A Roma va di moda il monologo

Tre monologhi di epoca, stile e carattere diversi, con esito altalenante: per fortuna alla fine c'è Cimarosa, e la serata è salva

Recensione
classica
Teatro dell'Opera Roma
Luciano Chailly
14 Febbraio 2001
Il giorno dopo il monologo al femminile della "Voix humaine", l'Opera di Roma ha presentato sul palcoscenico secondario del Nazionale altri tre monologhi, questa volta però al maschile. Seguendo un ordine cronologico rovesciato, si cominciava con "Il libro dei reclami" di Chailly: un impiegato delle ferrovie legge il libro dei reclami dei viaggiatori, assumendo di volta in volta la personalità degli autori di quelle bizzarre annotazioni. Il soggetto è originale e divertente, non altrettanto la musica, ingabbiata in una dodecafonia che si è abituati a collegare (i riflessi di Pavlov esistono!) ad atmosfere espressionistiche livide e angosciate o sarcastiche e graffianti, non alla bonaria e quasi tenera ironia di questo racconto di Cechov. Per fortuna la regia, le scene e i costumi sono colorate e vivaci e non hanno paura di sfiorare garbatamente il teatro di rivista. Da parte sua il basso buffo Luciano Di Pasquale mette di buon umore con la sua voce e il suo faccione sorridenti. Un salto indietro dal 1975 al 1815 (circa) ed ecco "Pigmalione", melologo di Fernando Provesi sul celebre testo di Jean-Jacques Rousseau, eseguito in una nuova traduzione di Valerio Magrelli. Una mezz'ora noiosetta e - peggio ancora - inutile, che ha permesso di scoprire quel che già si sapeva, cioè che Provesi (il maestro di Verdi a Busseto) era un buon musicista di paese e nulla più. Né il protagonista (l'attore Maurizio Donadoni) né la messa in scena hanno potuto far molto, anzi la recitazione nevrotica e il palcoscenico interamente nero rendevano ancora più pesante e lunga quella mezz'ora. Ma ci si risollevava con "Il maestro di cappella" di Domenico Cimarosa. Questa volta la regia (sempre di Franco Ripa di Meana) ha avuto un piccolo colpo di genio. In una casa di riposo per artisti un vecchio musicista dorme su una poltrona; si sveglia e in una specie di sogno ad occhi aperti comincia a immaginarsi uno scombinato pezzo musicale, coinvolgendo i compagni della casa di riposo, dapprima infastiditi poi partecipi; infine si riaddormenta, sognando di stare sul podio davanti a un'orchestra. Difficile dire se Angelo Romero è stato più straordinario come attore o come cantante. Dirigeva Eric Hull: sempre bravo, ma si è espresso al meglio in Cimarosa.

Note: rappresentata insieme a "Pigmalione" di Ferdinando Provesi e "Il maestro di cappella" di Domenico Cimarosa

Interpreti: Di Pasquale/Romero

Regia: Franco Ripa di Meana

Scene: Marco Capuana/Roberta Lazzeri

Costumi: Anna Biagiotti

Direttore: Eric Hull

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Napoli: per il Maggio della Musica

classica

Nuova opera sul dramma dell’emigrazione

classica

Al Theater Basel L’incoronazione di Poppea di Monteverdi e il Requiem di Mozart in versione scenica