Tannhäuser e lo spogliarello

Tannhäuser alla Scala lascia parecchie perplessità per la regia e non troppa soddisfazione per le voci

Recensione
classica
Teatro alla Scala Milano
Richard Wagner
05 Febbraio 2005
Fosse stata scelta l'edizione di Dresda, invece di quella di Parigi, ci saremmo risparmiati un baccanale di rara sciatteria e povertà d'idee. Ma regista (Curran) e coreografo (George) credono che l'erotismo consista nella foia e non c'è scampo. Ci si dimena goffamente, ci si rotola per terra, più in solitaria che in coppia, finché i maschietti si mettono a quattro zampe col guinzaglio al collo per simulare sottomissione alle donnine. Per non parlare dell'epifania di Venere in veste di arcangelo o di piccione gigante, con ali talmente ampie che è costretta a lasciarle appese in alto quando cala in ascensore dal suo trespolo. Tutto ciò rovina subito il primo atto, né le voci di Gambill (Tannhäuser) e della Lang (Venere) servono a riscattarlo, perché sono dotate di molto volume e di molta monotonia. Il migliore del cast risulta senz'altro Mattei (Wolfram), elegante e partecipe. Il secondo atto funziona meglio, grazie alla Pieczonka (Elisabeth), di livello normale, ma data la situazione pare già molto. Finché le dame della nobiltà, sedute sugli scranni del piccolo parlamento giudicante, al sentire l'elogio del piacere da parte di Tannhäuser non resistono e cominciano a fare lo spogliarello, tanto per citare l'eleganza iniziale del Venusberg. L'ultimo atto è scenicamente il più equilibrato, ma non del tutto chiaro nel finale: dopo il funerale di Elisabeth, Tannhäuser sparisce fra il coro, nemmeno si capisce che muore, in compenso ricompare Elisabeth in veste bianca che si avvia fra fumi e luci celestiali verso una figura femminile tipo Madonna. Forse a simboleggiare l'anima redenta di Tannhäuser. Qualche piccolo sconcerto lo crea anche il miracolo del bastone che diventa fosforescente a mo' di spada di Jedi. Veri protagonisti della serata sono stati il coro e Tate sul podio. Il Maestro non ha grandi sprazzi, né mai regala entusiasmi, ma è molto autorevole e ottiene dall'orchestra un buon equilibrio e assoluta trasparenza. Al termine della serata gli applausi sono andati a tutti i cantanti, con qualche sommessa contestazione per Gambrill e sonori buu per regista e coreografo. Insomma, peccato sia andata così, Wagner lo si fa così poco che varrebbe la pena dedicarvi più attenzione.

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