Successo a Madrid per il Progetto Extinción

Una collaborazione tra il Teatro Real e il teatro di prosa La Abadia

Extinción (Foto David González)
Extinción (Foto David González)
Recensione
classica
Teatro La Abadia, Madrid
12 Aprile 2022 - 24 Aprile 2022

Due istituzioni musicali e teatrali di Madrid ritornano a collaborare: il Teatro Real e un teatro di prosa come “La Abadia”, che ha un tipo di programmazione che spazia dai classici alla sperimentazione contemporanea.

Dopo un lavoro come Marie dello scorso anno, le due fondazioni fanno convergere le loro forze nella produzione di un progetto di spettacolo come Extinción, della compagnia “Agrupación Señor Serrano” di Barcellona, che ha tutta l’ambizione di presentarsi come una sorta di sintesi espressiva ed equilibrata, di musica, immagine filmica e azione teatrale.

La scena è dominata da un grande schermo, sotto sono disposti i musicisti dell’ensemble di strumenti antichi “Nereydas” e l’”Ensemble vocale del Coro Titular del Teatro Real”, mentre i componenti della compagnia danno vita ad una performance nella quale, in tempo reale, si assiste alla ripresa delle immagini che si possono vedere sullo schermo; nello stesso tempo questi attori/mimi/operatori (Carlota Grau, Marcel Borràs, Àlex Serrano) sono anche, di volta in volta, protagonisti di azioni teatrali e mimiche che vengono progressivamente animandosi nel corso dello spettacolo.

Il continuum musicale, che scorre per tutta la durata della rappresentazione, è costituito dalla  Missa pro defunctis e della Missa de Batalla del compositore catalano del secolo XVII Joan Cererols.

Un’immersione totale nel clima musicale, tra il rinascimentale e il barocco, denso di contrappunti e di fitti scambi policorali, con la scommessa di sviluppare una narrazione che, in un certo qual modo, prende le mosse dalle atmosfere che possono considerarsi emanazione del contesto storico delle conquiste coloniali della Spagna cinquecentesca.

Quello che avviene sulla scena e sullo schermo, in seguito, con un’incredibile risorsa di mezzi espressivi, si viene quindi articolando anche in forme e modalità decisamente divergenti e contrastanti con questo clima musicale, tali da costruire momenti che possono essere o assolutamente stranianti o perfettamente attinenti al contesto, con alcuni effetti eseguiti, in tempo reale, in perfetta sincronia con la musica.

In un progetto stracarico di contenuti si vuole come celebrare una sorta di liturgia scenica, una Messa svuotata dei suoi contenuti religiosi, per giungere sostanzialmente a profilare una critica allo sfruttamento sistematico della terra ed al modello capitalistico.

 Sullo schermo il tipico elmo dei colonizzatori spagnoli del secolo XVI su un volto grondante di sudore viene rievocando il primo viaggio di Francisco de Orellana attraverso il Rio delle Amazzoni, quindi, sul canto del Dies Irae, sulla scena si rappresenta una sorta di  antico laboratorio di anatomia dove si simula un’intervento volto alla ricerca del ‘luogo’ dell’anima. Si vedono poi mani che scavano e rovistano nella terra amazzonica, estraggono nientemeno che un cellulare, quindi minatori che scavano alla ricerca del prezioso coltan.

E’ un succedersi di eventi, di inquadrature di dettagli, di oggetti simbolici o più o meno significativi, a volte ingranditi all’inverosimile, che sullo schermo diventano paesaggi lunari, atmosfere fumose, rarefatte.

I tre protagonisti si attivano in un crescendo ed in un infittirsi di movimenti: verso il finale uno si gonfia all’inverosimile in un eccesso di bulimia, in un’azione che quindi culmina con una frenetica danza di Carlota Grau vestita come una rider, con i colori di una nota multinazionale, sulle note dell’Agnus Dei, mentre da alcuni incensieri appesi sopra di loro scende inarrestabile scoppiettante una pioggia inarrestabile di pop corn che invade tutta le scena.

Il direttore musicale, Javier Ulises Illán, operava da una posizione dietro alcune file di pubblico, mentre disposti sotto lo schermo, stava l’ottimo organico strumentale, composto da cornetto, flauti dolci, viola da gamba, contrabbasso, organo, arpa e tiorba quindi il coro disposto in tre gruppi separati: avvolgenti sensazioni sonore nell’acustica perfetta dell’antica abbazia con i preziosi contrappunti di questo compositore, conosciuto anche da J. S. Bach, definito il Monteverdi catalano. Notevoli le individualità e l’intonazione, così come la cura dei colori vocali, dell’ensemble corale preparato da Andrés Máspero che, eseguendo tutto a memoria e provenendo da un teatro lirico non è  spesso avvezzo a praticare questi repertori.

Se il rischio, dietro l’angolo, era quello di una sovrabbondanza di spunti e di contenuti, di un progetto che sulla carta si presentava a tratti velleitario e non chiarissimo, tuttavia la realizzazione che ne è venuta fuori è stata sorprendentemente coinvolgente e lineare; di una linearità che anche l’esecuzione integrale delle due Messe ha contribuito a conferire.

E la sensazione che, in alcuni momenti, non ci fosse una precisa e coerente corrispondenza tra drammaturgia e musica, a nostro parere viene in ogni caso a creare una sensazione di particolare straniamento estetico, che in questo tipo di performance, con la musica di Cererols sembra contribuire a una particolare sacralizzazione del banale, del quotidiano. Vengono in mente in tal senso l’uso delle musiche della Matthäus-Passion di Bach in film come Accatone di Pasolini ma anche, con funzione di contrasto straniante, l’utilizzo di brano classici da parte di Stanley Kubrick.

Gli applausi e le chiamate di un pubblico attento ed entusiasta sono stati particolarmente calorosi con ripetute chiamate a tutto il cast ed ai direttori.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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