (La Contessa di Coigny), Manuela Custer (Madelon), Andrea Pellegrini (Roucher), Lorenzo Barbieri (Pietro Fléville / Fouquier Tinville), Matteo Mancini (Mathieu), Enrico Casari (Un Incredibile), Anzor Pilia (L’Abate), Eugenio Maria Degiacomi (Schmidt / Il maestro di casa / Dumas).
Com’è inevitabile, la concessione di quei bis che piacciono tanto al pubblico dei melomani interrompe il fluire del disegno drammaturgico, in questo caso comunque tratteggiato con efficace passo – al tempo stesso fluido e serrato – dalla direzione Francesco Lanzillotta, capace di coniugare i protagonismi del palcoscenico con l’impasto orchestrale compatto e funzionale offerto dall’Orchestra Filarmonica Italiana e dal Coro del Teatro Regio di Parma, quest’ultimo preparato con il consueto generoso entusiasmo da Martino Faggiani.

Un impegno, quello di Lanzillotta, che ha confermato la solida visione drammaturgico-musicale di un direttore qui salutato da un meritato successo personale, completato a fine serata dall’entusiasmo del pubblico tributato in particolare a Salsi, Kunde ed Hernandez, ma rivolto anche a tutti gli altri artisti coinvolti.
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