Robert Henke, scienza e magia dell'elettronica

Al Torino Jazz Festival il progetto CBM 8032 AV di Robert Henke, con cinque vecchi Commodore del 1980

Robert Henke Torino Jazz Festival
Recensione
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OGR - Torino Jazz Festival
Robert Henke
22 Giugno 2021

Nel cuore della settimana del Torino Jazz Festival è arrivato a Torino Robert Henke. Può sembrare incredibile, ma c’è chi ha gridato allo scandalo per l’inserimento in programma di un concerto di “musica elettronica”: la diatriba riguarda – ancora tu? Ma non dovevano non vederci più? – i confini stessi del concetto di jazz, in una opposizione tra tradizionalisti canonici e avanguardisti progressisti che era, a dire il vero, già abbastanza stucchevole negli anni del bebop e che ai tempi di Spotify e del tardo capitalismo sembra più che altro folkloristica.

– Leggi anche: il programma del Torino Jazz Festival

D’altra parte Giorgio Li Calzi (che del duo di direttori artistici del Torino Jazz Festival – l’altro è Diego Borotti – rappresenta l’anima più sperimentale ed eccentrica) lo ha detto chiaramente nella presentazione del concerto di Henke: l’idea dietro la selezione musicale del TJF è quella di usare «vecchi strumenti per sviluppare linguaggi nuovi».

Il mondo di Spotify e del tardo capitalismo di cui sopra è anche il mondo in cui – lo hanno notato in molti – l’essere umano difetta nella capacità di immaginare il nuovo, avviluppato com’è nelle spire di una retromania, di una presentificazione che ci consegna tutto il passato come se fosse qui e ora. E proprio nei nervi scoperti di queste riflessioni – che riguardano sempre e comunque il rapporto con passato e futuro, sia che siate apocalittici o integrati – si insinua in maniera originale il progetto di Robert Henke CBM 8032 AV.

CBM 8032 AV Robert Henke Torino Jazz Festival

Henke, tedesco nato a Monaco ma berlinese d’adozione, classe 1969, è attivo da diversi anni come musicista (anche sotto l’alias Monolake) e come sviluppatore. È tra l’altro una delle due menti principali dietro il software Ableton Live, che tra qualche anno studieremo come lo strumento musicale dall’impatto più dirompente nei primi decenni del ventunesimo secolo. Personaggio perfettamente a cavallo tra il vecchio e il nuovo mondo, Henke ha rimesso le mani su alcuni computer Commodore CBM 8032 AV del 1980, stilosi nonni dei più noti Commodore 64.

Nel presentare la serata ha chiarito in poche frasi le ragioni della fascinazione, che è tanto sua quanto nostra: «Sono già computer in tutto e per tutto, ma fortemente limitati. Il loro intero manuale di funzionamento può essere raccolto in 20 pagine». E tuttavia, questa limitazione si traduceva nel 1980 nella possibilità di una «piena comprensione» di quello che stava accadendo a livello di hardware e di software, qualcosa che solo pochi anni dopo non sarà più possibile (ha notato ancora Henke come, oggi, solo il protocollo di una porta USB necessiti in teoria di un manuale di 600 pagine).

I Commodore sono dunque relitti di un’era dell’informatica in cui la stessa era una scienza umana, accessibile e comprensibile al singolo individuo e non ancora trasformata in atto di fede, in qualcosa che nella quotidiana pratica dell’utente equivale più alla magia che non alla matematica (mentre scrivo queste parole, quanti alchemici processi che non comprendo né comprenderò mai stanno avvenendo dietro l’interfaccia grafica del mio Word Processor?). La limitazione si traduce dunque, paradossalmente, in una maggiore libertà perché – spiega ancora Henke – «la tecnologia non ti suggerisce cosa fare».

CBM 8032 AV Robert Henke Torino Jazz Festival
Robert Henke mostra la scheda madre del CBM 8032.

Il gioco diventa allora creare musica con i paletti imposti da una tecnologia obsoleta e quantitativamente connotata, in una specie di ritorno alle origini (digitali) della “musica elettronica”, in qualunque accezione si voglia intendere il termine. I suoni 8 bit rivelano una profondità inattesa, e il risultato è affascinante e ipnotico – non lontano da altre musiche elettroniche “tedesche”, a dimostrare che quel tipo di sound ha avuto un’influenza duratura, più o meno riconosciuta.

Sono cinque i CBM 8032 connessi tra loro: uno funge da controller dei sequencer, tre suonano e uno gestisce i visual – magnifici, nel loro minimale verde e nero pixelato. Sul palco una vecchia poltrona di pelle, una lampada, un mixer ed Henke che digita codice e lancia programmi. Alla fine, quando esce a prendere gli ultimi applausi, e alza i case dei Commodore con un gesto teatrale – non c’è trucco e non c’è inganno – dentro sembrano incredibilmente vuoti, in rapporto alla quantità di cose e suoni e idee che si sono viste e sentite.

Magia della musica (elettronica).

CBM 8032 AV Robert Henke Torino Jazz Festival

 

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