Sesso e potere alla corte di Persia
A Karlsruhe l’opera Siroe di Georg Friedrich Händel apre con successo l’edizione annuale degli Internationale Händel Festspiele
L’edizione numero 46 del Festival Internazionale Händel di Karlsruhe apre con Siroe, aggiungendo un nuovo tassello all’integrale della produzione operistica del compositore passata sulla scena del Badisches Staatstheater (mancano ancora all’appello Floridante, Sosarme, Atalanta e Faramondo). Titolo di rara esecuzione questo Siroe, nonostante il successo alla prima nel 1728 al King’s Theatre testimoniato da 18 repliche e un libretto firmato da Pietro Metastasio, ancora giovane ma già autore di versi destinati a lunga vita come “Gelido in ogni vena” e “Mi lagnerò tacendo” per dirne solo due, e debitamente aggiustato per il pubblico londinese da Nicola Haym con sostanzioso taglio di recitativi.
“L’azione deve essere semplice, emozionante ed eroica, romana, greca o anche persiana ...” per piacere al pubblico londinese del 1725, secondo quanto scriveva all’epoca il diplomatico Giuseppe Riva. Non fa eccezione il Siroe, opera di ambientazione persiana con un intreccio di sesso e potere che ricorda vagamente il King Lear. Protagonista è il vecchio re, Cosroe, alle prese con due figli che si contendono il trono, il nobile Siroe e l’infido Medarse, che trama nell’ombra per scavalcare il fratello maggiore nella linea dinastica. Siroe non vuole tradire l’amata Emira, figlia del re nemico Asbite, ucciso in battaglia da Cosroe, la quale, vive a corte sotto le mentite spoglie maschili di Idaspe, vorrebbe eliminare Cosroe. Completa il consueto intreccio dal potenziale esplosivo Laodice, sorella del generale Arasse e amante di Cosroe. La donna, per assicurarsi un futuro, tenta di sedurre Siroe ma, davanti al suo rifiuto, lo infama accusandolo di tramare contro la vita del padre. Il complesso intreccio di menzogne e tradimenti si scioglie con la sconfitta dei perfidi Medarse e Laodice e la piena riabilitazione di Siroe, che succede al padre sul trono di Persia e convola a nozze con l’amata Emira.
Nello spettacolo di Karlsruhe unica traccia dell’ambientazione persiana è una enorme statua decapitata di Ciro il Grande. Per il resto, il regista Ulrich Peters e lo scenografo e costumista Christian Floeren ricreano un mondo medieval-barbarico fantasy che strizza l’occhio al Trono di Spade o altri sottoprodotti della famiglia. Non si scava troppo nei personaggi né la direzione d’attori si fa notare troppo, ma lo spettacolo ha un buon ritmo, immagini suggestive e qualche virata nel fantastico che fanno scorrere veloci le tre ore.
Il resto lo fa ovviamente la musica, bellissima, diretta con vigore e competenza da Attilio Cremonesi alla testa dei Deutsche Händel-Solisten, l’ensemble orchestrale residente con strumenti originali dal suono corposo e morbido. Locandina nel complesso convincente, dominata dalla folgorante prova di Sophie Junker, una Emira di forte carattere disegnata con una espressione vocale solida ed espressiva. Shira Patchornik stenta un po’ all’inizio ma la sua Laodice cresce sulla distanza e rende finalmente giustizia al personaggio solo nell’ultimo atto. Nella coppia dei fratelli rivali entrambi i controtenori offrono prove riuscite, ma il Siroe di Rafał Tomkiewicz soffre di una certa monotonia espressiva, laddove invece Filippo Mineccia ha l’aria di divertirsi a fare del suo Medarse un cattivo a tutto tondo. Completano il cast Armin Kolarczyk, un Cosroe di calda umanità espressa attraverso un’espressione vocale all’insegna della misura, e Konstantin Ingenpass, un Arasse all’altezza.
Tutto esaurito alla prima, pubblico generoso di applausi dopo ogni aria e a fine spettacolo con chiamate e ovazioni.
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